Volevo un gatto nero

Volevo un gatto nero è una delle canzoni cult della mia generazione, seconda forse solo a Quarantaquattro gatti. La cantò allo Zecchino d’Oro del 1969 una bambina di appena quattro anni.

Poi la bambina è cresciuta, come succede a molti. Come tutti avrà fatto le sue cose belle e le sue cazzate, finché un paio di giorni fa è stata arrestata con l’accusa di sfruttamento della prostituzione e spaccio di stupefacenti.

Niente lamentazioni sull’età dell’innocenza e la caduta degli dei, per carità, ma confesso che un piccolo moto di delusione l’ho provato. Topo Gigio è ancora libero, vero?

5 Responses to “Volevo un gatto nero”

  1. CalMa says:

    Certo, ma sapessi quanto tira… :)

  2. Effe says:

    poi dice che i traumi infantili (aveva avuto un gatto bianco invece di quello nero, diceva la canzone) non lasciano il segno.
    Quanto a Gigio, è topo.
    D’appartamento

  3. Ma soprattutto: poi dice che i gatti neri non portano sfortuna… :- /

  4. alessandra says:

    una punta di delusione l’ho provata anch’io. Quell’anno avevano scelto anche mia sorella, che ne aveva quattro come la bambina del gatto nero, ma poi mia madre non l’ha mandata alla selezione finale: troppo stress, disse. E meno male :-)

  5. letturalenta says:

    Forse Topo Gigio si è dato al crimine per disperazione, quando l’hanno buttato fuori dallo Zecchino per far posto a quella pantegana lessa di Geronimo Stilton.

    Alessandra, hai una mamma saggia: a parte eventuali derive penalmente rilevanti, ha evitato a tua sorella il rischio di diventare Cristina D’Avena!

    Lucio, la cosa triste è che la canzone, dichiarando ‘desiderabile’ il gatto nero, era anche uno sberleffo all’antica superstizione. Ora i poveri mici dovranno ricominciare da capo a costruirsi una reputazione.

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