L’arte di mentire piacevolmente

Pierre-Daniel Huet, tratto da http://en.wikipedia.org/wiki/Pierre_Daniel_HuetDal mio rientro a oggi non ho scritto molto qui, e di questo naturalmente mi pento e mi dolgo, ma con misura e senza eccessi di contrizione. Il motivo principale di questa afasia settembrina è che ultimamente mi sto occupando di libri che non esistono e, come tutti sanno, le cose che non esistono sono molto più esigenti di quelle che esistono in termini di tempo, attenzione, cure. E poi bisogna parlare con molta prudenza delle cose che non esistono, per non correre il rischio di farle esistere anzitempo e bruciarle.

Uno di questi libri che non esistono di cui mi sto occupando, a dire il vero, un poco esiste già, tanto che chiunque lo desideri può trovarlo in questo punto esatto della grande rete. A me però piacerebbe che questo libro esistesse in modo diverso da come esiste adesso. Mi piacerebbe che le parole di questo libro generassero altre parole, e che queste parole nuove, scritte oggi, avvolgessero il testo originale come la carta avvolge il cioccolatino. La carta che avvolge il cioccolatino lascia intendere che al di là di lei medesima c’è un cioccolatino, e invita il goloso a sbarazzarsi di lei, se vuole mangiarsi il cioccolatino.

Capisco che questo discorso della carta e del cioccolatino possa sembrare un po’ fumoso, ma tenga conto il paziente lettore che sto parlando di una cosa che non esiste e non voglio correre il rischio di bruciarla facendola esistere anzitempo.

Anche questo libro che non esiste parla di una cosa che non esiste o, per meglio dire, parla di una cosa che, quando ne parlava lui, non aveva ancora il nome che noi oggi diamo a questa cosa, ovvero letteratura. Infatti – come dice Giulio Mozzi nell’introduzione che ha scritto per la versione esistente – in questo libro che parla di letteratura non compare mai la parola letteratura. Si capisce che, per parlare di questa cosa che allora non esisteva ancora, il libro doveva ricorrere a perifrasi, che è poi un modo elegante per dire che doveva girarci attorno. E girandoci attorno riuscì – forse per caso o forse no – a trovare definizioni magnifiche di letteratura, come ad esempio arte di mentire piacevolmente. E sulle distanze brevissime che separano parole come menzogna, falsificazione, verità, verosimiglianza, questo libro si destreggia con rara abilità e graziosi volteggi.

L’arte di mentire piacevolmente oggi si chiama letteratura e il discorso iniziato da questo libro dall’esistenza alquanto incerta continua ancora e, a dispetto di molte sinistre profezie, sembra che non abbia affatto intenzione di smettere. Certo, oggi si parla di letteratura in modi molto diversi da allora, ma questo libro è comunque un paragrafo, un brano, un frammento del medesimo discorso. Le sue parole, i temi che affronta, le domande che pone mantengono – come mi ha detto un amico mio – una certa “aria di famiglia”.

E allora mi piacerebbe che questo libro che ancora non esiste fosse un libro capace di mostrare al lettore come continua oggi il discorso sull’arte di mentire piacevolmente. E dato che io non sono davvero la persona più adatta per fare una cosa del genere, ho cominciato a chiedere un po’ in giro. Me ne sto occupando, appunto, e se da questa occupazione uscirà qualcosa di esistente, prometto che ne parlerò ancora, magari in termini un po’ meno fumosi.

Pierre-Daniel Huet, Trattato sull’origine dei romanzi:

Le potenze della nostr’anima, essendo d’una ampiezza troppo grande e d’una capacità troppo vasta per esser piene dagli oggetti presenti, l’anima cerca nel passato e nell’avvenire, nella verità e nella menzogna, negli spazj immaginarj e nell’impossibile medesimo, di che occuparle.

Due strade affatto opposte, che sono l’ignoranza e l’erudizione, la rozzezza e la pulizia, conducono sovente gli Uomini ad un medesimo fine, che è lo studio delle finzioni, delle favole e de’ Romanzi.

