Il lettore è uno che non legge quasi nulla

«Un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere; è colui che sa dire, come scrisse una volta mirabilmente Scheiwiller, ‘non l’ho letto e non mi piace’. Il vero, estremo lettore di professione potrebbe essere un tale che non legge quasi nulla, al limite un semianalfabeta che compita a fatica i nomi delle strade, e solo con luce favorevole.» (G.Manganelli, Lunario dell’orfano sannita, Einaudi 1973, pag. 107)

Pur non essendo un lettore di professione, non posso non riconoscermi in questo ritratto manganelliano. La capacità di dire non l’ho letto e non mi piace fa parte del bagaglio esistenziale di qualunque lettore, non solo di quello del lettore professionista. Anzi, credo che il lettore dilettante, quello che paga per leggere, possa esprimere il celebre giudizio di Scheiwiller molto più liberamente del lettore di professione, che proprio in virtù del professionismo non è sempre libero da vincoli di deontologia, di etichetta, di pressioni ambientali.

Non ho letto Il codice Da Vinci e non mi piace. Non mi piace il titolo e ha una copertina orrenda: non leggerei mai un libro con una copertina così, che è poi lo stesso motivo per cui non ho mai letto un libro di Grisham, che naturalmente non mi piace. Pare che l’ultimo di Grisham sia ambientato a Bologna, la mia città. Sarebbe un buon motivo per leggerlo, ma i libri di Grisham non mi piacciono, quindi non lo leggerò. Allo stesso modo non leggo molti altri libri che non mi piacciono, in piena libertà, cosa che un lettore di professione non può permettersi: può forse definirsi lettore di professione uno che non ha sul groppone la bibliografia completa di John Grisham?

Ancor di più mi riconosco nella seconda parte del ritratto di Manganelli, alla quale tolgo senz’altro il condizionale: il lettore è un tale che non legge quasi nulla. Descrizione di mirabile esattezza. Può forse definirsi lettore uno che legge decine di libri al mese? O uno che conosce a memoria l’Adone di Marino? O un altro, poveretto, che potrebbe trovare a colpo sicuro una citazione dai Promessi sposi? No, questi non sono lettori: questi sono eruditi, studiosi, mattatori da salotto letterario o poveri recensori schiavizzati dalle redazioni di giornali e riviste. Il lettore dilettante non ha di questi problemi: egli è libero ed esprime la sua libertà riservandosi il sottile piacere di non leggere quando non è il momento di farlo.

E poi, guardiamo in faccia la realtà: non è forse vero che qualsiasi lettore, anche il più forte di questo mondo, non ha letto quasi nulla? Ogni anno escono solo in Italia migliaia di nuovi titoli; i libri pubblicati dall’invenzione della scrittura a oggi sono milioni, forse miliardi; non c’è essere umano alfabetizzato che sia passato su questa terra senza lasciare almeno un verso, una pagina di diario, un racconto scomparso assieme ai quaderni di scuola nell’ultimo trasloco. Quanta parte dell’incommensurabile mole di scrittura umana potrà mai leggere un lettore, specialmente se si considera che la quasi totalità di ciò che è scritto svanisce nell’arco di pochi anni? Scripta manent, dicevano i Romani, ma di tutto quello che hanno scritto in più di mille anni di storia, cos’è rimasto?

Da’ retta a me, o lettore rapido in transito sul terzo binario, leggere poco o niente è il distintivo del lettore libero, lento e consapevole. Ricordi quando ti parlai della celebre lettera di Machiavelli a Vettori? No? Pazienza, ti rinfresco io la memoria. Vettori nella sua missiva elencava una sfilza di autori classici coi quali si trastullava nelle sue noiose giornate romane: Livio, Lucio Floro, Sallustio, Plutarco, Appiano Alessandrino, Tacito, Svetonio, Lampridio, Spartiano, Erodiano, Ammiano Marcellino e Procopio. Al che rispose Machiavelli illustrando il suo concetto di lettura:

«Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni, e quelli loro amori ricordomi de’ mia: gòdomi un pezzo in questo pensiero.»

Chi era il vero lettore, quello che si sparava in vena quel po’ po’ di letteratura dotta per sfoggiarla nei salotti romani, o quello che spiluzzicava qualche pagina di poeti antichi per ritrovare in loro qualche frammento di sé, e goderne? Quello che leggeva decine e decine di tomi, o quello che non leggeva quasi nulla?

