Amleto

Callisto: Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quan
Mario: Mario. Mi chiamo Mario.

C. E che c’entra, scusa?
M. C’entra che se tu vuoi parlare con uno che si chiama Mario chiamandolo Orazio, c’è anche caso che Mario non ti ascolti, Callisto.

C. Va bene, riformulo. Ci sono più cose in cielo e in terra, Mario, di quante ne sogni la tua filosofia.
M. Non sono un filosofo, sono un idraulico.
C. Ah be’, ma allora dillo che non ti va mai bene niente. Quanto sei indisponente!
M. No, sono solo preciso. Se ritieni eccessiva questa mia cura dei dettagli, l’aggettivo corretto è pedante, non indisponente.

C. Prendo atto della correzione, Mario. Possiamo andare avanti?
M. Sì. Stavi dicendo, Callisto?
C. Dicevo che in cielo e in terra ci sono più cose di quante tu ne possa immaginare. Sei d’accordo?
M. Mica tanto. Fammi un esempio.
C. Ma insomma, di che esempi avrai mai bisogno? Guardati un po’ attorno no? Non vedi anche tu che

M. Alt!
C. Cosa c’è che non va adesso?

M. C’è che prima mi dici che in cielo e in terra ci sono più cose di quante io ne immagini, poi mi inviti a verificare questa tua affermazione guardando e vedendo, usando cioè il senso della vista, che è cosa affatto diversa dall’immaginazione. Semmai avresti dovuto chiedermi di immaginare cose, per poi verificare (spetta a te, infatti, l’onere della prova) se la capienza della mia immaginazione sia inferiore a quella del cielo e della terra, come tu sostieni.

C. Mario.
M. Sì?
C. Immagina cose, per favore.

M. In questo momento sto immaginando un pastore maremmano in sella a una bicicletta con le ruote quadrate. Entra in pista, parte velocissimo, cicca la biglia di Gimondi e quella di Girardengo e si ferma a meno di un palmo da entrambe. Il pastore maremmano scende dalla bici, mette in tasca le biglie conquistate e si avvia tutto contento a prendere la metropolitana.
C. Ah ah ah! Tutto qui? Per batterti mi basta citare le foglie di quella siepe d’alloro: riesci a contarle? Sono centinaia, molto più numerose delle cose che hai immaginato.

M. Sì, ma tu hai mai preso la biglia di Gimondi e quella di Girardengo in un colpo solo a ciccopalmo?
C. No.
M. Allora ho vinto io, perché ho immaginato una cosa che per tua stessa ammissione non sta né in cielo né in terra, mentre io posso immaginare le foglie di quella siepe una a una, e persino immaginarne altre che nella siepe non ci sono.

C. Sei diabolico, Mario.
M. No, sono solo preciso.

M. Callisto, quella frase di prima, quella che ci sono più cose eccetera, non la dice Amleto nell’Amleto di Shakespeare?
C. Certo, Mario.

M. E allora, se la dice Amleto, perché tu ti chiami Callisto?

6 Responses to “Amleto”

  1. va detto che un po’ cacacazzi è l’idraullico mario ma mi è piaciuto da morire!!! (rido da 5 minuti) saluti a callisto

  2. letturalenta says:

    ma no, dài, Mario non è cacacazzi, è solo preciso :-)

  3. zop says:

    ottimo esempio di maRieutica, piacerebbe anche a socrates!

  4. C’è lo zampino di “Sono l’ultimo a scendere”?

  5. letturalenta says:

    mah, se c’è è del tutto involontario. Il Mozzi ha come faro il verosimile, io no. La domanda che sorge spontanea dopo la lettura degli episodi giulieschi è “ma è successo davvero?”, mentre qui mi parrebbe più consona la domanda “e se sucedesse davvero?”.

  6. lorenzo says:

    Credo che un episodio del genere accada molto più frequentemente di quanto si possa pensare. Due modi diversi di esprimersi nella forma e nel fine non possono che generare confusione. Sono del parere però che non sia corretto misurare col righello un opera d’arte quanto altrettanto scorretto sia la ricerca “dell’essere” nella costruzione di un opera ingegneristica.
    Il messaggio di Amleto è chiaro e veritiero, soprattutto per chi fa della precisione non uno sterile virtuosismo ma uno strumento concreto.

    Cmq l’episodio è divertente :)

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