Shoah e memoria

Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, EinaudiParecchi giorni fa MMAX mi ha invitato a indicare un libro da inserire in un’ideale biblioteca della memoria, dove l’oggetto della memoria è la Shoah. Che io sia lento in tutto, anche a rispondere, ormai è cosa nota a chi ha la pazienza di seguire questo blog sonnacchioso. Questa volta, però, la causa del ritardo non è soltanto la lentezza, ma anche un’esigenza che definirei simbolica: lasciar passare il Giorno della memoria, verso il quale nutro qualche riserva.

Nel suo discorso in apertura della Giornata, il presidente Napolitano ha detto: «Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell’antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma». Il presidente mette giustamente in relazione la Shoah con ciò che la rese possibile, invita a ricordare insieme le due cose, perché per rendere efficace il mai più che tanto risuona nel Giorno della memoria occorre conoscere le cause della Shoah per poter rimuovere quelle ancora in azione.

Le celebrazioni del 27 gennaio, almeno quelle che fanno notizia, tendono invece a concentrare il ricordo sulla fase terminale dello sterminio, quella a più alto impatto emotivo, lasciando parecchio sullo sfondo gli antefatti. Si parla molto di Auschwitz e di Dachau, di Fossoli e della Risiera di San Sabba, ma poco o nulla si dice dei meccanismi culturali e delle misure amministrative che precedettero i campi della morte.

Prima di essere fucilati in massa o deportati verso le camere a gas, gli ebrei furono schedati, discriminati, umiliati, ridotti in miseria, sradicati, ghettizzati. Questo lavoro “propedeutico” si basava a sua volta su pregiudizi antichissimi e tenaci, sfruttati dalla propaganda per qualificare gli ebrei come i peggiori nemici del popolo e dello stato. Se si ricorda Auschwitz dimenticando questi passaggi preliminari, si rischia di vedere la Shoah come un evento improvviso, inatteso, astorico, magari frutto della follia criminale di pochi e per ciò stesso non riproducibile, contraddicendo di fatto la necessità stessa della memoria: a che servirebbe gridare mai più per un evento ritenuto irripetibile?

C’è il rischio concreto di dimenticare che il percorso che portò allo sterminio degli ebrei in Europa non ha nulla di intrinsecamente non replicabile. C’è il rischio di dimenticare che i nazisti e i fascisti non inventarono quasi nulla in termini di legislazione e provvedimenti antisemiti, potendo attingere all’ampia casistica di leggi discriminatorie emanate in tutta Europa nei secoli precedenti. C’è il rischio di dimenticare che le accuse mosse agli ebrei dai loro sterminatori – da quella di deicidio a quella di asocialità, da quella del complotto internazionale a quella di avidità – circolavano da secoli quando Hitler prese il potere e che molte continuano a circolare ai giorni nostri.

C’è il rischio di perdere di vista gli antefatti, nessuno dei quali è privo di precedenti nella storia europea o segnato da un marchio di irripetibilità. Sarebbe bene estendere il mai più tipico della Giornata della memoria anche a quegli antefatti, ma per poterlo fare occorre conoscerli. Per questo credo che nell’ideale biblioteca della memoria non possa mancare il libro che ha ricostruito passo per passo il cammino storico che portò ai campi di sterminio: Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa. E ci deve essere anche quello straordinario documento storico che è il film di Claude Lanzmann, Shoah, forse l’unica opera capace di dar voce a coloro che Primo Levi definì i sommersi, quelli che non tornarono vivi dai campi di sterminio.

Claude Lanzmann, Shoah, EinaudiNel film di Lanzmann c’è una scena terribile, che forse può aiutare a capire perché ricordare solo il culmine della tragedia, rimuovendo la memoria delle cause, non può bastare.

Dal campo di Chelmno, in Polonia, dove gli ebrei venivano gassati sui camion e poi bruciati in fosse a cielo aperto, uscirono vivi soltanto due uomini. Uno di loro, Simon Srebnik, viene ripreso davanti a una chiesa, circondato da un gruppo di abitanti del posto. Alcuni di loro, testimoni oculari dei fatti, parlano. Si dicono molto felici di rivedere Simon Srebnik vivo e raccontano come procedevano le operazioni di sterminio a Chelmno. A un certo punto Lanzmann chiede perché secondo loro agli ebrei accadde quel che accadde. Una donna risponde istintivamente: «perché erano i più ricchi!», altri annuiscono. Un uomo racconta un aneddoto:

È successo a Mindjewyce, presso Varsavia
Gli ebrei di Mindjewyce sono stati radunati su una piazza
e il rabbino voleva parlare loro.
Ha chiesto a un SS: «Posso parlare loro?»
E l’altro gli ha risposto: «Sì».
Allora il rabbino ha detto che molto, molto tempo fa,
circa duemila anni,
gli ebrei hanno condannato a morte Cristo
che era del tutto innocente.
E quando l’hanno fatto,
quando l’hanno condannato a morte,
hanno gridato:
«Che il suo sangue ricada sulle nostre teste
e su quelle dei nostri figli!»
Allora il rabbino ha detto loro: «Forse è arrivato il momento
in cui quel sangue deve ricadere sulle nostre teste».

La scena si anima, le voci si sovrappongono, uomini e donne annuiscono e si confermano a vicenda. Uno dice: «Era la volontà di Dio, questo è tutto». La telecamera si sofferma sul volto di Simon Srebnik, percorso da un misto di sconcerto e di paura: le leggende antisemite che l’hanno portato a un passo dalla morte sono sopravvissute come lui, sono ancora lì, nelle voci animate e convinte di quella gente che lo circonda senza più vederlo, nei loro volti induriti da un odio antico che milioni di morti non hanno placato.

8 Responses to “Shoah e memoria”

  1. IsaZ says:

    Grazie, Luca.

  2. CalMa says:

    Anch’io grazie

  3. letturalenta says:

    Ciao Mauro, grazie a te.

  4. “È fatto divieto agli ebrei di concedere a Hitler vittorie postume”
    614ma norma del canone ebraico istituita da Emil Fackenheim, in La presenza di Dio nella storia.

    Interessante la recensione di D’Orrico a “Hitler” di Giuseppe Genna, e la risposta di Giuseppe in http://www.giugenna.com

  5. letturalenta says:

    Il presupposto teorico di Genna – considerare Hitler una non-persona, il non-essere – non mi piace granché: è proprio togliendo Hitler dal campo dell’umano che si rischia di tramutare la Shoah in un evento astorico, metafisico.

    La recensione di D’Orrico, che riporta in vita Hitler per stroncare Genna, è pura idiozia.

  6. Però molte pagine di Genna sembrano uscite di getto dalla penna di Gualberto Alvino, non trovi?:- )

  7. eliw says:

    C’era la recensione oggi (domenica) sull’Unità. PDF sul sito dei wuming:
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/antifa/hitler_unita.pdf

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