[dtfn] XVII – Il sogno del racconto

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Ho scelto modelli grandi e inarrivabili per garantirmi un onesto e memorabile fallimento. Se imitassi quei raccontini da passeggio che spopolano nei repertori bibliografici di tutti i tempi, quelle storielle anemiche e frivole pubblicate a puntate sui feuilleton per sussurrare all’orecchio delle folle che tutto va bene e non c’è motivo di preoccuparsi, allora il mio fallimento sarebbe ben piccola cosa. Ho scelto invece di imitare le colonne portanti della letteratura, quei racconti epocali che segnano le svolte dell’umanità e delle idee, quelli che gridano a popoli ancora in formazione che il mondo non va bene così com’è, e che è tempo di rimboccarsi le maniche per rivoltarlo da sotto in su.

Grazie ai miei modelli eccelsi potrò godere di un fallimento grandioso, il cui clamore si propagherà nei secoli a venire. Godrò del piacere sottile di sopravvivere a tutti quelli che non mi hanno amato mentre ero in mezzo a loro, e con l’occhio imperturbabile del saggio osserverò la polvere accumularsi su di me penetrandomi fin nei risguardi, fino al giorno in cui un timido accademico, giovane e con curiosi occhialetti rotondi, si presenterà a un convegno di studi sulla letteratura degli ultimi due secoli, stringendo tra mani un poco tremanti una copia della mia prima edizione trovata quasi per caso negli scantinati di una biblioteca. Già lo vedo avvicinarsi al leggio riservato ai relatori: sale il gradino che lo colloca al di sopra della platea e lancia uno sguardo cauto ma affilato alla moltitudine dei convenuti: decine e decine di austeri dottori in lettere moderne. Inizia il suo intervento con voce malferma, suscitando qualche brusìo di disapprovazione fra il pubblico, ma con il passare dei minuti si fa coraggio, e parla con sempre maggiore sicurezza. La platea si tace. Ora occhi seri ed innegabilmente affascinati si fissano su di lui, mentre il suo discorso si fa via via più animato e deciso.

Ecco il punto di svolta egregi signori, dice, ecco il racconto che ha segnato il passaggio definitivo dal romanzo pseudo-naturalistico della fine del secolo ventesimo al neo-rinascimento del ventunesimo. Ecco l’opera che ha riportato il lettore al centro del discorso letterario, eliminando definitivamente ogni possibilità di attribuzione autoriale. E se la fine di quel secolo ha potuto vedere la nascita del Liber librorum – il magnifico romanzo mistilingue che noi tutti oggi celebriamo come vertice assoluto della letteratura mondiale di tutti i tempi – lo dobbiamo in larga misura a questo libro che stringo fra le mani, il primo che ha voluto e saputo liberarsi in un colpo solo del naturalismo, dello psicologismo, del realismo, di ogni pretesa didascalica e filosofica, di qualsivoglia traccia di autorevolezza. Se oggi possiamo leggere racconti che noi stessi produciamo con la nostra vita e i nostri miti, senza intermediazioni artificiose, non possiamo non ringraziare questo, che ha scelto di scriversi piuttosto che di essere scritto, e di farsi raccontare storie piuttosto che di raccontarle.

Il mio timido mèntore si è infervorato. Gli occhiali gli si stanno appannando, e lui li strappa via con un gesto imperioso e li agita a guisa di stocco contro l’attonita platea, ora suggestionata dal suo sguardo magnetico di miope. Ormai parla a braccio, senza nemmeno consultare gli appunti, che peraltro gli apparirebbero come un informe conglomerato di segni illeggibili. La sua voce si arricchisce di un riverbero da valente oratore mentre consuma un grande atto d’amore per la letteratura. Poi d’improvviso si placa, lasciando per un attimo il pubblico in speranzosa attesa: sette secondi in cui si sente soltanto il ronzio dei microfoni. Si avvia pacatamente alla conclusione.

Oggi, riprende, la letteratura è di nuovo parte integrante della nostra vita, dopo che l’abbiamo perduta per un tempo lunghissimo, e io credo che alla base di questo rinnovamento ci sia un racconto che nel capitolo quinto disse: Gli uomini vivono raccontando e i racconti vivono leggendo gli uomini. Questo rapporto clandestino genera letteratura e umanità.

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Be’, ora sai anche tu che ai racconti piace sognare, e che se vivono leggendo uomini, sognano sognando letteratura.

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