Autobiografia: parte terza

[Riassunto delle puntate precedenti: Nacqui, bene o male sono arrivato fin qui]

Parche, tratto da en.wikipedia.org/wiki/Fates
Gran cosa, il ben dell’intelletto. Noi esseri umani non ringrazieremo mai abbastanza la benigna Natura per questo segno di distinzione che ha voluto donarci. La capacità di analizzare tritamente situazioni e oggetti, di individuarne le componenti elementari e di concatenarle in ordinate sequenze di cause ed effetti, relazioni e rapporti, ci consente di affrontare il mondo con piglio sicuro e incrollabile fiducia nel futuro.

Usando di quel bene con onestà e prudenza, ho potuto vedere il problema della mia autobiografia da molteplici angolazioni, individuando pieghe e risvolti che un’osservazione superficiale e istintiva avrebbe tenuto nascosti. In mancanza di questa analisi preliminare condotta con sagacia e intelligenza avrei cominciato a scrivere alla rinfusa, senza una direzione precisa, senza una meta chiaramente identificata. Pagine e pagine inchiostrate senza alcun criterio si sarebbero ben presto rivelate vuote, o eccessive, o in contraddizione con altre scritte appena prima o appena dopo; interi capitoli redatti imprudentemente sull’onda di un ricordo o di un’emozione sarebbero risultati superflui nell’economia complessiva dell’opera; giorni, mesi, anni di studio e di ricerche archivistiche sarebbero stati spesi inutilmente per raccogliere informazioni che la prova della pagina avrebbe dichiarato vane.

Ora ho davanti a me un cammino largo e pianeggiante che mi condurrà a redigere la terza parte dell’opera senza scosse e senza travaglio. Avendo sviluppato la prima e la seconda parte con zelo ineccepibile e rigoroso rispetto della verità, posso dire a buon diritto d’aver ricavato dallo studio del mio passato quel nucleo massiccio e immutabile di significato che costituisce, o dovrebbe costituire, il basamento e il fine ultimo di ogni esistenza umana, nonché la vera e autentica lezione morale che solo una vita rettamente intesa e vissuta può offrire. Potrò quindi dedicare il tempo e le forze che mi restano a delineare i contorni e la sostanza del mio futuro alla luce di quella lezione.

Ma…

C’è un imprevisto. Supponiamo che io riesca a completare la prima stesura di questa parte finale in tre mesi, onorando come sempre il mio impegno di piena adesione alla verità. A quel punto inizierei il lavoro di limatura e revisione, indispensabile per licenziare un testo ortograficamente e sintatticamente impeccabile, nonché araldo efficace delle mie reali intenzioni. Tra la stesura e la revisione della prima pagina, tuttavia, sarebbero trascorsi per l’appunto tre mesi, e in tre mesi, si sa, può accadere di tutto. Per esempio: una delibera comunale palesemente lesiva del principio di equità fiscale potrebbe aver minato alle fondamenta le mie più radicate convinzioni politiche; un terremoto papuasico potrebbe aver modificato l’inclinazione dell’asse terrestre, con gravi conseguenze sugli assetti climatici e sulle mie spese di riscaldamento; la morte improvvisa di un facoltoso parente potrebbe aver alterato i miei equilibri affettivi.

La mia innata onestà intellettuale mi costringerebbe a modificare la prima pagina tenendo conto di tutti i mutamenti, ed è facile prevedere che questo intervento comporterà un analogo lavoro di correzione minuziosa delle pagine seguenti per mantenere intatta la coerenza interna dell’insieme, lavoro che richiederà un certo tempo, foss’anche un giorno o un’ora, durante il quale altre rivoluzioni epocali potrebbero rendere imprescindibile una nuova revisione.

Ma c’è dell’altro. Questo interminabile lavoro di adattamento altererebbe significativamente il corso della mia vita, sconfessando via via i propositi che pure avevo formulato in piena onestà. Alla prima stesura, per esempio, potrei aver espresso l’intenzione di dedicare parte degli anni futuri allo studio dell’oboe, o alla redazione di una rivista letteraria giapponese, o all’edificazione di una cattedrale galleggiante, propositi che avrei comunque tradito per completare l’ennesima riscrittura.

Solo la visita inattesa di sorella morte corporale potrebbe offrirmi un punto di vista abbastanza fermo da consentirmi una valutazione serena dell’avvenire, ma è quasi triviale notare che da lì in poi non avrei più occasioni né mezzi per procedere all’ultima e definitiva revisione del testo. E confesso che l’idea di lasciare ai posteri un’opera non completamente rivista, e quindi necessariamente menzognera, mi sgomenta.

Ecco, ora tutto è chiaro e limpido, veritiero e realistico, oggettivo e inconfutabile. Ho cercato caparbiamente la verità per vie tortuose e non avare di pericoli, ma alla fine eccola lì che risplende davanti a me come lampada preziosa nelle tenebre: consegnerò oggi stesso la versione finale della mia autobiografia al mio editore e subito dopo, per impedire che il trascorrere del tempo la falsifichi, porrò dignitosamente fine ai miei giorni. Nel caso non improbabile che l’avido editore ritenga non remunerativa la pubblicazione di quest’opera fondamentale, lascio a te, o mio paziente e inestimabile lettore, il compito di serbarla e tramandarla nell’unica versione autorizzata, che qui trascrivo:

Nacqui. Bene o male sono arrivato fin qui. E questo è quanto.

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7 Responses to “Autobiografia: parte terza”

  1. CalMa says:

    Il punto finale l’avevo inzeccato

  2. gabryella says:

    penso che sarebbe doveroso tradurre l’intera trilogia nelle 7/8 lingue più diffuse..

  3. Mi ricordi il Palazzeschi di Perelà:-)

    Scrittura godibilissima, e non poteva che essere così per uno che potrebbe anche riassumere la sua vita con queste parole: Ho letto tutto Machiavelli. E questo è quanto.

    Bart

  4. Trespolo says:

    Beh, a parte la godibilità del testo e le risate che mi sono fatto strada leggendo (non dovevo dirlo che mi è venuto da ridere mentre leggevo?), mi è sorto un dubbio atroce: Tassinari, ma non è che, poco poco, facevi il consulente per Arthur Andersen? La capacità decisionale è la stessa :-))))

    Buona serata e complimenti per l’autobiografia. Trespolo.

  5. letturalenta says:

    CalMa, una curiosità. Chevvordi’ ‘inzeccato’?
    Bart, in effetti anche queste son fumisterie, ma di grado assai minore.
    Trespolo, son ben contento che tu ti sia fatto due risate. Su Andersen cedo la parola all’Angelini, se è in ascolto.

    Dulcis in fundo, gabryella. La diffusione universale mi sembra il minimo per un’opera così epocale e rivoluzionaria. Inizio io con una *impeccabile* traduzione inglese:

    I was born. Good or bad I arrived here. And this is how much.

  6. kalle b. says:

    Luca, per rendermi oltremodo simpatico, propongo la mia impeccabile traduzione delle puntate 2 e 3:

    Somehow or other, I got here. And this is it.

    kalle b.

    ps: many compliments from another Calvinist

  7. letturalenta says:

    Grazie kalle! non so perché, ma suona meglio la tua :-)

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