Mio padre non solo era inutile, ma anche dannoso

Giorgio Manganelli, tratto da www.compagnosegreto.itSu sollecitazione di Miku nei commenti al post precedente, trascrivo la prima parte dell’intervista rilasciata da Lietta Manganelli a Ugo Cornia e pubblicata in G.Manganelli, Il delitto rende, ma è difficile, Comix 1997. Oltre all’accenno, purtroppo assai fugace, alla tempestosa visita del Gaddus al Manga, l’intervista rivela la causa ultima dell’improvvisa separazione di Manganelli dalla sua famiglia, nonché l’icastico giudizio giustamente scelto da Cornia come titolo dell’intervista.

Puoi raccontarci qualcosa di tuo padre?
Ti racconterò questo. Il primo ricordo cosciente che ho di mio padre, perché poi si spezza tutto fino a diciotto anni, è una pergola molto bella di un’osteria di Milano sui navigli, di quelle con le tovaglie coi quadrettini rossi e i tavoli pieni di bottiglie, e mio padre che parla con tre o quattro amici. Non si sa bene perché aveva deciso di portarmi a spasso, forse voleva fare vedere la figliola, ma non capendo assolutamente niente mi ha messo a sedere davanti a un boccale da mezzo litro di birra, e io me lo bevo anche molto felicemente, dicendo – mmh, buona, buona – e mi prendo una sbronza colossale. Mi ha portata a casa tenendomi in braccio, e io ho vomitato per una settimana.

Così sono diventata completamente astemia e mio padre non l’ho più visto, perché dopo di ciò mia madre ha deciso che mio padre non solo era inutile, ma anche dannoso. devi sapere che allora abitavamo in una casa bellissima nel centro di Milano, una casa grandissima con dieci stanze, che era perfetta per due persone che non si potevano vedere. Mio padre abitava nell’ultima stanza e mia madre nella prima, e avevano fatto un gran lavoro sugli orari per non incontrarsi mai, uno usciva l’altra entrava. Rimanevano in mezzo i due genitori, cioè i nonni, che facevano da tramite: «No, ma Giorgio ha detto se gli puoi stirare queste camicie per domani, che ce n’ha bisogno», «No, ma Fausta ha detto di arrangiarsi perché oggi non può assolutamente».

Poi un bel giorno, dopo questo incidente della birra, mio padre arriva a casa, trova tante belle valigie pronte e dice «Oh, che bello, viene a trovarci tua madre?», e mia madre gli dice «No no, sei tu che te ne vai». Notare che la casa era di mio padre e anche i genitori erano di mio padre. Allora mio padre montò su una lambretta e scese a Roma, anche se non si capisce bene perché proprio a Roma. Se ne andò fresco e giulivo con un impermeabile.

Così sono andata a vivere dai nonni. Poi, quando sono andata a scuola, visto che bisognava salvare la faccia, i nonni per giustificare il fatto che mio padre non c’era mai e mia madre veniva una volta al mese, dicevano che io ero figlia di un ambasciatore che era sempre in giro per il mondo.

Così tu e “l’ambasciatore” Manganelli non vi siete più visti per tanto tempo.
Mah, io di mio padre ricevevo sempre delle notizie strane: che fosse matto, che fosse morto, che se ne fosse andato chissà dove. Ma non se ne poteva assolutamente parlare in casa. Poi un giorno, quando avevo diciott’anni, mia madre durante l’estate prese un treno e disse: «Andiamo in Sicilia», e a metà strada, eravamo a Roma, alle sei di mattina fa: «No, scendiamo qui», poi prendiamo un taxi e andiamo in una via, e mi dice: «Stai qui e aspetta», entra in una casa per un’ora, torna giù e mi dice: «Beh, al terzo piano ci sta tuo padre. Vai».

Allora vado, suono, mi viene a aprire lui e io dico: «Ma lei è il professor Manganelli?»… io mi ricordavo un essere altissimo, magrissimo, brutto come la fame, col naso a becco, e mi trovo un tizio che avrà pesato centotrenta chili, pelato, e la cosa mi ha un po’ confuso il cervello.

Ridico: «Lei è il professor Manganelli?», «Sì», «Ciao papà, sono tua figlia».

Sono lì da un’oretta e suona il campanello, mio padre mi dà una spinta e mi chiude fuori in balcone e tira giù la tapparella. Allora sento dentro degli scoppi di urla pazzesche di due uomini, e pensavo: ma cosa sta succedendo, questi qui si ammazzano. Poi sento dei lamenti. Finalmente, dopo un paio d’ore che sono lì che mi guardo i tetti di Roma mio padre mi riapre. Allora io gli chiedo: «Ma cosa è successo?», «Oh, niente. Era un collega».

