Paolo Nori, Noi la farem vendetta

Paolo Nori, Noi la farem vendettaL’ultimo libro di Paolo Nori si intitola Noi la farem vendetta che è anche un verso di una canzone anarchica che si intitola Figli dell’officina. Il protagonista del libro di Paolo Nori, Paolo Nori, verso la fine del libro canta questa canzone a sua figlia Irma per addormentarla. Il testo della canzone Figli dell’officina è questo:

Figli dell’officina
o figli della terra
già l’ora s’avvicina
della più giusta guerra
la guerra proletaria
guerra senza frontiere
innalzeremo al vento
bandiere rosse e nere
avanti siam ribelli
fieri vendicator
un mondo di fratelli
di pace e di lavor
dai monti e dalle valli
giù giù scendiamo in fretta
con queste man dai calli
noi la farem vendetta

Prima di cantarla a sua figlia per addormentarla, Paolo Nori racconta di aver fatto ascoltare la stessa canzone a sua madre, molto tempo prima che la figlia nascesse:

mia mamma mi ricordo mi ha detto Ma questa è una canzone del passato, e a me mi ricordo m’è venuto da dirle No, è del futuro.

Paolo Nori è uno scrittore raffinatissimo e coltissimo, solo che gli piace fare finta di essere grezzo e incolto o, come direbbe lui, semicolto. Questa faccenda della canzone, per esempio, sembra buttata lì, mentre si legge il libro, ma a rileggerla uno si rende conto che è studiata nei minimi particolari: è un gioco continuo di rimandi fra passato e futuro, fra madre e figlia, fra un mondo perduto e un mondo a venire.

Se questo episodio fosse solo il bell’artificio narrativo di uno scrittore esperto, il lettore potrebbe limitarsi a dire Però! che scrittore esperto, questo Nori, ma non è solo questo. In primo luogo questo episodio si trova verso la fine, un punto di grande rilievo, e poi contiene il titolo del libro, indizio non trascurabile di centralità tematica. Questo episodio della canzone Figli dell’officina, che a prima vista non è trattato diversamente dagli altri episodi, è messo lì apposta per dire al lettore, senza dirglielo: guarda, lettore, che qui c’è il riassunto del libro, quindi cerca di stare attento.

Allora il lettore sta attento, e ci pensa un po’ su a questa cosa del passato e del futuro. Aveva ragione la madre a dire che quella è una canzone del passato, o il figlio a dire che è del futuro? A ben guardare la madre non ha tutti i torti. Nel testo della canzone ci sono moltissime parole che oggi non si usano più nei discorsi di tutti i giorni, almeno non nel significato che avevano nella canzone. Prendiamo officina, per esempio. Nella canzone l’officina è la fabbrica – altra parola in via di estinzione – il luogo di lavoro della classe operaia. E se uno ci pensa bene, anche la locuzione classe operaia non fa più parte del discorso politico, dove una volta occupava un posto centralissimo. Guerra proletaria, dice la canzone, ma oggi è rimasta solo la guerra, mentre i proletari ormai si trovano solo nei libri di storia. Non ha tutti i torti, la madre, a dire che quella è una canzone del passato.

E dov’è il futuro, in quella canzone? Perché il figlio sostiene che quella è una canzone del futuro? Ci sono solo due futuri nel testo della canzone: innalzeremo al vento bandiere rosse e nere e noi la farem vendetta. Entrambi richiamano alla mente un’altra parola scomparsa dal discorso politico: rivoluzione. Il futuro visto dal figlio è un futuro in cui il mondo non sarà più quello di adesso, un mondo in cui gli sfruttati faranno vendetta dei torti subiti. Questo futuro – che era già futuro quando madre e figlio ascoltavano la canzone – è futuro ancora oggi. La vendetta, la rivoluzione, sono rimandate sine die. Anzi, non è esatto dire rimandate. In realtà sono tramandate: il figlio tramanda queste parole antiche a sua figlia, le consegna a un futuro ulteriore.