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17 Responses to “Il lettore è uno che non legge quasi nulla”

  1. mauro says:

    non vale, tu servi effettato sul rovescio e se uno riesce a tenerla dentro hai il campo libero e il lettore spiaccicato sulla tribuna… ti mando il pdf di tutti i romanzi di Grisham che ho trovato. :-)

  2. Con l’avanzare dell’età, io mi avvio ad essere il lettore perfetto. Lo diventerò prima di te, Luca.

    Bart

  3. gabryella says:

    una ricetta per farsi lettore ideale? si computi un bel po’ di frasi per isolarne una da contemplare come lettura totalizzante (sebbene senza totale) – quindi, s’individui una sola parola – la più insignificante, una sola – la si schematizzi cercando d’abbellirne la bellezza – in finale, come fosse un mantra, la si eternizzi

  4. zop says:

    secondo me il punto è la modalità di lettura del lettore in questione. ho l’impressione che il vecchio concetto di lettura come trasmissione di un testo da un mittente a un destinatario, con la sequenzialità pensata dall’autore per il lettore, sia una visione parziale e sempre più in crisi. certo su questa sequenzialità si costruisce il ritmo di un racconto o di un romanzo… eppure il lettore fa sempre un po’ come vuole lui. soprattutto se si legge più che un romanzo un saggio, o si attraversa un libro non per seguire la proposta sequenziale dell’autore ma per inseguire temi di un lettore. leggere per sapere, leggere lla ricerca di qualcosa… attraversare un libro in modo trasversale più che seguirlo sequenzialmente. questo è sempre più caratteristico della nostra società. soprattutto nell’era di internet dove l’attraversamento (il link) e la modularità della scrittura agevolano questo nuovo concetto. Un concetto teorizzato nelle teorie letterarie di Derrida, Foucalut, Roland Barthes, che considerano la letteratura una rete di connessioni… un qualcosa che esperiamo tutti i giorni sul web ma anche solo leggendo il giornale.
    Forse il lettore dell’era moderna è un non-lettore, o un attraversatore di libri in modo trasversale seguendo dei temi suoi… il lettore del passato invece era il lettore sequenziale… c’erano così pochi libri una volta che era normale passare una vita a interpretare riga per riga qualche libro di Aristotele, la Bibbia o quel che doveva conteneva La verità.
    oggi si pubblicano troppi libri, non è possibile leggerli tutti, e non avrebbe senso… io so di non leggere, potrebbe dire il lettore professionista, rifacendosi alla massima socratica del so di non sapere.

  5. dontyna says:

    wow, sono sulla strada giusta!! Di solito parto sempre da cosa non voglio leggere, non voglio studiare, non voglio visitare…etc… E di tutte queste cose so anche parlarne male!
    Sono una perfetta viveur/viveuse?!?

  6. letturalenta says:

    Mauro, attendo con ansia il pdf grishamiano. Dammi solo il tempo di cambiare indirizzo email.

    Bart, la via della perfezione è lunga e aspra, ma ti prometto che sarò con te nel paradiso dei nullettori il più presto possibile.

    Gabryella, ho fatto l’esperimento con Guerra e pace. Ho scelto un apostrofo a pagina ottocentoventidue. Funziona! Più lo guardo più mi convinco che una volta letto quello non c’è bisogno di leggere altro.

    Zop, sento come una nota di rammarico nel finale del tuo commento, dove dici che non è possibile leggere tutti i libri. Anche se quella nota non c’è, ti dico che ogni tanto questa oggettiva impotenza mi dispiace un po’. Poi mi consolo pensando a un’altra battuta di Manganelli, quando diceva che ogni libro contiene tutti i libri. Se fosse vero (e se lo diceva lui ci sono buone probabilità che lo sia) allora saremmo a posto: per leggere tutti i libri basta leggerne uno.

    pb, mo me lo segno…

    dontyna, ci sei quasi. Ora devi solo eliminare l’idea che quelle cose *non vuoi* farle. Semplicemente ci sono cose che *non fai* e proprio il non farle ti autorizza a dirne tutto il male possibile.

  7. Miku says:

    Aggiungo un noto apoftegma:

    Lesen ist schrecklich!

    _________________

    Ovvero: “leggere [pausa lunga] – è terribile!”

  8. CalMa says:

    Caro Luca, il pezzo è molto bello. L’ho letto a spizzichi e bocconi, come al solito (me l’insegnò il mio amico Alberto, la sua casa è un libro infinito, lui insegna ll’Università di Perugia “Albè, ma come fai a leggere tutta ‘sta roba?” “E chi la legge? Consulto, un’occhiatina qua e là e subito mi rendo conto ormai quel che mi serve e quel che non”). Dov’ero rimasto? Ah, a spizzichi e bocconi. Ma quel che dici può permettersi di dirlo (E Machiavelli pure era uno di quelli) solo chi di libri ne ha già letti un fantasilione non credi?