13 Responses to “L’arte di mentire piacevolmente”

  1. michele says:

    Nella mia biblio oggi ho trovato -Elogio di Nicolò Macchiavelli- (1779- pag.80 ) L’autore anonimo dice: “due sono i miei oggetti; la vita di M. ed una idea ragionata dell’arte del governo. ….Altro non mi rimane che alcuna cosa accennare intorno alla -presente edizione- delle Opere di Machiavelli. … A Venezia nel 1769 se ne fece una sotto la data di Cosmopoli in 8 volumi in ottavo ma forse più delle altre si distingue in sconcezze e per gli errori che quasi in ogni pagina s’incontrano… Un Inglese tornato dai suoi viaggi fece imprimere a Londra nel 1760 alcuni manoscritti di M. che aveva a Firenze acquistati…. Si sono fatte nuove ricerche nelle biblioteche di quella città…. ecc, ecc… si sono rinvenute non ancora pubblicate, delle quali si farà uso nella presente edizione….
    Curiosità, di quale edizione parla? E quali manoscritti sarebbero stati ritrovati intorno al 1760? Se puoi grazie…. (se ti interessa il libricino ti posso far avere fotocopia, grazie mic.

  2. michele says:

    Ho scritto Elogio di Nicolò “Macchiavelli” (invece di Machiavelli) mi scuso. Questo è Machiavelli che conosci.

  3. letturalenta says:

    michele, bisognerebbe consultare qualche buona bibliografia machiavelliana per sapere di quali manoscritti parla l’anonimo in questione, ma non saprei dirti nemmeno dove cercare. Le opere maggiori di Machiavelli sono state pubblicate in tempi relativamente brevi dopo la sua morte, e l’Arte della Guerra e il Decennale primo furono pubblicati in vita. Può darsi che l’anonimo si riferisca a lettere private o a corrispondenza d’ufficio.

  4. gabriella says:

    George Steiner nel suo splendido “Babele”, parlando della “controfattualità del linguaggio” scrive a un certo punto che sarebbe molto interessante approfondire la “storia della menzogna”.
    Scusate la telegraficità ma purtroppo vado di fretta e non ho il tempo di andare a scartabellare il tomo :-(
    Se però interessa ci ritorno sopra. Ciao

  5. letturalenta says:

    Gabriella, mi interessa senz’altro. Avvisami se e quando ci tornerai sopra.

  6. gabriella says:

    Intanto, il giorno dopo aver lasciato quel mex, ho trovato sul Sole 24 Ore di domenica un articolino sul testo di Derrida “Breve storia della menzogna”, pubblicato da Castelvecchi

    http://www.castelvecchieditore.com/catalog/title/?cmd=ext&title_id=371&subclass=H

    Io non l’ho letto, questo testo di Derrida, ma siccome sono solo poco più di un centinaio di pagine si potrebbe anche fare.

    Per quanto invece riguarda Steiner, ho ripreso in mano il tomo (per me uno dei libri fondamentali che abbia letto su linguaggio e traduzione e linguaggio come traduzione).

    Il tema della menzogna (o meglio: dell’analisi della menzogna) come “possibilità di dire ALTRIMENTI”, o della menzogna come ALTER(N)ITA occupa parecchie pagine del capitolo “La parola contro l’oggetto” e non mi è certo possibile riassumerle qui.

    Sintetizzando al massimo e brutalmente: Steiner auspica una storia delle origini della falsità (o, come dice lui, del “dire altrimenti”) scrivendo, verso la fine del capitolo che essendo il liguaggio “una creazione costante di mondi alternativi” non esistono limiti alle forze plasmanti delle parole e che”l’ambiguità, la polisemia, l’opacità, la violazione delle sequenze grammaticali e logiche, le incomprensioni reciproche, la capacità di mentire non sono aspetti patologici del liguaggio ma le radici stesse del suo genio. Senza di esse, l’individuo e la specie si sarebbero inariditi”.

    I riferimenti sono:

    George Steiner
    “DOPO BABELE. Il linguaggio e la traduzione”
    Cap. “La parola come oggetto”

    Io ce l’ho in una vecchia edizione Sansoni non più in commercio (quindi è inutile indicare il riferimento delle pagine) ma il libro è stato ripubblicato da Garzanti nel 2004

    http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?isbn=8811677513

    Spero di non essere stata troppo confusa.

    (Colgo l’occasione per informare l’inclita compagnia che ho riletto in questi giorni il pizzutano “Si riparano bambole”. Splendidissimo! Meraviglioso! Ma continuo a non avere il coraggio di avventurarmi oltre… :-I

  7. letturalenta says:

    Gabriella, ti assumo seduta stante come bibliografia vivente! Steiner sarà mio, e faccio un pensierino anche su Derrida, per quanto dell’ultima sua cosa che ho letto – che oltretutto era una specie di prolusione, quindi teoricamente colloquiale, semplice, orientata alla comunicazione – ho capito circa un quindici per cento. Siribambole è un gioiello, anche se Pizzuto l’ha poi mollato per salire a quelle vette dove anche un mito come Contini faticava a seguirlo.

