8 settembre 1943

[dall’articolo Avere coraggio, di Leone Ginzburg, pubblicato su «L’Italia libera» il 15 settembre 1943. Leone Ginzburg morì il 5 febbraio 1944 per le torture subite dai nazisti nel carcere romano di Regina Coeli]

E così i tedeschi hanno potuto aggiungere il nome di Roma al lungo elenco di capitali europee dove hanno fatto il loro ingresso durante questa guerra. (…) Molte parole amare sono salite alle labbra, di quelle che il nostro popolo rivolge a se stesso senza parsimonia, quando ha qualche ragione di malcontento. Non diciamo che queste parole amare siano ingiustificate; ma è bene non fermarcisi troppo. «Non bisogna scoraggiarsi», dicevamo su questo nostro giornale, incitando alla resistenza; e lo ripetiamo oggi, a ragion veduta. Roma è senza dubbio l’ultima capitale europea dove i tedeschi siano entrati da padroni. La loro sorte è segnata. E la presa di Roma non è un successo militare, ma una piccola vincita che non riesce a restaurare le finanze di un giocatore dissestato.

(…) Il regime di transizione inaugurato il 25 luglio esce disfatto da questa esperienza. Il tentativo di conservare l’impalcatura fascista mutando solamente alcuni uomini e alcune formule si è rivelato a tutti per quel che era: un esempio di scandalosa e miope complicità morale, una prova insigne d’incapacità politica. La monarchia e il governo che hanno deliberatamente lasciato che la difesa della rinascente libertà italiana rimanesse affidata alla quinta colonna, cioè a comandanti e funzionari che tutti sapevano fascisti, sono apparsi agli italiani di ogni partito nella loro vera luce di manutengoli del fascismo e del nazismo. Oggi ci dànno finalmente ragione i moderati e i possibilisti di ieri, che predicavano la libertà a detrimento della giustizia. E forse qualcuno di loro avrà capito che tutto il passato ha da essere snidato e distrutto nelle nostre istituzioni politiche e sociali, e non soltanto l’aggettivo «fascista» sulle targhe e i frontoni dei palazzi, per far sì che l’Italia si ricongiunga di nuovo alla civiltà europea. Non sappiamo se al seguito del generale Eisenhower vedremo rientrare a Roma la dinastia spergiura e i marescialli che invece di combattere hanno seguitato a farsi la forca: certo, gli italiani che nutrono sensi di dignità e di onore non ammetteranno più che l’una o gli altri dispongano ancora dei destini della nazione o parlino in suo nome.

La presa di Roma condurrà dunque a una chiarificazione del problema istituzionale, che sarebbe stato difficile ottenere altrimenti. Ma le conseguenze dell’atto di forza tedesco contro le nostre città saranno non meno importanti su un piano generale. Si è creata, in questi primi giorni di occupazione tedesca, una profonda solidarietà tra italiani, dalla quale solo i delinquenti delle squadre d’azione e i traditori della quinta colonna si sono esclusi. (…) Dopo aver tanto parlato, durante il regime Badoglio, del modo come si dovevano trattare i fascisti e delle relative indispensabili discriminazioni, abbiamo finalmente dinanzi a noi un criterio di giudizio di sicura validità: coloro che sono con noi e contro i tedeschi in questo momento, vanno trattati da uomini, coloro che sono per i tedeschi e contro di noi, vanno invece spietatamente respinti da qualsiasi consorzio civile come adoratori delle violenze e profittatori della schiavitù.

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Questo per ricordare che l’armistizio dell’8 settembre 1943 tracciò definitivamente la linea di demarcazione fra chi combatteva per una causa giusta e chi lo faceva per la dittatura nazifascista. E anche per ricordare all’onorevole Alessandra Mussolini — una tizia che vorrebbe cambiare nome a Piazzale Loreto — che prima di invocare la pacificazione e la concordia nazionale è necessario riconoscere senza mezzi termini che il fascismo non ha meriti né eroi degni di essere ricordati.

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