  9. letturalenta says:

    Tasto dolentissimo questo, CalMa. Le letture di Machiavelli sono a tutt’oggi un mistero tutto da risolvere: fior di storici, archivisti ed eruditi s’affrontano da centinaia d’anni per decidere se nella biblioteca del Segretario ci fosse o meno Polibio, o quanta parte di Aristotele gli fosse nota, dato che assai probabilmente non sapeva il greco e poteva contare solo su traduzioni latine. Carlo Ginzburg ci sta lavorando da anni, ma finora le tracce pubblicate del suo lavoro sono minime ahimè. Pare comunque assodato che fra le letture di Machiavelli rientrino oscuri casuisti trecenteschi, astrologi e chiromanti, novellieri e poeti, cronisti e biografi medievali, oltre naturalmente ai classici della storiografia come Livio, Sallustio e Tacito.

    Ma ancor più che all’antico Machiavelli, che dopotutto visse mezzo millennio fa, quando i libri erano ancora relativamente pochi, punterei lo sguardo proprio sul mostro sacro in epigrafe, il Manganelli, che subdolamente invitava alla nullettura standosene comodamente seduto sulle migliaia di volumi dela sua biblioteca. Non è improbabile che nell’atto di redigere quell’articolo sul suo viso si stampasse un inequivocabile ghigno tapiresco.

    Ciò detto, comunque, metterei assieme la saggia pratica del tuo dotto amico Alberto con il commento di zop a questo post: sembra proprio che la lettura stia abbandonando metodi e propositi antichi, assumendo sempre più le caratteristiche di una “flânerie” illuminata, che tenta di trasformare milioni di frammenti testuali in un discorso che sta più nell’animo di chi legge che non nelle intenzioni di chi ha scritto.

    Cavolo! ho scritto un commento più lungo del post! Pazienza, ormai è fatta.

  10. CalMa says:

    Be’ Luca, a me pare evidente ed intuitivo che un approccio alla lettura come quello del “flâneur illuminato” (a proposito, bella immagine!) sia in un certo senso la conclusione logica cui debba giungere necessariamente chi di libri ne ha divorati a pacchi (come peraltro suppongo il buon Manganelli, sia che sia stato a spizzichi e bocconi ovvero senza tralasciare virgola alcuna). Sarà forse perché in qualche modo mi becchi adesso nel momento in cui provo una sorta di “overflow da blog” che mi porta per l’appunto a vagolare nella rete con l’atteggiamento profondamente fatuo del flâneur

  11. daldivano says:

    il mio vocabolario ha un fascicolo in meno, passa da “effeminatore” a “facoltà” senza colpo ferire; quando cerco un vocabolo vado sempre lì, in quello iato. il mio vocabolario diversamente abile mi corrisponde in modo uguale e contrario, se io non leggo lo scibile lui non lo contempla, se lui non lo contempla io non lo leggo. però perdo le ore di fronte al connubio effeminatore e facoltà (perchè il mio vocabolario è anche sagace e io lo so, anche se non lo leggo tutto)
    :-)

    daldivano

  12. emma bois says:

    io leggo ammiano marcellino e appiano alessandrino tutte le sere prima di addormentarmi. se proprio c’ho l’insonnia, angeli e demoni nella versione illustrata (pesa un po’, è vero) (landgon è un tipo troppo buffo).

  13. letturalenta says:

    daldivano, ti rispondo fra un po’.

    emma bois, a tuo irrevocabile merito sarà ascritta la non lettura di Livio, Lucio Floro, Sallustio, Plutarco, Tacito, Svetonio, Lampridio, Spartiano, Erodiano, Procopio

  14. kAy says:

    Io al massimo riesco a dire: non l’ho letto, non mi ispira. Ho dei gusti troppo strani e indefinibili, leggo veramente di tutto.

  15. […] Mi accorgo solo adesso che in un mio vecchio post datato 19 dicembre 2005 ho inavvertitamente recensito un libro che è uscito in Francia a gennaio del 2007. Il post parlava dell’arte di non leggere, partendo da un celebre (credo) apologo di Manganelli, che qui ripropongo: […]

  16. […] volte non capisco se sono più masochista o più qualunquista, e vi rimando a questo post, a cui forse mi dovrei ispirare] (function() {var s = document.createElement('SCRIPT'), s1 = […]

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