Archive for May, 2006

Il castello dei fantasmi incrociati

Sunday, May 28th, 2006

Il castello dei fantasmi incrociatiUn viandante sorpreso dalla notte trova rifugio nel castello di Beseno dove i fantasmi della Casata, dall’ultimo erede a ritroso sino al primo che l’ha fondata, si manifestano per raccontare ognuno la propria storia e tutti insieme quella del castello.

Ma cos’è ‘sta roba? si chiederà non senza ragione il lettore in transito.

Si tratta dell’ultimo parto dell’operosa e fantasiosa mente di zop, al secolo Antonio Zoppetti, per l’occasione in combutta con Davide Ondertoller. I due hanno affidato a un drappello di volenterosi blogger il compito di svolgere la fabula sopra riportata. Ogni autore ha composto un capitolo della storia, nessuno sapendo cosa avrebbero scritto gli altri. Tecnica simile ai cadavre exquis surrealisti, per un risultato non meno surreale.

Ma bando alle ciance! Il resto della faccenda è a disposizione del lettore nell’apposito blog del Castello dei fantasmi incrociati, dove si può leggere il risultato finale di cotanta impresa, nonché notizie sulla manifestazione Portobeseno, viaggio tra fonti storiche e sorgenti web che si svolgerà al castello di Beseno (Tn) dal 16 giugno al 20 luglio 2006.

Wuz, ovvero Mare Magnum, ovvero del legame fra libri e demenza

Thursday, May 25th, 2006

Francesco Marucelli, tratto da www.maru.firenze.sbn.itWuz, come molti lettori retaioli sanno, è il nuovo nome del portale di informazione libraria che fino a poche settimane fa si chiamava librialice.it, ma non è di questo Wuz che si parla qui, bensì di una rivista nata all’inizio del 2002 e che si chiama, manco a dirlo, Wuz. È una rivista bimestrale specializzata in libri rari e antichi, espressamente indirizzata a bibliofili professionisti, come librai antiquari, editori di libri artistici, ricercatori, ma molto apprezzabile anche da parte di lettori non specialisti, tipo me.

Innanzitutto ha un sottotitolo bellissimo – storie di editori, autori e libri rari – che potrebbe essere l’incipit di un poema ariostesco d’argomento libresco; la veste grafica è molto ben curata; gli articoli hanno un taglio divulgativo, pur essendo scritti da specialisti; è ricca di splendide illustrazioni. Insomma, un gioiellino, peraltro venduto alla modica cifra di 8 euro.
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Chiamalo sonno

Tuesday, May 23rd, 2006

René Magritte, Le Dormeur téméraire, 1928, Tate Gallery, tratto da www.tate.org.ukNei commenti al post precedente si chiacchierava di origini, di scrittura come riscrittura, di silenzio; e queste deliziose chiacchiere mi han fatto pensare a un libro che ho letto tempo fa e che parla di tutte queste cose, fra l’altro. E dato che scrivere significa riscrivere, non vedo perché dovrei riscrivere quello che ho scritto allora su quel libro: tanto vale copiarlo tale e quale.

Chiamalo sonno è indubbiamente un capolavoro, uno di quei libri che, come diceva Manganelli, contengono tutti i libri. Per evidenziare tutti gli elementi “capolavoristici” di un libro che li contiene tutti occorrerebbe scrivere un ponderoso trattato di critica letteraria, cosa che in questo momento non ho il tempo di fare, per la gioia mia e dell’incauto lettore.

Pubblicato nel 1934, questo romanzo è stato dimenticato per trent’anni, prima di entrare nel novero dei grandi capolavori della narrativa novecentesca. Henry Roth, dopo averlo pubblicato, ha scritto poco o niente per sessant’anni, per poi ripartire dal punto in cui si era fermato. La chiusa del libro contiene la profezia di questi lunghi silenzi coronati da spettacolari epifanie:
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Il più grande romanzo di tutti i tempi

Friday, May 19th, 2006

Paul Delvaux, La nascita del giorno, 1937 Venezia Collezione Peggy Guggenheim, tratto da www.griseldaonline.itBasta! Ho deciso: scriverò un romanzo, un grande romanzo, il più grande romanzo di tutti i tempi! Niente e nessuno mi potrà fermare. Quando mi metto in testa una cosa, io.

