Variazioni sul gatto [4]

Catwoman, tratto da www.inkworkscards.comLegenda: E=erostratos; L=letturalenta.. Tutte le variazioni sul gatto

18 gennaio (E a L)
no, ma che manda… trattasi di brogliacci atomizzati e indivulgabili, la cui gran parte è costituita da glosse, appunti e note di servizio; enfi di postit; irti di frecce policrome a pennarello come altrettanti sansebastiani.
beh, ma altrimenti dove starebbe il conflitto? son mica di quelli che ci hanno tutta una comédie humaine dentro il cassetto! io nel cassetto, come si suol dire, tengo solo le mutande. :-)

ma poi è ironico che scrivere rimi con vivere, dài. platone non me ne vorrà se dico allora che narrare è un po’ crepare. :)
non è che l’io poetico sia diverso dall’io sociale: è addirittura un non-io. cioè, è sempre l’io, ma nel suo darsi unicamente come vuoto e perdita di sé. blanchot ci ha costruito una carriera su ‘sta cosa, e aveva ragione.

18 gennaio (L a E)
Senti, seriamente, capisco la ritrosia a far commercio dei propri parti letterari, tanto che tu sei la terza persona a cui mando il “De te fabula narratur”, che peraltro non tocco da più di un anno. (la pubblicazione sul blog non c’entra, è una cosa diversa).

Capisco, dicevo, e non vorrei metterti in imbarazzo insistendo, però ci terrei proprio a leggere qualcosa di tuo. Almeno un racconto, dài, non farti pregare. Trascrivi anche i postit in Word e manda, no? :-)

Quanto al “narrare è un po’ crepare”, Platone non saprei, ma io non te ne voglio di sicuro. Anzi, me la segno!

19 gennaio (E a L)
nessuna ritrosia, luca, ma anche nessun parto. forse non mi sono espresso bene: io non ho mai detto che “scrivo”. ho solo dei fantasmi letterari che mi visitano e che ogni tanto mi capita di elaborare e di annotare in modo assolutamente frammentario e disorganico, non avendo trovato al momento un sistema più efficace per sbarazzarmene. tutto qui. se disponessi di un’alternativa (à la rimbaud) non scriverei affatto, visto che a me, fondamentalmente, scrivere non piace.
può darsi che un giorno i ‘progetti’ narrativi attraverso cui cerco di imporre un cordone sanitario (sì, più o meno) a tali fantasie trovino anche una forma compiuta, ma non posso garantirlo. tutto ciò che posso fare è cercare di lavorarci quando ho tempo e voglia, e in generale per quanto mi riesce.

platone è quello del “filosofare è imparare a morire”, poi ripreso da montaigne. ma si attaglia benissimo anche alla letteratura, in effetti.

20 gennaio (L a E)
Guarda, ho riletto quel che avevi scritto e ho visto la luce: non è che non ti sei espresso bene, è che io non ho capito un cazzo, ma è normale :-)

Ognuno di noi, credo, ha una sua idea della scrittura – intesa come il procedimento meccanico che consente di dare una forma grafica al caos di pensieri, intuizioni e altre simili fonti di ansia che affollano la mente. E tendiamo ad applicare la nostra rappresentazione parziale dello scrivere allo scrivere di tutti. Da qui il fraintendimento.

Dici che forse un giorno le tue fantasie troveranno una forma compiuta. Sai, il problema, almeno il mio, è capire quando è compiuta davvero, la forma. Forse lo è quando sembra che il testo dica proprio quello che volevo dire, ma il punto è: cosa volevo dire? :-)

Non so se riesco a spiegarmi, ma la scrittura ha un effetto devastante sulle intenzioni e sui significati. Man mano che i pensieri passano sulla carta (o sul monitor) si trasformano, non sono più loro, ne suggeriscono altri, e allora parto per la tangente, perdo di vista il punto di arrivo e va a finire che “dico” tutt’altra cosa da quella che avevo in mente. E allora come faccio a sapere se la “cosa” che ho scritto è compiuta?

