Archive for December, 2010

Buoni propositi

Friday, December 31st, 2010

A fine anno usa fare buoni propositi per l’anno venturo, un’usanza che come tutte quelle dettate dal calendario ha effetti pratici molto prossimi allo zero, cosa che me le rende assai simpatiche. Ciò nonostante, e dopo aver vagliato a lungo e con cura il mio ruolo attuale nella grande commedia umana, posso concludere, non senza gioia, di non avere un buon proposito che è uno per l’anno nuovo, se non quello un po’ capzioso di continuare a non avere buoni propositi per molti anni ancora.

Cosa che, va da sé, non equivale a non avere speranze, desideri o illusioni più o meno consapevoli. Come tutti i bipedi miei consimili, infatti, subisco il fascino del non ancora accaduto, del non ancora vissuto, del non ancora, ma so che i miei buoni propositi, se mai ne avessi, non potrebbero modificare di un millimetro il corso degli eventi.

Avanti tutta, dunque, come sempre, senza preoccuparsi troppo dei numeri che mutano sui datari. A tutti quelli che passano di qua per caso o per scelta, auguro un 2011 privo di buone intenzioni e ricco di ottime, impreviste e casuali letizie.

ONU

Tuesday, December 21st, 2010

Dopo l’ammissione della Libia nel Consiglio per i diritti umani, ecco l’ultima perla dell’ONU:

Le Nazioni Unite si preparano a regolamentare la rete delle reti come mai era stato fatto fino a ora, mentre la lista dei paesi promotori del nuovo gruppo di lavoro — Brasile, Cina, India e Arabia Saudita — lascia intendere che il modello di “controllo” sia molto meno libertario e democratico di quello attuale.

Affidare la governance della rete a Cina e Arabia Saudita è un po’ come mettere un orco a dirigere un asilo nido o nominare Sandro Bondi ministro della cultura. È in casi come questi che uno si domanda se non sarebbe il caso di trasformare l’ONU in un resort di lusso per sceicchi, presidenti e sovrani vari: l’utilità sarebbe pari a quella attuale, ma la serietà ne guadagnerebbe moltissimo.

Pubblicità

Monday, December 20th, 2010

Non so, ma a volte mi viene da pensare che l’algoritmo che sceglie gli annunci pubblicitari di Google sia fondato su un generatore di numeri casuali, più che su sofisticate tecniche di analisi del testo.

L’articolo su cui è comparso l’annuncio sopra effigiato è questo. Giuro che ci ho provato a immaginare possibili connessioni fra gli insulti a Berlusconi via Twitter e le lauree online o fra queste e le gite odontoiatriche in Ungheria, ma non ci sono riuscito.

Pubblico e “privato”

Saturday, December 18th, 2010

[ricevo e pubblico. lt]

di Lietta Manganelli

Mi accingevo a stendere un bilancio sul coinvolgimento pubblico alle “scommemorazioni” per i venti anni dalla morte di mio padre, Giorgio Manganelli, quando sono rimasta idealmente con la penna a mezz’aria.
Certo le amministrazioni pubbliche hanno fatto qualcosa, non lo nego: il “Cantiere Manganelli 2” a Roma, che anche se ridimensionato più volte in corso d’opera per mancanza di fondi, alla fine è risultato coinvolgente e interessante.
“La scommemorazione” presso l’Università di Pavia, a cura del Centro Manoscritti, con il suo apporto di studiosi manganelliani “storici” e non, ha presentato un panorama che più completo non si poteva, e ha registrato un “tutto esaurito” di pubblico.
Certo si poteva (e si potrebbe) fare ancora molto, se è vero, come si dice, che Manganelli è uno dei maggiori scrittori del Novecento… Ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: “Perché mai il “pubblico” dovrebbe impegnarsi economicamente per sostenere una iniziativa che al “privato” non interessa assolutamente?”
Mi spiego meglio: E’ girato in rete un mio appello per far sì che il nascente (o meglio, il non nato) Centro Studi Manganelli potesse continuare la sua attività di studio e di ricerca a favore di studiosi e di studenti, persone che in questi anni hanno usufruito delle attività del Centro stesso. Si chiedeva un minimo impegno personale economico, in modo che l’attività non pesasse tutta sulle spalle di una persona sola, che se prima, sia pure con fatica, poteva far fronte, ora non è più in grado di farlo.
La risposta? 6 persone, sì avete letto bene, sei.
A questo punto mi chiedo: per quale motivo il pubblico dovrebbe investire su delle iniziative che interessano a un così esiguo numero di persone? Che senso avrebbe? Potrebbe venir accusato, e nemmeno a torto, di sperperare il denaro pubblico!!!
Certo da un lato non mi meraviglia: è un costume italiano pensare che lo Stato debba fare e provvedere anche a quello che nessuno chiede, ma forse in questo caso un po’ di movimento dal basso, da quella che politicamente si chiama la “base”, avrebbe potuto convincere il “pubblico” che forse non sarebbero stati soldi sprecati. Bene questo movimento non c’è stato.
Una piccola e semplice considerazione: il sito di mio padre conta di più di 800 visitatori, sarebbe bastato che la metà di questi avesse contribuito con 50 euro ciascuno, per dare ossigeno al Centro e permettere la realizzazione di tutte quelle attività che erano state programmate o forse solamente sognate.
Temo a questo punto di dover, mio malgrado, dare ragione al ministro Tremonti: “Con la cultura non si mangia” E noi aggiungiamo, senza tema di smentita: “Se con la Divina Commedia non ci si mangia, con Manganelli non si beve nemmeno il caffè”.

