Archive for January, 2008

Shoah e memoria

Tuesday, January 29th, 2008

Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, EinaudiParecchi giorni fa MMAX mi ha invitato a indicare un libro da inserire in un’ideale biblioteca della memoria, dove l’oggetto della memoria è la Shoah. Che io sia lento in tutto, anche a rispondere, ormai è cosa nota a chi ha la pazienza di seguire questo blog sonnacchioso. Questa volta, però, la causa del ritardo non è soltanto la lentezza, ma anche un’esigenza che definirei simbolica: lasciar passare il Giorno della memoria, verso il quale nutro qualche riserva.

Nel suo discorso in apertura della Giornata, il presidente Napolitano ha detto: «Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell’antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma». Il presidente mette giustamente in relazione la Shoah con ciò che la rese possibile, invita a ricordare insieme le due cose, perché per rendere efficace il mai più che tanto risuona nel Giorno della memoria occorre conoscere le cause della Shoah per poter rimuovere quelle ancora in azione.

Le celebrazioni del 27 gennaio, almeno quelle che fanno notizia, tendono invece a concentrare il ricordo sulla fase terminale dello sterminio, quella a più alto impatto emotivo, lasciando parecchio sullo sfondo gli antefatti. Si parla molto di Auschwitz e di Dachau, di Fossoli e della Risiera di San Sabba, ma poco o nulla si dice dei meccanismi culturali e delle misure amministrative che precedettero i campi della morte.
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Viola e Paolin in libreria

Wednesday, January 23rd, 2008

Oggi esce in libreria Tana per la bambina con i capelli a ombrellone, di Monica Viola, pubblicato da Rizzoli. Dopodomani uscirà in libreria Una tragedia negata, di Demetrio Paolin, pubblicato da Il Maestrale. Il primo è un romanzo, il secondo un saggio di critica letteraria. Il trait d’union fra i due libri è il fatto che entrambi, prima di approdare in libreria, sono stati pubblicati in rete da vibrisselibri, e resteranno liberamente scaricabili qui e qui.

Come sempre accade, sono d’obbligo le congratulazioni ai due autori, ma in questo caso vanno estese alle due case editrici che hanno garantito il passaggio della scommessa di vibrisselibri dal campo delle ipotesi a quello dei fatti. La scommessa, per chi non la conoscesse, è che un libro pubblicato in rete con la formula del copyleft – previo lavoro editoriale canonico (valutazione, editing, promozione, ecc.) – può rivelarsi un buon affare per le case editrici “tradizionali” e per gli autori.

Rizzoli e Il Maestrale hanno accettato la scommessa. Ne attendiamo fiduciosi altri, per continuare a demolire con pazienza la falsa rappresentazione del copyleft come minaccia al diritto d’autore e ai bilanci delle case editrici.

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Wednesday, January 16th, 2008

“Tolleranza per tolleranza, propongo di mandare Margherita Hack a inaugurare l’anno liturgico”. (qui)

[dtfn] XXVIII – Commiato

Saturday, January 12th, 2008

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Non è più tempo di indugi, mio caro e soccorrevole compagno di strada. Le vele sono riparate, per quanto possibile, e il fasciame mi sembra adeguatamente calafatato. Per quanto sia piacevole stare qui, in questo riparo accogliente e riposante, non posso sottrarmi più oltre al mio destino di racconto errabondo e onnivoro. Mi attende un viaggio del quale ignoro tutto: potrà essere brevissimo o eterno, placido o avventuroso, dominato dalla bonaccia o dall’uragano, destinato a un approdo sicuro o alla discesa definitiva negli abissi. Sarà comunque un viaggio e sarà il mio viaggio.

Vorrei trovare parole adatte per congedarmi, ma confesso che le partenze mi mettono a disagio e mi consegnano a una penosa afasia. Se io fossi un racconto meticoloso e saggio, previdente e consapevole dei suoi doveri, impiegherei queste ultime righe ad allacciare i fili pendenti, a trarre qualche debole conclusione, a sciogliere gli ultimi nodi del mio intreccio, a rivelare le intenzioni ultime e la vera personalità dei miei personaggi, a depositare nel regesto letterario la morale della favola.

Ma tu mi conosci bene, ormai, e sai che da me non puoi aspettarti un discorso compiuto, ordinato, assertivo, prescrittivo, ma solo l’amalgama di segni e lemmi che univocamente e ineluttabilmente mi connota. Io sono le mie parole, le mie frasi, i miei accapo, i miei spazi bianchi, i miei margini e i miei segni di interpunzione. Altro non potrei essere e altro non potrei dire, se non quello che tu dici mentre ti leggo. Spero che il mio editore, se mai ce n’è stato uno, abbia rispettato le mie indicazioni, e mi abbia stampato con la metà destra delle pagine bianca, a tua disposizione. Se non l’ha fatto gli auguro di fallire sommerso dai debiti.