Al termine di questa riflessione, il lettore attento (oh, quanto è attento, il lettore!) si ricorda che questa controversia fra passato e futuro, fra un mondo scomparso e uno che ancora non si capisce bene cosa sarà, l’aveva già sentita da qualche parte. Allora torna all’inizio del libro e legge questa frase:

Allora mi è venuto da pensare una cosa che ultimamente ogni tanto mi vien da pensarla che il mondo così come l’ho conosciuto io non esiste più che al suo posto ne han messo uno nuovo.

Nel mondo vecchio c’erano i bar, il campione di Formula Uno James Hunt, le Adidas Tampico, i fascisti, i comunisti, le manifestazioni, le cariche di polizia che il 7 luglio 1960 ammazzavano cinque persone a Reggio Emilia durante una manifestazione indetta dai sindacati contro il governo Tambroni, governo in carica grazie ai voti dei fascisti. Le ammazzavano sparando con calma, prendendo bene la mira. Nel mondo nuovo c’è uno che non vuole dimenticare queste cose, perché ricordarle, raccontarle oggi con le parole di ieri – quelle parole che oggi non si usano più – è un modo per farne vendetta, che poi vuol dire renderle presenti, farle accadere ancora una volta qui e ora, perché non è facendo finta che il passato non sia mai esistito che si può costruire il futuro, che nel libro – attento, lettore! – è la figlia Irma.

Allora, vendetta, quando uno vi fa qualche cosa che vi fa molto male, ma molto, voi vedrete la prima reazione lo vorreste punire, però il problema che si presenta come lo volete punire, lo volete ammazzare? Gli volete sparare? Lo volete massacrare? Gli volete spaccare le gambe? Gli volete dare un fracco di botte? Lo volete esiliare? Qual è la punizione migliore? vi chiederete te e i tuoi coetanei tra poco quando sarete di fronte al problema. Ecco, io lo so, qual è la punizione migliore, mi sembra. La punizione migliore è guardarlo e pensare La tua punizione, è essere quello che sei. Hai capito? le ho chiesto all’Irma.

Insomma, alla fin fine poi, pensandoci bene, volevo solo dire che Noi la farem vendetta è un gran bel libro.

9 Responses to “Paolo Nori, Noi la farem vendetta”

  1. michele says:

    Non comprerò questo libro…. e sono due. Per due motivi, primo perchè ultimamente ho speso un mucchio di soldi a comprar libri vecchi e nuovi e mia moglie inizia a lamentarsi della mia (pare) irresponsabilità. Secondo perchè mia moglie ha sempre ragione. (forse tra due ore in una asta negli stati uniti, riuscirò a comprare la prima edizione di Allegria… di Ungaretti)

  2. Qualche anno fa scrissi “Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibile”.

    Ne devono passare di generazioni perché si possa cambiare le cose!
    Non dico di essermi rassegnato, ma sfiduciato sì.

    Bart

  3. letturalenta says:

    Michele, tua moglie ha ragione.

    Bart, secondo me il problema è che le cose cambiano, e anche in fretta, ma in direzioni e modi del tutto indipendenti dalla nostra volontà di cambiarle.

  4. Secondo me non è un gran bel libro, però sicuramente è uno dei libri che devo rileggere al più presto.

  5. letturalenta says:

    Lo rileggerai tenendo in adeguata considerazione il mio *imprescindibile* contributo critico? :-)

  6. letturalenta says:

    ah be’, volevo ben dire!

  7. viviana says:

    e’ uno dei libri più belli che io abbia letto negli ultimi 10 anni. e leggo molto…
    grazie a te per averne parlato e grazie a paolo nori per averlo scritto.
    ps: quando ero piccola i miei mi portavano in “manifestazione” e le canzoni sui morti di reggio emilia le cantavo mentre andavo a scuola. solo non sapevo cosa volevano dire. sentivo che erano da grandi.

  8. Carla says:

    Un libro interessante, importante e bello da leggere. Grazie a Paolo Nori per averlo scritto.

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