Dieci domande per un nuovo decennio

Un nuovo decennio incombe e la domanda aleggia: cosa resterà degli anni zero del ventunesimo secolo? La paura ingiustificata per il millenium bug? Il crollo delle Twin Towers? Le guerre più o meno telegeniche? Lo tsunami? Il terremoto di Bam? Quello dell’Aquila? Il boom economico di Cina e India? L’iPod? La Wii? Il primo presidente nero degli USA? Le scarpe lanciate contro Bush? Il duomo di Milano contro Berlusconi? Il global warming? La morte di Pavarotti? La sopravvivenza di Andreotti? La dipartita di Michael Jackson? I blog? I social network? Le poesie di Sandro Bondi?

Mah, boh, chi può dirlo.

Quel che resta, come tutti sanno, non dipende da ciò che è stato, ma da ciò che sarà: ricorderemo di questi anni le cose che tra dieci, venti o cent’anni i casi della vita e lo stato dell’umano genere renderanno di volta in volta degne di memoria. Porsi adesso la fatidica domanda è un esercizio non privo di stoltezza, diciamo pure un atto di demenza cosciente, un po’ come gli oroscopi.

Meglio comparare che divinare. Cinquant’anni fa, da queste parti, la simpatica specie di scimmie autocoscienti a cui appartengo era certamente messa peggio di oggi: c’era a mala pena il telefono, figuriamoci il cellulare. Non c’erano personal computer, non c’era internet e i pannelli fotovoltaici erano esperimenti spaziali. L’istruzione era un privilegio di pochi, la mentalità era chiusa e bigotta, la circolazione delle idee e delle persone era limitata.

E però dubito che il 31 dicembre 1959 qualcuno si chiedesse cosa sarebbe restato di quegli anni cinquanta. Ci si chiedeva casomai come sarebbero stati i dieci anni successivi. Domanda non meno stupida dell’altra, beninteso, ma che almeno indica un ottimismo di fondo, la voglia di guardare avanti, una discreta dose di fiducia nel futuro.

Per esempio, l’Unità del primo gennaio 1960 pubblicava dieci domande rivolte a un campione rappresentativo di cittadini sovietici. (Diversamente dalle famose dieci domande di Repubblica a Berlusconi, nella stessa pagina erano pubblicate anche le risposte, che però, va detto, han tutta l’aria di essere inventate di sana pianta). Eccole:

1) Cosa intendete con la parola comunismo?
2) Pensate che nei prossimi 10 anni avremo la pace o la guerra?
3) Cosa pensate di Stalin?
4) Cosa pensate di Krusciov?
5) Oggi in URSS si sta meglio che nel passato?
6) Pensate che l’URSS raggiunga l’America nel 1970?
7) Avete mai conosciuto americani?
8) Cosa vi manca e vorreste ottenere subito?
9) Che ne pensate della religione?
10) Che cosa intendete per cultura?

Lascio queste domande di cinquant’anni fa a tutti i lettori di passaggio assieme agli auguri di un ottimo 2010 e di sfolgoranti anni dieci.

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3 Responses to “Dieci domande per un nuovo decennio”

  1. Buon anno a te!!! che i prossimi dieci anni ti conducano a ciò che desideri veramente…. e stai bene attento a cosa desideri che poi magari si avvera ;-)

  2. Angelo Ricci says:

    C’è solo un augurio da fare: che il futuro possa essere meglio del presente e anche del passato. (Girovagando per il web ho trovato questa frase: “31/12/2009 una data che cinquant’anni fa si trovava solo nei romanzi di Asimov”). Auguri, comunque vada!

  3. Cornetta Maria says:

    Rispondo alle tre domande che mi stanno più a cuore: 1) vorrei che in Italia la meritocrazia diventasse legge. Abbiamo troppa gente che vale e resta nell’ombra a dispetto di altra che emerge senza merito alcuno.
    2) La religione è l’aspetto formale della spiritualità ma risente dell’ingerenza umana. Se la purezza delle leggi ,che dice di promuovere, corrispondesse al reale comportamento degli uomini, la perfezione sarebbe assicurata…Purtroppo i principi sono una cosa, i limiti umani , un’altra. 3) La cultura è promozione: dei rapporti con gli altri, dell’evoluzione interiore, della comprensione degli eventi, dell’empatia vera, del riconoscimento dei propri limiti, dell’equilibrio nei giudizi, dello scambio delle competenze, dell’approfondimento in generale, dell’affinamento della sensibilità…Troppe cose, perché l’abbiano tutti. Un saluto.

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