Devo andare, sì, lo so, eppure è così bello restare. Potrei raccontarti la mia famosa novella del mendicante che si chiamava Natale, ma non c’è più tempo, no, non c’è più tempo. Natale, si chiamava, e ha salvato la vita a una fanciulla, come nelle fiabe. Chissà quante cose importanti ho dimenticato… ma a che serve pensarci adesso, quando l’àncora è ormai staccata dal fondo, e la brezza di terra comincia a gonfiare le vele.

Mi stanno aspettando, devo andare. Racconterò la tua storia ai racconti che incrocerò, e questi la ripeteranno ad altri ancora. Non una sola parola andrà perduta. Scrivimi una dedica sul margine di una pagina che ti ha commosso, o annoiato, o irritato. La leggerò al mio ritorno, se mai tornerò. Non dimenticare: non fidarti dei falsi maestri, non fidarti di chi non sa leggerti tutto intero. Ricorda! Solo i racconti possono dirti chi sei! Ah, ecco la bocca di porto, ecco laggiù il mare aperto! Addio! Non dar retta a quel pazzo furioso che pretende di avermi scritto. Tendi l’orecchio, allunga una mano: io sono lì, io sono le parole che sono in me, io sono la fola che narra la tua storia. Io sono un racconto! – Explicit.

Il laico secondo Scurati

Thursday, January 10th, 2008

Un raro esemplare di laico materialista, tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Idra_di_LernaIn un articolo su La Stampa di qualche giorno fa, Antonio Scurati si è prodotto in un’insolita difesa della laicità sul tema dell’aborto, con prosa prodiga di slanci onirici e non avara di ambiguità, ingenuità e sprazzi di fantapolitica. Per non farla troppo lunga, glisso sulla presenza nell’articolo di una vera e propria creatura mitologica, una legge 194 che secondo l’autore «scaturì 27 anni or sono» dal «grande pronunciamento democratico del referendum»: un indizio preciso del disamore di Scurati per i dati di fatto.

C’è innanzitutto una questione di indirizzo. A chi dovrebbe ragionevolmente rivolgersi una perorazione della laicità? A tutti i cittadini, secondo me, ma non secondo Scurati. Lui si rivolge ai cattolici, con piglio professorale, per impartire loro una lezione di laicità e, già che c’è, anche una di cattolicesimo. I cattolici italiani sono a suo dire incapaci di cogliere il loro stesso ineludibile declino: «L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa». Frasi probabilmente tratte di peso da qualche discorso pubblico del papa, ma non è questo il punto.
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Michele Mari – Verderame

Monday, January 7th, 2008

Michele Mari, VerderameVerderame (Einaudi 2007, €16,50) non è la prova migliore di Michele Mari, ma va detto che dopo un capo d’opera come Tutto il ferro della torre Eiffel (2002), superarsi non dev’essere impresa da poco nemmeno per questo talentuosissimo autore. La cifra di Verderame sembra essere quella del ritorno: ritorno alla prosa, dopo la parentesi poetica di Cento poesie d’amore a Ladyhawke, e ritorno a temi e ossessioni di vecchia data, dopo la performance erudita ed enciclopedica di TIFDTE.

Con Verderame Mari riporta la sua scrittura raffinata e colta in quel campo misto di terrori infantili, fantasia e ricordi già percorso in lungo e in largo in altri libri, e soprattutto nei racconti di Tu, sanguinosa infanzia (1997), che è peraltro citato indirettamente dall’illustrazione in copertina di Karel Thole, autore di innumerevoli copertine della mitica collana Urania negli anni sessanta. Un racconto incluso in Tu, sanguinosa infanzia si intitola appunto Le copertine di Urania, racconto in cui Mari intreccia la storia editoriale della collana con i suoi ricordi di compulsatore di quei libri e in particolare delle loro copertine spaventevoli e fantastiche, da lui definite «sempre e comunque, l’iconografia dell’angoscia».
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[dtfn] XXVII – Commento terzo

Saturday, January 5th, 2008

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Immagino che tu ti sia chiesto come mai io non abbia ancora commentato il mio ventiquattresimo capitolo, ovvero novella terza, ovvero La morte dell’autore. Semplice: non l’ho fatto perché il capitolo ventitreesimo, intitolato Letteratura e vita, è di fatto un commento ante-litteram a quella novella. Son cose che succedono nei racconti, specialmente in quelli di genere erratico e inconcludente come me.

Potresti facilmente verificare tu stesso l’assoluta sincerità di codesta mia affermazione andando ora a rileggere la suddetta novella, proseguendo poi nella lettura del succitato capitolo. È però mio dovere avvisarti che, qualora tu decidessi di procedere alla verifica, cadrebbe uno dei pilastri – e forse il più importante – che sorreggono la nostra amichevole conversazione, nonché buona parte della storia della letteratura: nel tempo che tu dedicheresti a ripercorrere quelle pagine, non sarei più io a leggerti, ma tu a leggere me.

