[dtfn] XXIV – Novella terza, La morte dell’Autore [5]

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/V
Dopo aver reso questo tributo di incalcolabile valore alla memoria di colui che dopotutto aveva accettato di ricevere uno sconosciuto laureando privo di raccomandazioni per aiutarlo a concludere dignitosamente il suo corso di studi, tolsi la macchina digitale dal mio zainetto e fotografai lo schema del romanzo, poi tornai in biblioteca per dedicarmi alla trascrizione dell’ultima fatica dell’Autore, il suo testamento letterario affatto involontario e casuale, la sua mai pianificata Opera 40, che decisi di destinare alla sempiterna gloria dei capolavori mai scritti.

Dal lucernario che si apriva sulla campata sudovest del tetto pioveva una luce pomeridiana, distribuita nella stanza in modo tutt’altro che democratico, con grande vantaggio della parete sulla sinistra di chi entrava provenendo dallo studio, tanto che la massa cunimorfa che giaceva sul lato opposto passava in secondo piano rispetto a una porzione rilevante della libreria e al tavolo di consultazione, sul quale brillavano in piena luce alcuni libri ben allineati ed equidistanziati, i bordi inferiori collimati al lato lungo del tavolo. La dominante lignea dell’arredamento e l’immobilità dell’insieme, fatta eccezione per la luce che impercettibilmente digradava, conferivano alla scena l’aspetto di un dipinto antico, turbato appena dall’abbigliamento tardo novecentesco dell’illustre trapassato.

Scattai diverse fotografie dell’opera che stavo per consegnare al meritato riposo della dimenticanza, poi sostituii la scheda di memoria della macchina con quella di riserva, e con un pezzo di pellicola adesiva fissai il prezioso documento storico all’interno della cintura dei calzoni. Dopo aver realizzato la copia della componente scenica o pittorica o drammatica che dir si voglia dell’opera, mi dedicai alla copia della parte testuale, racchiusa nei libri meticolosamente allineati sul tavolo, ciascuno dotato di un invitante segnalibro. Li aprii uno a uno nell’ordine in cui erano stati disposti e in ciascuno trovai una frase sottolineata, che trascrissi su un mio quaderno, unitamente al titolo del libro, avendo cura di spezzare ogni blocco di testo in almeno due pagine diverse, in modo tale che un occhio estraneo non avrebbe avuto gioco facile a distinguerlo dagli appunti preesistenti. Riassemblando le frasi nel loro ordine sarebbe apparso il componimento che riporto fedelmente qui:

La vera felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario. Minima Moralia, pagina trentanove.

Mai, di fronte a un’opera d’arte o a una forma artistica, si rivela fecondo per la sua conoscenza il riguardo a chi la riceve. Angelus novus, pagina trentanove.

Viviamo, poiché non se ne può fare a meno. E facciamo magari della letteratura. Esame di coscienza di un letterato, pagina trentanove.

Si tratta insomma di libri, non di vita. Passiamo oltre. Commento alla vita di Don Chisciotte, pagina trentanove.

Così, adesso ch’io so più cose, mi scopro più ignorante ch’io non era stamani. Io veniva pien d’angoscia a rimirarti, pagina trentanove.

Per ripetersi occorre essere privi di pudore, di intelligenza, di gusto. Il sipario, pagina trentanove.

Mi sveglia un grido ripetuto Raccolta dischetti, raccolta dischetti, raccolta dischetti. Ente nazionale della cinematografia popolare, pagina trentanove.

Le metafore sono ingannevoli. Contro l’interpretazione, pagina trentanove.

Stavo per riporre il quaderno nello zaino quando mi resi conto che alla mia fedele riproduzione dell’Opera 40 mancava il libro ancora stretto nella mano sinistra del cadavere. Il precipitare degli eventi non aveva lasciato all’Autore il tempo di sottolinearlo, ma il pollice autoriale lo teneva semiaperto nel punto corrispondente alle pagine trentotto e trentanove. Esitai un momento. Si trattava di decidere se quel libro aveva contribuito alla formazione dell’opera postuma, quando a un esame più attento mi accorsi che a pagina trentanove c’era una sola frase. Dev’essere un segno del destino, pensai, e conclusi che sì, anche se l’intenzione dell’Autore su quel frammento non era inequivocabile (avrebbe potuto riporre il libro e sceglierne un altro, o considerare l’opera compiuta), esso era parte integrante del capolavoro, e ricopiai senz’altro la frase seguente nel quaderno:

Il coniglio è diventato grande. Storie naturali, pagina trentanove.

Leave a Reply