Charles Bovary ce l’aveva piccolo?

Discobolo, tratto da en.wikipedia.org/wiki/Image:Greek_statue_discus_thrower_2_century_aC.jpgDue antichi greci chiacchierano davanti al Discobolo, circa un secolo dopo la morte di Mirone:

A. Bravo questo Mirone, non trovi?
B. Bravo, sì, ma anche un po’ stronzo.
A. E perché?
B. Perché gliel’ha fatto troppo piccolo.
A. Eh?
B. Ma sì, il coso, lì, il pisello. Quasi non si vede.
A. Sì, è vero, però dovresti spiegarmi la relazione fra scolpire cazzi piccoli e essere stronzi.
B. Ma come, non cogli la subdola intenzione denigratoria dell’artista?
A. No.
B. È evidente che Mirone, facendo del discobolo un ipodotato, intendeva mettere alla berlina tutta la classe atletica comtemporanea.
A. Non ti seguo. La statua, a mio avviso, esprime un ideale di bellezza e armonia di cui anche il piccolo fallo fa parte.
B. Dici così perché sei un ingenuo e non ti accorgi che Mirone, in realtà, ha voluto ridicolizzare gli atleti del suo tempo, rappresentandoli come minidotati incapaci di prestazioni sessuali soddisfacenti.
A.

Se il dialoghetto qui sopra ti sembra paradossale, o lettore, a al pari del signor A. ritieni alquanto strambe le affermazioni del signor B., è solo perché non hai ancora letto Charles Bovary medico di campagna di Jean Améry (Bollati Boringhieri, 1992). Il quale Améry, per nostra e sua fortuna, sarà ricordato per libri ben più importanti e riusciti di questo.

Jean Améry, Charles Bovary medico di campagna, Bollati Boringhieri 1992, tratto da www.ibs.itIl libro ha indubbiamente un certo fascino letterario. Améry prosegue il romanzo di Flaubert in forma altrettanto romanzesca. Il protagonista del sequel è appunto Charles, il marito di Emma Bovary, ma è un Charles completamente diverso dall’originale, un uomo carico di una dolente dignità, non privo di intelligenza, capace di affrontare i suoi rivali in amore da pari a pari. L’esatto opposto del perfetto imbecille immortalato da Flaubert.

In questa sorta di antiromanzo Charles parla in prima persona, lamentando i torti subiti dal truce Gustave e rivendicando la propria dignità umana e sociale. Nel bel mezzo del racconto Améry inserisce una lunga digressione saggistica in cui prende la parola in difesa del personaggio, contro la protervia dell’autore. La tesi di Améry, in breve, è che Flaubert abbia privato Charles della dignità che gli spettava, al solo scopo di denigrare in lui tutta la piccola borghesia, che il romanziere evidentemente disprezzava dall’alto di una posizione sociale più elevata.

Ora, vieni ben qui Améry, ma ti sembrano discorsi da fare? No, dico io, ti pare che noi lettori di romanzi, racconti, poemi o altri accidenti letterari possiamo metterci a sindacare le scelte narrative depositate una volta per tutte nei testi? E con che diritto potremmo mai farlo? Va bene che il lettore è libero di interpretare, ovvero di dare a un testo letterario il significato che vuole, ma non è certo libero di stravolgerlo a suo piacimento.

Charles Bovary è un perfetto imbecille perché lo esige la storia raccontata nel romanzo, principio essenziale che Améry non prende in considerazione nemmeno di striscio. E non si accorge che fare di Charles un uomo arguto, elegante, brillante in società e coraggioso paladino dei suoi diritti coniugali, equivale a scrivere un altro libro, che è un’operazione senza senso.

Sai gli sfracelli che si farebbero, a seguire Améry su questa strada? Ci ritroveremmo con i classici di ogni arte stravolti secondo le esigenze politiche o estetiche del fruitore di turno. Madame Bovary diventerebbe un raccontino edificante, la storia di un marito modello e di una moglie fedele che vivono felici e contenti. A quel punto perché non fare del Don Chisciotte un cavaliere della tavola rotonda, perché non dipingere la Gioconda di profilo, perché non scolpire il Discobolo con un uccello enorme? Sarebbe esattamente la stessa cosa.

5 Responses to “Charles Bovary ce l’aveva piccolo?”

  1. Il più bel titolo di post che io abbia mai letto!

  2. linnio says:

    Caro luca,
    e se il buon charles non fosse altro che un uomo innamorato ? Quella che tu chiami ‘stupidità’ non è forse una forma di amor fou, in virtù della quale ogni gesto dell’essere amato acquista una valenza ed un significato( inaccessibile agli altri) e che l’innamorato/a declina in un alfabeto tutto suo, privato ed incomprensibile al prossimo? in proust (non mi ricordo di chi stesse parlando l’autore della recherche, forse proprio di swann) c’è la frase: “cessò di essere folle. cominciò ad essere stupido”. ecco, charles è uno che preferirei considerare nella categoria dei ‘folli’, più o meno puri, afflitto da quella demenza salvifica ( perchè è uno di quei momenti in cui la vita ci travolge e ci smaga) che ci invade quando siamo innamorati e che solo gli homais di cui è piena la terra possono considerare tout-court una forma dell’imbecillità. So per certo ( anche se ti conosco solo internettianamente) che tu non appartieni a questa categoria, tristanzuola e logora.
    ciao
    linnio

  3. letturalenta says:

    Caro Linnio, ti ringrazio molto per questa accorata difesa di ‘charbovarì’, che è anche l’unica possibile. Le cause del, diciamo, imbambolamento del personaggio sono chiaramente di natura amorosa: è così cotto di madame da perdere ogni barlume di ragionevolezza, e quando l’impietosa realtà gli si squaderna davanti, perde definitivamente il senno e la voglia di vivere.

    Quel che mi premeva sottolineare qui è che, al contrario della tua, la difesa di Améry è irricevibile, perché per essere accolta richiederebbe la riscrittura del libro. E puoi facilmente immaginare che razza di libro ne uscirebbe: una storia di cappa e spada, col prode Charles che sfida a duello i pravi attentatori del suo onore (e che magari – orrore! – vince pure).

    In ogni caso, per me l’imbecillità di marca flaubertiana è tutt’altro che disprezzabile: Flaubert sa cogliere in modo unico quel quid di idiozia che è alla base di ogni vita umana. Bouvard e Pécuchet, al pari di Charles, sono miei fratelli di sangue!

    A Pino: confessa, hai letto solo il titolo :-)

  4. linnio says:

    tutto vero.
    però scorrendo la bibliografia di Hans Mayer ( nom de plume jean amery) salta all’occhio che in fondo charbovary era, a modo suo, uno di quelli che stava dalla parte dei soccombenti, di quelli la cui vita era stata vissuta all’insegna dello scacco, dell’echec. ed è questo il dato che accomuna i vecchi, ‘colro che levano la mano su di sè’ e quelli che hanno avuto la trsite sventura di ritenere la loro levatura intellettuale una zavorra insostenibile nell’orrore concentrazionario ( i tre tempi della vita d’amery, a pensarci bene).
    Charles è una vittima, tout-court.

  5. mic. says:

    a Linnio,
    si condivido e se si potesse comprendere quanto dico… è Elpénore, è lui. Carattere sia personale che collettivo. Chissà se si riuscirà a saperne di più, tra questo Elpénore e Circe la “mediterranea” sbarcarcati, innestati malgrado loro stessi altrove….

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