Ciò che io non desidero non esiste

Hypterodonte in viaggio per la luna, tratto da www.ariverneversleeps.comEra una notte di luna piena. Incipit alquanto banale, ne convengo, ma che altro si può dire di una notte di luna piena se non che era una notte di luna piena? Certo, uno scriba di solido mestiere e regolarmente iscritto al sindacato cercherebbe e forse troverebbe soluzioni più eleganti. Che so, potrebbe sostenere che la tenebra notturna cedeva il passo al fulgore pieno e rotondo di Selene; oppure potrebbe concentrarsi su un sasso, un timido sasso abitualmente grigio che, sfavillando come un diamante, proiettava un’ombra nerissima sulla sabbia candida di luce. Questi o altri artifizi aiuterebbero senz’altro lo scriba a guadagnare fama e recensioni positive, ma non cambierebbero di una virgola la nuda realtà dei fatti, ovvero che senza alcun dubbio era una notte di luna piena.

In questa notte luminosa, in un periodo dell’anno grosso modo estivo, un hypterodonte volava tranquillo verso il grande disco bianco, obbedendo all’istinto che da migliaia di anni spingeva la sua specie a celebrare i riti d’accoppiamento lassù, lontano dalle quotidiane insidie terrestri. In realtà non è esatto dire che volava lassù, perché alto e basso erano concetti ignoti all’hypterodonte, al pari di destra e sinistra, avanti e indietro, qui e là. Dire che volava, poi, è un modo impreciso e anche un po’ subdolo per rendere comprensibile al lettore umano un evento che l’hypterodonte percepiva in tutt’altra maniera.

Non si vedeva anima viva in giro. Quasi sempre trovava lungo il tragitto compagni di viaggio ben disposti a chiacchiere amene, gare di avvistamento di asteroidi e altri piacevoli espedienti per alleggerire la noia del trasferimento, ma non quella notte. Il silenzio perfetto e la solitudine gli ispirarono una serena riflessione sulle leggi universali e sulla condizione hypterodontica.

«Quando io desidero il disco bianco, il disco bianco si avvicina a me. Quando smetto di desiderarlo, e desidero al suo posto il disco azzurro, ecco che il disco bianco si allontana e il disco azzurro si avvicina. La loro dimensione, inoltre, muta al mutare del mio desiderio, assecondandolo con grazia e sollecitudine. Il disco che io desidero si fa sempre più grande man mano che aumenta l’intensità del mio desiderio, e quando questo raggiunge l’apice, il disco si fa così grande e accogliente che io posso toccarlo e posarmi sopra di lui. Il disco che io non desidero si fa invece più piccolo quanto più io desidero l’altro, e perde buona parte dei suoi colori diventando quasi tutto azzurro o quasi tutto bianco. Da questo comportamento dei dischi io capisco di avere un grande potere sulle cose. Se un giorno desiderassi intensamente uno di quei minuscoli dischi argentei che punteggiano le tenebre – e che fino a oggi ho desiderato con moderazione – questo si ingrandirebbe per accogliermi, mentre il disco azzurro e il bianco rimpicciolirebbero fino a scomparire. Posso quindi concludere che è il mio desiderio delle cose a decidere la loro esistenza: ciò che io non desidero non esiste».

Questa concezione hypterodontocentrica dell’universo non è facilmente comprensibile a noi esseri dotati di capacità razionali ben più elevate di quelle dell’hypterodonte. Se un essere umano dichiarasse di essere al centro del mondo e di avere potere di vita e di morte sulle cose verrebbe certamente preso per pazzo. Tuttavia non è difficile capire che la sua particolare visione del mondo, in cui tutto dipendeva dalla propria volontà e dal proprio desiderio, faceva dell’hypterodonte un essere molto felice e incapace d’angoscia. L’idea che il mondo potesse finire, per esempio, non poteva nemmeno sfiorarlo, dato che la sua percezione di sé come centro immobile dell’universo gli precludeva la concezione del tempo e dello spazio: per lui ogni istante era presente, eterno, immutabile. Non concepiva il divenire, l’invecchiamento, la morte, e quindi non poteva esserne turbato.

All’improvviso l’hypterodonte avvertì un dolore fortissimo alla testa: il piccolo asteroide che aveva distrattamente desiderato si stava rimpicciolendo rapidamente dopo l’impatto e quasi subito scomparve, indesiderato. Vedendo tutti i dischi del cielo farsi sempre più sfocati, capì che il desiderio delle cose lo stava abbandonando. Lottò contro quella sensazione mai provata per tentare di salvare il mondo che egli amava.

Alla fine cedette. Tutti i dischi del cielo si spensero per sempre e lui, ormai libero da ogni desiderio, precipitò.

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6 Responses to “Ciò che io non desidero non esiste”

  1. zop says:

    Nei quaderni preparatori del Nuncius Sidereus di Galileo, a proposito delle macchie lunari, ce n’è una che successivamente è stata scartata e non compare nell’edizione che è andata in stampa. Si tratta della macchia 4B rilevata col cannocchiale e diligentemente disegnata durante una prima osservazione ma nei giorni successivi scomparsa. Con ogni probabilità quella macchia non apparteneva alla superficie lunare, bensì a un corpo che si era intrapposto tra il cannocchiale e il satellite che veniva osservato. La forma di tale macchia è infatti sorprendentemente simile a quella della foto che hai pubblicato… il che porterebbe a ritenere che Galileo fosse stato tratto in inganno proprio dal volo dell’hipterodonte, che non conosceva e che quindi non ha saputo interpretare…

  2. letturalenta says:

    Ettecredo che la macchia era scomparsa, povero Hypti. Dopo quella botta, chissà dov’era finito. Questa tua nota, peraltro, fornisce una datazione molto precisa dell’episodio qui raccontato, e contribuisce a sfatare la leggenda dell’estinzione dell’hypterodonte.

  3. decablog says:

    segnalo ulteriore contributo alla nascente Hypterodontologia – stop
    grato qualora fosse giudicato utile alla causa – stop
    hypterordiali saluti

  4. letturalenta says:

    Grazie Deca! (variante minimalista di grazie mille). L’enciclopedia hypterodontica ha ora una capitolo dedicato all’hypterodonte in musica.

  5. zycron says:

    il mio gatto deve avere qualche ascendenza hypterodontica giacché sembra possedere la stessa concezione dell’universo.
    in effetti la razza felina zycroniana è stata creata dagli alchimisti del pianeta tramite incroci misteriosi… nulla è da escludere.

  6. letturalenta says:

    Ho visto il tuo gatto, zycron, e qualcosa mi dice che hai assolutamente ragione. Il gatto non si sposta: egli desidera, e ottiene.

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