Autobiografia: parte prima

Big BangHo deciso: scriverò la mia autobiografia, un’opera destinata a rappresentare me medesimo al più alto grado possibile di veridicità. Stenderò innanzitutto un piano di lavoro molto dettagliato. Preparerò un indice, una bibliografia e un accurato elenco delle necessarie appendici. Procederò quindi allo studio dei testi di riferimento, redigendo per ciascuno una rigorosa recensione e mantenendo aggiornato uno schedario cronologico e uno tematico. Compilerò quindi per ogni capitolo tracce di stesura ordinate e precise, che andrò infine a sviluppare una per una.

La prima parte dovrà contenere una breve ma significativa genealogia che ponga in adeguata evidenza le mie origini biologiche e spirituali, senza tralasciare una doverosa disamina degli stimoli culturali e ambientali che i miei maggiori assorbirono e che determinarono le loro scelte politiche ed esistenziali, indirizzandole energicamente verso la decisione consapevole di mettermi al mondo.

Riassumerò dunque la vita di mio padre e di mia madre, e del padre e della madre di mio padre, e della madre e del padre di mia madre. Procederò poi a narrare – dosando giudiziosamente i particolari – le vite e le opinioni del padre e della madre del padre di mio padre, e quelle della madre e del padre della madre di mio padre. In seguito accennerò alle avventure del padre e della madre del padre di mia madre, e mi soffermerò quanto basta sulle vicende e sui trascorsi della madre e del padre della madre di mia madre.

Temo tuttavia che avrò non poche difficoltà a reperire notizie sicure sui miei antenati oltre la terza generazione, non disponendo di albi di famiglia, repertori araldici o episodi narrati da antichi cronisti. Avendo come uniche fonti i ricordi e i racconti dei parenti più prossimi, sarò costretto a colmare le molte lacune con artifizi, fantasie, invenzioni e menzogne.

Che fare?

Forse mi converrà concentrare la mia genealogia in una simbolica dichiarazione di discendenza dal primo uomo e dalla prima donna apparsi sul suolo terrestre, sebbene anche in questo caso la faccenda non sia priva di complicazioni. Il primo uomo e la prima donna, infatti, dovevano per forza di cose discendere da genitori che uomo e donna non erano. Probabilmente si trattava di scimmioni alquanto evoluti biologicamente, ma ancora piuttosto rozzi quanto a portamento, raziocinio e articolazione del linguaggio.

La cosa si complicherebbe ancor di più se volessi riservare una breve menzione ai nonni del primo uomo e della prima donna, per tacere dei bisnonni e dei trisavoli. Costoro erano forse ancor più scimmieschi dei genitori, più curvi, meno longevi, più inclini a scatti d’ira e meno abili nella molatura delle selci. E mi basterebbe risalire di poche migliaia di generazioni per scoprire che gli antenati di quei bruti non erano nemmeno scimmie, ma peritosi notturni mammiferi di piccola taglia che s’industriavano a campare come potevano fra terremoti, eruzioni vulcaniche e incursioni di sauri carnivori. Saltellando all’indietro per intervalli di pochi milioni di anni, poi, verrei a sapere che i progenitori dei miei progenitori erano balene, o microrganismi monocellulari, o catene di amminoacidi alquanto confuse e indecise sulla direzione da prendere.

A quel punto dovrei stabilire la provenienza di quel materiale organico. Potrebbe essere cascato da una cometa che ha sfiorato la terra pochi miliardi d’anni orsono, o forse fu il lascito di un’astronave pattumiera lanciata da una civiltà estinta, residente su un pianeta scomparso che all’epoca ruotava felice attorno ad Aldebaran. Una volta accettata l’ipotesi più plausibile, mi toccherebbe ricostruire la storia di quella cometa o di quel sistema solare, e via via risalire le tappe che contrassegnarono l’origine del tempo e dello spazio. A un certo punto della mia ricostruzione dovrei per forza di cose immaginare un Big Bang, o un fiat lux, o un frantumarsi di sefiroth.

Nonostante tutti i miei sforzi mirati a raggiungere il massimo grado di attendibilità, insomma, la mia genealogia finirebbe per appoggiare le fondamenta sulla sabbia della metafisica, del non verificabile, dell’indicibile. Tutti i riscontri, le testimonianze, le prove raccolte per documentare la vera storia dei miei antenati si sbriciolerebbero a contatto con l’ignoto: anni e anni di diligenti ricerche sarebbero trascorsi invano. Peggio: sarebbero trascorsi sottraendo tempo prezioso alla stesura della parte centrale dell’opera, il racconto autentico e storicamente inattaccabile della mia vita.

Ora tutto è più chiaro: per rendere la mia genealogia il più veritiera possibile dovrò eliminare tutti i dettagli non necessari e non verificabili. Ho deciso: ridurrò al minimo il rischio di mentire – massimizzando al contempo il risparmio di tempo e di risorse – scrivendo la prima parte della mia autobiografia in questo modo:

Nacqui

[continua]

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7 Responses to “Autobiografia: parte prima”

  1. mauro says:

    geniale, adesso però dilungati sulle sensazioni di quell’istante. Abbiamo il diritto di sapere!

  2. gabryella says:

    se tu fossi leggermente più prolisso, scriveresti “prima nuotavo e adesso sono nuotato” (in ogni caso, mi sembra di ricordare che uno dei tuoi più remoti congiunti si chiamasse qfwfq)

  3. Che paura ho avuto! Se ti fossi messo a principiare da laggiù, non avrei mai fatto in tempo, alla mia età, a leggere qualcosa di te :-)

    Ora aspetto di sapere sui tui primi vagiti, le poppate, le purghette e così via.

    Bart

  4. letturalenta says:

    Mauro & Bart, come si dice in questi casi: il resto alla prossima puntata. Gabryella, grazie per aver ricordato le mie ascendenze palindrome. In segno di eterna gratitudine ti citerò nel mio prossimo ciclo di lezioni americane.

  5. Miku says:

    Ah, i calvinisti! Brutta gente! ;-)

  6. daldivano says:

    hahaha! ma che bello! il rigor della procedura ha inevitabilmente portato all’amor di sintesi; rigore prolisso e dalle complessità inesplorate e amore asciutto e sottile, da questa unione non può che nascere una splendida autobiografia (come la si chiama? un nome, presto, un nome!) :-)

    daldivano

  7. letturalenta says:

    L’idea è proprio quella, daldivano, un po’ come la montagna che partorisce il topolino, ma con la differenza che qui il topolino non è un risultato insoddisfacente, ma l’unico possibile. Autobiografia liofilizzata? Autoliografia?

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