Il laico secondo Scurati

Un raro esemplare di laico materialista, tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Idra_di_LernaIn un articolo su La Stampa di qualche giorno fa, Antonio Scurati si è prodotto in un’insolita difesa della laicità sul tema dell’aborto, con prosa prodiga di slanci onirici e non avara di ambiguità, ingenuità e sprazzi di fantapolitica. Per non farla troppo lunga, glisso sulla presenza nell’articolo di una vera e propria creatura mitologica, una legge 194 che secondo l’autore «scaturì 27 anni or sono» dal «grande pronunciamento democratico del referendum»: un indizio preciso del disamore di Scurati per i dati di fatto.

C’è innanzitutto una questione di indirizzo. A chi dovrebbe ragionevolmente rivolgersi una perorazione della laicità? A tutti i cittadini, secondo me, ma non secondo Scurati. Lui si rivolge ai cattolici, con piglio professorale, per impartire loro una lezione di laicità e, già che c’è, anche una di cattolicesimo. I cattolici italiani sono a suo dire incapaci di cogliere il loro stesso ineludibile declino: «L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa». Frasi probabilmente tratte di peso da qualche discorso pubblico del papa, ma non è questo il punto.

Supponiamo per assurdo che il papa sia male informato, che le chiese in realtà trabocchino di fedeli e i seminari patiscano gravi problemi di sovraffollamento: cosa cambierebbe da un punto di vista laico? Cambierebbe il diritto delle donne a decidere liberamente che fare in caso di gravidanza? Cambierebbe la necessità di garantire loro informazione e assistenza medica adeguate? Che c’entra lo stato di salute del cattolicesimo con la legislazione sull’aborto?

Nell’additare ai cattolici il loro destino di sicura sconfitta, Scurati si autoconvince che l’Italia sia già un paese tutto “laico e materialista” e tende ai vinti la mano conciliante del trionfatore: «questi cattolici in preda al panico vanno rassicurati: la morale cattolica non è l’unica morale, la civilizzazione umana non cessa con il tramonto dell’egemonia culturale del cattolicesimo, la visione del mondo laica e materialista porta con sé un nuovo umanesimo». No, dico, ve li vedete il papa e il cardinal Ruini, sconfitti e impanicati, accogliere con gratitudine codesta magnanimità del vincitor? Non so se Scurati se n’è accorto, ma le alte gerarchie vaticane in tema di aborto si muovono da trent’anni in salda e serena comunione di intenti con le proposte più retrive, come quella di moratoria lanciata da Ferrara, fregandosene allegramente di qualsivoglia morale laica, materialista o umanistica che sia, mietendo applausi da tutti i settori degli emicicli parlamentari. Tutto sembrano, fuorché in preda al panico.

Fin qui la lezione di cattolicesimo, ma è quando passa a quella di laicità che Scurati mostra più chiaramente di preferire l’immaginazione all’osservazione della realtà. Tanto da creare un vero e proprio personaggio di fantasia – il laico materialista – che specialmente in tema di aborto è un tipo decisamente stravagante: «invece di divinare la vita in una macchia di gelatina fetale, il laico materialista si affannerà ad aprire asili cui le madri lavoratrici possano affidare i loro bambini». Nobile affanno, certo, e lodevole (anche se non sono sicuro che la mancanza di asili nido sia in cima alla classifica delle motivazioni che accompagnano la scelta di abortire), ma la generosità del laico materialista non può certo limitarsi a questi dettagli pratici.

Infatti, forse anche per tirare un po’ il fiato dopo l’affanno degli asili, egli «si chiederà come vivranno i bambini non voluti, non amati, i bambini deformi e malati fin dalla nascita, come vivranno miliardi di uomini messi al mondo in condizioni miserabili e in assenza di metodi anticoncenzionali». E perché mai dovrebbe chiederselo? – pensa il laico senza aggettivi. Forse, ipotizza, perché lui sa che la legalizzazione dell’aborto serve in realtà a decretare quali vite sono degne di essere vissute e quali no. E io che credevo servisse, che so, a combattere l’aborto clandestino o a tutelare la salute delle donne, pensa te quanto sono ingenuo!

Al termine della lezione – sgominati nella sua testa gli atei devoti e altri ossimori – il fantasioso paladino tira le fila del discorso: «Il sì alla vita del laico materialista benedirà la creatura in carne e ossa, anche a costo di dire di no al brivido misticheggiante per ciò che rimarrà increato», frase che rivela un’insospettata vena omiletica e benedicente non priva peraltro di una sfumatura macabra: «La carne, le ossa, le lacrime, il sangue sono l’unica cosa che ci riguarda in quanto cittadini membri di una comunità politica». Sarà, ma sono propenso a credere che i cittadini, specialmente quando è in gioco la salute, preferiscano affidare carne e ossa ai medici, più che al pittoresco laico materialista di Scurati, e affidare alla politica altri temi, come i diritti, i bisogni, gli interessi.

Dopo aver letto la perorazione scuratesca, come maestro di laicità scelgo senza esitazioni Giuseppe Alberigo, un cattolico che quando il solito Ruini si mise a dare direttive di voto ai parlamentari cattolici sui Dico, gli rispose così: «è indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti è obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo Stato laico per tutti i cittadini».

E qualora vogliano, i cittadini, leggere una risposta davvero laica a Ferrara e compagnia, leggano piuttosto Massimo Adinolfi qui e qui.

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