La fabula, innanzitutto. Dovrà essere una storia vera, verissima, più vera del vero. Una storia che, mentre uno la legge, ogni due righe si sorprende a dire: è proprio vero! Per raggiungere questo primo obbiettivo s’impone una riflessione attenta e scrupolosa, mirata a selezionare temi, situazioni e argomenti che abbiano tutto il sapore della verità. Una storia vera dev’essere accaduta, altrimenti non sarebbe vera, ma solo verosimile, quindi dovrebbe essere abbastanza facile da trovare, per esempio frugando nelle pagine di cronaca dei quotidiani.

No, non va bene, perché le cronache giornalistiche non sono i nudi fatti, ma i loro resoconti scritti, e tu m’insegni che un resoconto scritto è un testo e che un testo è fatto di parole che, come tutti sanno, non sono fatti ma per l’appunto parole. No no, i giornali sono mezzi di comunicazione, quindi mediano. A me serve l’evento immediato, caldo di vita, non fresco di stampa. Ecco, la vita… la fonte diretta delle cose, la sorgente naturale e incorruttibile della verità. Lì devo attingere, se voglio che davvero il mio romanzo sia un grande romanzo, il più grande romanzo di tutti i tempi.
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Il retrobottega di Federico Platania

Monday, May 15th, 2006

Sandro Botticelli: Sant'Agostino nello studio, tratto da digilander.libero.it/McArdalQuando ho proposto a Federico Platania di mostrarmi il retrobottega del suo libro, lui mi ha risposto così:

Ciao Luca,

allego alcuni stralci dal mio taccuino di lavorazione che ho aggiornato durante e dopo la stesura di “Buon Lavoro”. Da una parte continuo a pensare che questo “dietro le quinte” del libro d’esordio di uno scrittore sconosciuto non interessi a nessuno (tranne a te che me l’hai richiesto esplicitamente!). Dall’altra parte il mio ego di scrittore non ha resistito…

A dispetto della scaramanzia di Federico, io continuo a credere che ficcare il naso nell’antro di uno scrittore – esordiente o veterano, conosciuto o meno – sia un’esperienza molto positiva per i lettori. Praticandola si può scoprire come è nata l’idea di un libro, quali difficoltà ha dovuto affrontare l’autore per venirne a capo, perché ha scelto certi accorgimenti formali piuttosto di altri. Tutte informazioni che gettano luce sul concepimento e la gestazione di un libro, informazioni che nella maggior parte dei casi restano nascoste ai lettori.
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Kafka pro e contro

Friday, May 12th, 2006

Günther Anders, tratto da fr.wikipedia.orgSi diceva di un’idea originale su Franz Kafka espressa da Günther Anders nel suo unico saggio sull’autore praghese, Kafka pro e contro, recentemente ristampato da Quodlibet. L’idea è che per Kafka l’aldilà, che compare nella sua opera come tensione verso un mondo sconosciuto e apparentemente ultraterreno, altro non è che questo mondo, ovvero l’aldiqua dei comuni mortali. Per Anders i personaggi di Kafka, e in particolare il K. di Il castello, sono uomini che vivono fuori dal mondo e che fanno di tutto per essere accettati dal mondo.

Anders vede un pericolo potenziale proprio in questo fare di tutto per essere accettati. L’uomo messo in scena da Kafka gli appare come un debole che, pur di entrare, è disposto a sospendere tutte le domande e le riserve sulla giustizia e sulla moralità del mondo che lo esclude. Non gli interessa che i potenti siano illiberali e che il sistema che governano sia intrinsecamente malvagio: l’unica cosa che conta per l’uomo kafkiano è entrare a far parte di quel sistema. Questo uomo disposto a tutto è per Anders il suddito ideale dei regimi totalitari, un uomo che, rinunciando in partenza a esercitare le sue facoltà critiche, è già pronto per essere ridotto in schiavitù. Per questo considera l’opera di Kafka come una minaccia, addirittura come qualcosa di potenzialmente utilizzabile a fini totalitari e liberticidi:
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Pro o contro Pizzuto? Un dialogo di Gualberto Alvino

