Dello scrivere Pizzuto

DELLO SCRIVERE PIZZUTO. Alla ricerca delle radici
di Felice Paniconi

Panormitano, siculo della Magna Grecia. Mediterraneo, solare, abituato al bianco delle case e a scrutare il mare avendo i piedi fermi sulla terra. A Pizzuto, da generazioni di voci o meglio di scritti, le parole sono giunte portando la loro storia tramite Omero, Alceo, Saffo, Virgilio, Petrarca…

Parole corrose a forza di raccontare e raccontarsi, che nel tempo hanno perduto valore, snaturandosi: pietre nei ruscelli di montagna, ormai arrotondate e dimentiche della primitiva forma, a forza di correre, rotolarsi, cozzare, seguire la corrente. Al contrario di molti scrittori (“e mi domando, tirando i remi nella barca, se non sarebbe stato meglio, invece che un’ardua elaborazione di modi miei personali, seguire quelli in uso, scrivere sulla falsariga offertami da tanti e ben migliori, maggiori artisti, prendendoli a modello…”), Pizzuto non volle usare quelle parole, quei vestiti logori e desueti.

I nostri “migliori” scrittori di solito lavorano sui sinonimi, si accontentano di artifizî retorici scontati, non si preoccupano delle pietre troppo consumate, tutt’al più cercano di adattarne due al posto di una per fabbricare un significato. Il nostro autore disdegna le pietre consumate del ruscello, non sa che farsene o forse con Omero,va alla sorgente , all’Indo-europeo e, se non trova le pietre-parole nuove, le forgia. Così Pizzuto è poeta nel senso greco del termine, di forgiare, creare, fare, battere a caldo le lettere sull’incudine per avere nuovi termini. Egli stesso dice, quasi con vanto, di amare l’apax: lamprà, giuliettislazuli, bressico, zelida. Le parole che Pizzuto crea, trova e porta da lontano sono parole tra loro distanti, che si cercano da secoli, nomi che nel testo si trovano e, dandosi la mano, formano il ritmo e si sposano non per generare parole ma per essere. Parole che odiano i verbi e li accettano solo all’infinito, cioè distesi, fusi, quasi nomi o participî tesi come archi.

Se da giovane il nostro autore è andato alle fonti dell’Indoeuropeo, in seguito non si dissetò più con quell’acqua o, per restare nel nostro discorso, con quelle pietre. E allora è partito solo, la fisiognomica ci potrà aiutare, solo con la sua testa-sputnik e per oblò il suo occhio. È partito per le galassie, per sentire, lui sordastro parole nuove, parole e musiche di altri spazî, di altri pianeti. Egli ha sentito la voce, le parole della terra e degli altri corpi celesti, i suoni profondissimi dell’armonia della spazio. Pizzuto stesso scrive: “ cieli altissimi retrocedenti lumaca…”, dove lumaca è sia la velocità (la velocità dello sputnik-Pizzuto, che lumaca al cospetto della velocità altissima dei pianeti, dei satelliti e delle comete), sia la navicella spaziale.

E quella musica, per i suoni, quei nomi ha messo sulla pagina con avidità e impazienza di non poter dire tutto; alla fine, impossibilitato dettava a sua figlia Maria, perché dentro, nella sua testa grande e candida, c’era tutto e questo tutto voleva partecipare agli uomini. E sono Ultime e Penultime, Giunte e virgole, Spegnere le caldaie, lasse , pagelle, materiale radioattivo che solo lettori attenti sanno leggere, lettori che comprendono e cercano questo volo.

Pizzuto, ancor giovane, ha elaborato una propria poetica, le sue rinunzie e il proposito. Egli dice di abolire dai suoi scritti ogni sorta di contenuto di storia e di psicologismo, allora tanto in voga. Egli già sa che le sue storie saranno solo storie di parole, e di ogni parola la sua intima vita. Le lettere bisogna batterle a dovere e a caldo formando termini e periodi non per raccontare, ma per narrare, per realizzare una nuova espressione artistica, un nuovo romanzo. Il problema è che il lettore deve somigliare all’autore, deve essere acuto, cuneo per entrare nel testo ed aprirsi il varco tra le parole e nella parola stessa per dipanarla, per farsene raccontare la storia. Per questo, forse, i lettori di Antonio Pizzuto sono pochi, perché si impone subito una selezione: per leggere Pizzuto bisogna essere alti, pizzuti, Pizzuto.

One Response to “Dello scrivere Pizzuto”

  1. michele insogna says:

    Se si potesse capovolgere quanto affermato qui, da F. P. forse si riuscirebbe a comprendere Antonio Pizzuto. “cieli altissimi retrocedenti lumaca”.

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