Il collega era Carlo Emilio Gadda che era piombato lì urlante perché era appena uscita Hilarotragoedia e accusava mio padre di aver fatto la parodia a La cognizione del dolore e gli diceva che era un gran farabutto. È vero che la tematica è simile, è vero che il modo di scrivere è simile, però se tutti e due avevano una madre matta non era mica colpa di mio padre. Mio padre non voleva assolutamente pigliare in giro la madre di Gadda, aveva la madre matta anche lui.

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15 Responses to “Mio padre non solo era inutile, ma anche dannoso”

  1. gabryella says:

    so per certo che mia madre non è mai stata matta (senza che fosse colpa di nessuno) – ecco, ora sospetto che sia stato per questo che non sono diventata né un manganelli, né un gadda né..(la lista delle genitrici matte di scrittori geniali è troppo lunga per compilarla qui)

  2. mioddio, manganelli giovane somiglia a veltroni!
    (hai visto il mio blog?)

  3. letturalenta says:

    Gabryella, attendo la lista delle mamme matte su ecolaliste. La mamma di Canetti, per esempio, forse non era ‘tecnicamente’ matta, però era fuori come un coperchio.

    Sì, ben, ho visto il tuo blog. Che dire se non che great minds think alike (sì, insomma, nei limiti). La somiglianza con Veltroni è impressionante. Quella foto è anche su Riga, assieme a un’altra posa giovanile dove il nostro assomiglia più a Homer Simpson che a Veltroni.

  4. Miku says:

    Grazie Lehnt… eppure ricordavo qualcosa in più, più fioretti, più girigogoli. Questa è l’unica fonte di quel colloquio? Strano come gli aneddoti abbiano vita propria: di recente un amico raccontava di Ariosto, che, tradunt, disperante sulle carte del Furioso, indeciso più che asino di Buridano, esibiva sulla soglia di casa il testo ai passanti, invitando il lettore a cambiare quanto non gli piacesse nei versi. Ancor più di recente, un amico italianista ha negato a spada tratta, guai mi azzardassi a propalare la storiella, che ci sia il benché minimo fondamento di verità.

    Saluti ariostevoli,

    M.

  5. Effe says:

    ora, io fin qui ho compreso (m’affretto a scriverlo prima che il pensiero si diparta) che si vive per il solo scopo d’aver qualcosa da de-scrivere (ogni scrittura è, con diversi gradi di seprazione, un’autobiografia)
    Quanto alla folia, i miei figli han buone possibiità di divenire scrittori famosi, deh.

  6. letturalenta says:

    Miku, quella è l’unica fonte a me nota, ma non so se è l’unica in assoluto.

    Effe, non lo so mica io perché si vive. A essere sincero non sono nemmeno sicuro che si viva, mentre che si scriva è certo, nonché documentato da innumerevoli reperti paleografici, ieroglifici e bibliografici.

  7. mauro says:

    prima di girare per casa a braccia alzate dalla contentezza ho fatto una telefonata di verifica:

    – mamma, sei matta?
    – nooo, noi no, nessuna delle due!

    ma vieeeeni! è fatta!

  8. letturalenta says:

    Sì, Mauro, ce l’hai fatta! Mi raccomando, però, fai molta attenzione alle dediche che metterai sui tuoi capolavori: se scrivi ‘a mia madre’, una delle due si offenderà di brutto.

  9. zop says:

    che belli questi post manganelliani… anche io ho dato a suo tempo! e son contento perché non in molti lo conoscono! ciao.- z

  10. letturalenta says:

    Ave zop, ben rientrato da Genova. Manganelli tiene un posto d’onore nel mio parnaso da passeggio, quindi ne parlo più che volentieri. Ho letto del tuo storico incontro con Sanguineti: questa sì che è una notizia, altro che Gadda e Manganelli!

  11. Miku says:

    Che incontro? Che Sangui? Raccontate, raccontate! ;-)

  12. letturalenta says:

    Miku, il resoconto, con tanto di prova fotografica, lo trovi sul blog di zop (clicca sul suo commento qui sopra).

  13. tebaldo says:

    Ma che carino questo….blog..?seminario..? gruppo di discussione…? ma allora non sono solo io ad apprezzare Manganelli di cui tutto non ho ma quasi. Ora devo solo leggerlo.

  14. anna maer says:

    Manganelli inutile? Assomiglia a tanti padri in assenza di figlie scrittrici.
    Per oggi la curiosità mi ha portato qui. Se la figlia lo pensa inutile, con nera ironia… ma le madri di autori vari, cosa c’entrano, i geni sono metà a testa e, si portano altrettanti frammenti degli avi… pregiudizi pregiudizi, poca scienza. Pietà per lo scrittore.

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