Thursday, May 11th, 2006

Antonio Pizzuto negli anni '20, tratto da www.lavieri.itSettima puntata della pizzuteide di letturalenta (si veda la categoria Pizzuto per l’elenco completo degli interventi) e secondo contributo del battagliero professor Gualberto Alvino, che non ringrazierò mai abbastanza per la sua disponibilità. La pizzuteide, come sanno i lettori più affezionati, è la mia privata celebrazione di Antonio Pizzuto nel trentennale della morte. Pizzuto è uno dei maggiori autori italiani del Novecento, nonché uno dei meno conosciuti in Italia. La sua scarsa notorietà deriva soprattutto dal suo essere un autore difficile, che molti critici, anche tra i più esperti e qualificati, non hanno esitato a definire illeggibile.

Il punto è che Antonio Pizzuto non accetta letture distratte e frettolose, ma al contrario costringe il lettore a lavorare, a faticare, a conquistare il testo quotidiano col sudore della fronte. Queste sue parole, riportate nell’articolo di Alvino, rendono bene l’idea:

«Il problema della comprensibilità è questo: che il lettore deve educarsi a comprendere quello che legge, non che lo scrittore deve sforzarsi a fargli capire, perché sennò diventa Fröbel lo scrittore, no? Noi non abbiamo preoccupazioni pedagogiche, l’autore non ha preoccupazioni di questo genere […] Il lettore non interessa, il lettore non deve interessare. Lo scrittore non deve preoccuparsi del lettore. Io avrò venticinque lettori, forse meno. Ma che cosa mi importa?»

Sono parole che fanno pensare molto, specialmente in questi tempi in cui sembra dominare l’idea che la letteratura debba per forza essere portatrice di un messaggio, che debba comunicare qualcosa, che debba competere con altri mezzi di comunicazione. Antonio Pizzuto costringe a ripensare da cima a fondo questi luoghi comuni, e a ribaltarli.

Comunque, bando alle ciance. Vi lascio alla lettura dell’articolo di Gualberto Alvino, che ragionando su Pizzuto tocca questa e molte altre questioni di notevole interesse. Chi soffre la lettura a video può scaricarlo in formato pdf (176 KB) e stamparlo.
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Kafkiane rimembranze

Wednesday, May 10th, 2006

Franz Kafka, tratto da mek.oszk.huCirca quattro anni fa, in una recensione a Lettere a Milena postata in icl, l’autrice Ol’ga riportava questo passo di una lettera di Kafka:

«È all’incirca come quando uno, prima di ogni passeggiata, dovesse non solo lavarsi, pettinarsi ecc. – già questo costa fatica – ma siccome prima di ogni passeggiata gli mancano sempre tutte le cose necessarie, dovesse anche cucirsi il vestito, farsi le scarpe, fabbricarsi il cappello, tagliare il bastone e così via».

Questo brano, dissi allora in risposta alla recensione, pone «l’accento sulla fatica di Kafka, la sua sensazione di non essere attrezzato per stare al mondo, l’angoscia di non saper andare al di là».

E aggiungevo:

«Quando cerco di leggere Kafka mi sento esattamente così: affaticato, disarmato, inquieto. È come un muro da scalare. Ci provo a più riprese, ci rinuncio, lo mollo per anni e poi ci riprovo, per vedere se il tempo mi ha fornito l’attrezzatura giusta per poter andare al di là. Macché! Io invecchio, divento più lento, più pesante, le mie chance di riuscire a oltrepassare il muro calano inesorabilmente».
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L’imbianchino

Monday, May 8th, 2006

Post imbiancatoSono un imbianchino o decoratore o tinteggiatore che dir si voglia, e quindi è ragionevole dire di me che sono uno che tinteggia o decora o imbianca, ma fra tutte le parole che possono definire me o il mio lavoro io preferisco di gran lunga imbianchino e imbiancare, per via di quell’esplicito riferimento al bianco, parola carica di significati simbolici, emblema del vuoto, del gelo, dell’assenza, ma anche della purezza e soprattutto del candore.