22 gennaio (E a L)
lo sai, io sono del parere che se scrivi esattamente il libro che volevi scrivere, puoi star sicuro di aver fallito. sarebbe solo un esercizio di retorica enigmistica, fatto per essere ripercorso al contrario e in pratica *risolto* in sede di lettura: tu pensi s. tommaso e codifichi l’aquinate; io leggo l’aquinate e decodifico s. tommaso. dopodiché, non si capisce per quale ragione, dovremmo essere felici e contenti come due beoti.
ecco, se trasponi il tutto dal piano della singola figura a quello delle strutture generali, ottieni un romanzo di umberto eco. :)

e invece il seme del valore letterario non può che germogliare da un refuso (lapsus) proprio in fase di codifica, cioè nell’atto fisico della scrittura.
faccio un esempio: monsignor della casa intende certo fornire col galateo un manuale di buone maniere. ma poi, nella stesura, si producono inavvertitamente una serie di slittamenti linguistici che consentono a un esegeta sagace e *proiettivo* (qual è nella fattispecie il manga) di leggerlo come il tetro, malinconico breviario di uno psicopompo; opera che non prelude a un accorto inserimento nella vita sociale, ma a un congedo tormentoso dalla vita tout court.
e stiamo parlando di un trattato, che potrebbe forse *reggere* anche senza quegli slittamenti. ma un romanzo… se devo sbobbarmi 600 pagine per ricavarmi le opinioni dell’autore sulla borghesia, ecco, gli chiederei cortesemente di farla breve e di comunicarmele per telefono. quando si dice “il dispiacere del testo”…

la “cosa” è compiuta quando arbitro fischia, direbbe boskov.
no, è chiaro che la conclusione è sostanzialmente arbitraria (appunto), e non dipende neppure dal conseguimento di un certo obiettivo formale, che potrebbe anche non verificarsi.

io direi che l’opera è compiuta quando non sai più cosa aggiungere o in che altro modo intervenire, oppure quando crollano le motivazioni interiori che ti spingevano in quella determinata direzione. magari il risultato non ti convince, ma senti che non ci metterai più mano. se invece ritieni di poterci ancora lavorare con profitto, si va avanti finché morte non sopraggiunga. ;-)

(Fine)

7 Responses to “Variazioni sul gatto [4]”

  1. Passo di qui per salutarti.
    Una corrispondenza tra te e Erostratos! Una chicca!

    Bart

  2. gabryella says:

    avanti, ancora, ve ne prego..

  3. letturalenta says:

    Ciao Bart, grazie del saluto. Chiacchierare con erostratos, sia pure per lettera elettronica, è un gran piacere (nonché una rara occasione per donare al mondo le perle che egli lascia distrattamente sul suo cammino).

    Ahimé, cara gabry, la paroletta racchiusa fra parentesi al termine di questa puntata è purtroppo inequivocabile. Il gatto è arrivato al capolinea.

    (Tuttavia, vado meditando da mesi un raccontino su un topo piccolo borghese vittima dell’illusione di saper dominare il proprio destino. Hai visto mai che gli piacciano pure i topi!)

  4. maria strofa says:

    mi associo a gabryella: potete mica fare un supplemento?

    ciao :)

  5. “Chi scrive libri lo fa soltanto perché non trova la forza di non farlo”, disse Karl Kraus. Perché non trovi almeno la forza di venirmi a trovare a Venezia, Erostratos?

  6. Gaja says:

    No! Lentore, Erostratos: si parla e si scrive in modo sublime, in più l’argomento è felino. Potrei trasferirmi in pianta stabile qui, una sorta di luna park personale!;) Non smettete! baci, e complimenti. (Angelico Angelini, piuttosto: vedi di venire a Roma. Non so più come dirtelo;) We need you!):*

  7. mario says:

    novizio al blog, m’intrufolo per ringraziare. Verrò spesso a farle visita, fa bene alla salute.

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