    Grazie mille!

  8. gabriella says:

    Non te ne pentirai, dell’acquisto di Babele, vedrai. Vorrei aggiungere che benchè concettualmente densissimo, è un testo di godibilissima e scorrevole lettura.
    Steiner ha la caratteristica (che è propria, secondo me, della maggior parte dei francesi e degli scrittori anglosassoni) di esprimere concetti anche profondi e/o intorcinati senza per questo scatenare lo sbadiglio selvaggio o indurre il lettore ad attaccarsi al tubo del gas. Caratteristica che ahinoi purtroppo manca a tanti intellettuali e accademici di casa nostra (a mio modesto avviso di lettrice comune) . Non confondono “l’esser seri” con “l’esser seriosi”. Ovviamente sto generalizzando, eccezioni ve ne sono da una parte e dall’altra…Ma il trend mi sembra quello, purtroppo.

  9. michele says:

    Gabriella poeta subito. Chissà però se si potrà tornare (anche per un attimo) all’età romantica? Scorrere in “visuali”, oggi si dice immagini, (sembra che questo termine stia un pò troppo fermo però) del poeta russo Tjutcev fedor, e così arrivare in quella parola magica che è acqua.
    Scorrere in visuali è un temine brutto, all’apparenza non corretto, io l’intendo così: ( probabili steiner-ismi) Appartenere ed essere partecipe alle visuali, rimanendo conscio, meravigliato; infine trasportato nella meraviglia nel fiume immagine. Infine, pensando alle parole di G. l’accettazione del pericolo, fa si che psicologicamente questo si annulli. (sempre se di parola innoqua si parla) Stravaganze da dopo pranzo. Mic P.S. Grazie per la risposta su Machiavelli.

  10. michele says:

    lascio, in silenzio qui una poesia di Borges: Bussola.
    Tutte le cose sono parole della/ lingua in cui Qualcuno o Qualcosa scrive,/ notte e giorno, il garbuglio incomprensibile/ che è la storia del mondo. In turba passano/ Roma e Cartagine, io, tu, lui, la mia/ vita che non intendo, questa pena/ d’essere crittografia, enigma, caso/ e tutta la discordia di Babele. / Dietro il nome sta ciò che non si nomina;/ oggi ho sentito grave la sua ombra/ sull’ago azzurro, lucido e leggero, /che punta al limite di un mare e un pò/ somiglia a un orologio visto in sogno/ un pò a un uccello che dormendo trema.

  11. letturalenta says:

    Grazie, Michele, è un lascito molto gradito.

  12. […] Come dicevo più di un mese fa, sto cercando di occuparmi di un libro che non esiste, e per occuparmente ho interpellato una schiera di dotti in svariate materie letterarie. Confesso che prendere la parola fra loro mi intimorisce non poco. In quel consesso di esseri pensanti radunati attorno al Trattato sull’origine dei romanzi di Pierre Daniel Huet, infatti, siedono scrittori, poeti, critici, filosofi e intellettuali che quanto a titoli e competenza mi sopravanzano di svariate misure. Me ne starei volentieri zitto in un angolo ad ascoltare quello che loro hanno da dire, ma – essendo io in qualche modo la causa di quel medesimo simposio – non posso sottrarmi al dovere di partecipare. D’altronde è il testo stesso che autorizza gli ignoranti a prendere la parola sulla letteratura, laddove dice: […]

  13. […] Invece il foglietto firmato dalla mamma lo portavo solo dopo un’assenza, ed erano appena una o due parole di rito – malattia o indisposizione o motivi familiari – scribacchiate su un asettico modulo prestampato per spiegare alla maestra come mai nei giorni precedenti l’avevo lasciata in pace. Assurdo. Ma dato che gli uomini quasi sempre perseverano nell’errore, ecco che anche oggi porto la giustificazione per un’assenza, pur ritenendola cosa buona e giusta. Sono un po’ assente perché – come spiegavo qualche tempo fa – ultimamente mi sto occupando di libri che non esistono. Dissi allora, stando un po’ sulle generali, che «le cose che non esistono sono molto più esigenti di quelle che esistono in termini di tempo, attenzione, cure», e in questi giorni ho raccolto numerose prove empiriche a favore di codesta teoria. […]

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