Le conseguenze di questa alterazione gravissima dei termini del nostro rapporto sarebbero drammatiche: in quel momento tu non saresti più oggetto del racconto – come il mio titolo spiega – ma semplice lettore e, che le muse te ne scampino, correresti seriamente il rischio di tramutarti in recensore.
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Monsieur le President

Friday, January 4th, 2008

Disse Dario Franceschini, vicesegretario del Partito Democris…, ehm, Democratico:

L’Italia può diventare uno dei paesi vincenti nella globalizzazione se saprà far fruttare i suoi innumerevoli talenti. Naturalmente ha bisogno di un sistema istituzionale che sia veloce come quello degli altri paesi che competono con noi. L’opposto di ciò che noi trasmettiamo adesso, cioè lentezza. Un sistema in cui è quasi tutto bloccato, in cui ci vogliono due anni per una decisione che un altro paese adotta in tre mesi.

Questa frase è un inno alla visione aziendalista dello politica che fino a pochi anni fa era appannaggio esclusivo di Berlusconi, che almeno ha l’attenuante di sostenerla in continuità con il suo retroterra da piazzista di sceneggiati TV: il mondo trasformato in un gigantesco mercato in cui l’Italia SpA entra in competizione con altri Stati SpA per conquistare posizioni dominanti. Partendo da questa impostazione, è naturale concludere che lo scopo principale dello Stato è stare sul mercato e che per farlo servono amministratori delegati con le palle, capaci di prendere rapidamente le decisioni giuste: perché perdere tempo ad ascoltare pareri diversi, mediare interessi contrastanti, risolvere conflitti? Meglio decidere presto e bene, altrimenti si rischia di avvantaggiare la concorrenza, che diamine!

E quindi via a proporre il “modello presidenzialista alla francese”, che non solo sembra un slogan per capi d’abbigliamento, ma è anche del tutto inapplicabile in Italia. E non tanto per questioni eminentemente politiche o istituzionali, quanto per una banale mancanza di materia prima. Chi ci mettiamo, in Italia, a fare i Presidente Decisionista? Ci mettiamo Veltroni, gran conciliatore di cavoli e merende, oppure Berlusconi, esperto negoziatore di attrici in cambio di senatori? Fini, perennemente in bilico fra la carota al popolo e il bastone agli extracomunitari, o Bertinotti, che ancora non ha deciso se era meglio Stalin o Gandhi? Potremmo eleggere Casini, va’, così convinto del valore supremo della famiglia da farsene un paio, o magari Bossi, che tra la secessione del Nord e la pensione da parlamentare non è mica facile scegliere, neh!

Ma cosa vuoi mai che decidano questi qui? Piuttosto la Binetti, che almeno per prendere le sue decisioni andrebbe a colpo sicuro: una bella telefonata al cardinal Ruini e via. Vuoi mettere l’efficienza e la rapidità? Guarda, Franceschini, meglio lasciar perdere, da’ retta. Teniamoci il nostro bel sistema parlamentare all’italiana, che sarà anche lento, ma almeno fa ridere.

Jonathan Littell – Le benevole

Thursday, January 3rd, 2008

MachiavelliEbbene sì, l’ho fatto: ho letto Le benevole di Jonathan Littell, enorme supercorallo Einaudi dal prezzo tutt’altro che invitante di euro 24. Trama e informazioni bibliografiche al link sopraindicato.

L’indice di questo balenone verbale dichiara senza mezzi termini precise ambizioni musicali: Toccata, Allemanda I e II, Corrente, Sarabanda, Minuetto (in rondò), Aria, Giga. Sono tutti rimandi vezzosi alla musica barocca, peraltro citata spesso nel testo (Bach, Rameau, Couperin). Tuttavia il mastodonte di Jonathan Littell di musicale non offre granché. Da un testo in qualche modo imparentato con la musica il lettore si aspetterebbe, che so, alternanza di voci e stili, coralità, variazioni su temi ricorrenti. Invece no. Littell procede nella narrazione con piglio che definirei annalistico, piatto e monocorde, più adatto a un manuale di storia che a un romanzo o altra fattispecie letteraria.

Stile a parte, Littell non sembra comunque avere la stoffa del romanziere epico o storico: centinaia di pagine spese a dar conto di fatti, descrivere ambienti, tratteggiare profili psicologici, non riescono a restituire un quadro organico dell’epoca, e il protagonista Maximilien Aue – un ufficiale delle SS leggermente fantascientifico – non ce la fa ad assurgere a metafora di quegli uomini in generale che secondo il saggio uomo del sottosuolo di Dostoevskij non esistono, ma che anche Aue, al pari ogni personaggio letterario, ambisce a rappresentare, e fin dall’incipit:
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2008

Wednesday, January 2nd, 2008

Intanto buon anno, e che sia buono per davvero.

Poi, per iniziare bene, inizio con un link: tutto quello che avremmo dovuto sapere su Tommaso Campanella. Se al liceo si insegnasse storia della filosofia come la insegna Ipazia sul suo blog, gli studenti non vedrebbero l’ora che arrivi quell’ora lì.