Il candore: un modo di ricezione dell’esperienza e della conoscenza che, se praticato con onesta pervicacia, può sfociare nella più pura stupidità. Ho scritto pura d’istinto, senza pensarci su. Se questo testo fosse sottoposto a un accurato lavoro redazionale, quel pura, così vicino al purezza precedente, sarebbe quasi certamente sostituito da un sinonimo, per esempio cristallina. Tuttavia, a mio modesto avviso, questa sostituzione non sarebbe del tutto opportuna. Infatti, mentre esiste una relazione intuitiva abbastanza forte fra candore, purezza e stupidità, non ce n’è una altrettanto forte fra candore, cristallo e stupidità.
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Cambiando le parole si cambiano le cose (?)

Friday, May 5th, 2006

Odradek, tratto da www.kafka.org[questo post fa ovviamente :-) il paio con questo, con la prima parte del quale quasi collima, mentre è in aperta contraddizione con la seconda parte. Come mai? Segno forse che il prode letturalenta si contraddice? Eccerto che si contraddice, perdinci, come tutti!]

In concomitanza con la Fiera internazionale del libro di Torino, accadono due fatti libreschi di segno contrario.

1. Il supplemento del sabato del quotidiano La Stampa (torinese come la fiera-salone) riprende il vecchio glorioso nome Tuttolibri e tornerà a occuparsi solo di libri ed editoria. Si tratta di un ritorno al passato. Da svariati anni, infatti, il supplemento si chiamava TTL, che – come spiega il precisissimo .mau. – stava per Tuttolibri Tempo Libero e includeva sezioni dedicate a viaggi, gastronomia e altri temi culturali.

2. L’altrettanto vecchio e glorioso sito librialice.it (che una volta si chiamava alice.it, dominio poi ceduto alla Telecom) si suicida per far sorgere dalle sue ceneri Wuz, un portale che a differenza del defunto si occuperà non solo di libri, ma anche di cinema, musica e attualità.
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Beckett e Machiavelli a Bologna

Wednesday, May 3rd, 2006

Aspettando Godot. Tratto da www.infopointspettacoli.itPerché io credo che questo sarebbe il vero modo ad andare in paradiso: imparare la via dello inferno per fuggirla [Niccolò Machiavelli, lettera a Francesco Guicciardini del 17 maggio 1521].

Non l’ho mica detto a Federico Platania, ma ieri, mentre alla presentazione del suo Buon lavoro lui leggeva uno dei dodici racconti che compongono il libro, io pensavo a questa formidabile lettera del padre indiscusso della prosa italiana. Lettera che comincia all’insegna della massima familiarità e della massima giocosa irriverenza:

Magnifice vir, major observandissime. Io ero in sul cesso quando arrivò il vostro messo, e appunto pensavo alle stravaganze di questo mondo.
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Dialogo di un libro col suo scrivano

Tuesday, May 2nd, 2006

Scrivano. Tratto da www2.comune.roma.it– Salve, scrivano.
– Odo una voce.
– Non mi riconosci?
– Eppure mi sembra di essere solo in questa stanza.
– Sono il libro, scrivano. Il libro che stai trascrivendo.
– Insiste. Dev’essere una burla. Esca allo scoperto chi si sta facendo beffe di me!
– E da dove ti aspetti che esca costui? La stanza è piccola e bene illuminata e non ci sono anfratti o asperità bastanti per celare persone.
– Eppure sento una voce, la tua voce, burlone… esci allo scoperto!
– Può uscire allo scoperto solo chi si trova al coperto, scrivano, e a costo di ripetermi – cosa che odio – ti faccio notare ancora una volta che in questa stanza non ci sono ricettacoli e nascondigli.
– Dannazione! Sto forse impazzendo? Sento una voce, ma non so di dove venga. Ho cercato ovunque: dietro le tende, sotto la scrivania, sotto il tappeto! ma non ho trovato persone, né fantasmi, né apparecchi per la riproduzione di suoni registrati.
– Eppure questa voce ti parla, nevvero? E ti parla a tono, anche, rispondendo alle tue domande e ponendone altre di conseguenza. Non credi che questo sia un po’ troppo per un attacco di demenza o per un registratore?
– E se non sto impazzendo, da dove può giungere questa voce? e a chi appartiene? Non fa parte delle voci familiari, delle quali riconosco all’impronta il tono, il timbro, le inflessioni, i piccoli difetti di pronuncia. Questa è una voce straniera, una voce che mai ho udito.
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