Una risposta pienamente condivisibile

Friday, December 17th, 2010

Una risposta pienamente condivisibile all’articolo francamente miserello di Roberto Saviano sui moti di piazza del 14 dicembre.

“Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada”, “ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento”, dice Saviano, troppo giovane per sapere che è sempre stato così. Da sempre i potenti sanno che dipingere il dissenso come minaccia al quieto vivere è una tattica vincente. Non c’è niente di nuovo in questo, e non è mai stata una buona ragione per smettere di protestare. Certamente non è una buona ragione per accodarsi agli slogan dei potenti.

Il 14 dicembre a Roma ci sono stati eccessi sia da parte dei manifestanti che da parte delle forze dell’ordine. Spetta alla magistratura stabilire se questi eccessi sono penalmente rilevanti. Il dato politico che Saviano mostra di non cogliere è che in Italia, all’altezza cronologica del 14 dicembre 2010, ci sono migliaia di persone a cui resta solo la piazza per manifestare il loro disagio. Il tasso di violenza di queste persone è politicamente (non penalmente) irrilevante. Quando migliaia di persone urlano a squarciagola che non ce la fanno più a campare, il compito dei politici e degli intellettuali non è quello di giudicare il loro tono di voce o la loro dotazione di spranghe e di molotov, ma è quello di restituire a queste persone buoni motivi per vivere pacificamente.

Incartarci il pesce

Tuesday, December 14th, 2010

Costui non conosce né le persone a cui si rivolge né la natura specifica dei desideri e dei problemi di nessuno di loro. Tuttavia la sua posizione di autorità lo costringe a parlare come se le conoscesse e come se le costellazioni gli fornissero risposte soddisfacenti, sufficienti e univoche. Non può permettersi né di scontentare i suoi lettori non impegnandosi affatto né di compromettere la propria autorità magica, sulla quale si fonda il suo valore commerciale, con asserzioni palesemente false. Deve affrontare la quadratura del cerchio. Quello che dice deve suonare come se avesse una conoscenza concreta dei problemi che assillano ciascuno dei suoi potenziali seguaci nati sotto un qualche segno in un momento particolare. Deve tuttavia mantenersi sempre sufficientemente vago in modo da non essere facilmente messo in dubbio.(*)

[Theodor W. Adorno, Stelle su misura, Einaudi 2010, pag 31]

Quindi, o deprimenti elettori berlusconiani, la prossima volta che vi imbattete in un imbecille plastificato che sfoderando un sorriso odontoiatricamente sospetto tenta di convincervi che la crisi non c’è, che l’Aquila è stata ricostruita, che la disoccupazione non esiste, che di rifiuti a Napoli manco l’ombra, che Putin e Gheddafi son bravi ragazzi, che Tremonti è veramente un ministro dell’economia e Bondi della cultura, invece di votarlo fareste meglio a incartarci il pesce. Coglioni.

——
(*) Adorno scriveva queste cose nel 1957, riferendosi al titolare di una rubrica astrologica sul Los Angeles Times, ma non mancando di rilevare in nota: Da un certo punto di vista egli si trova in una posiziona analoga a quella del demagogo politico che deve fare alcune promesse a tutti.

Pu(n)tin(i) sulle i

Thursday, December 9th, 2010

L’arresto di Assange non c’entra una mazza con la libertà di espressione. La libertà di espressione è la libertà di esprimere le proprie opinioni. Julian Assange non esprime opinioni, ma pubblica documenti riservati. Sono due cose molto diverse. Non bastasse, Assange non è stato arrestato per aver pubblicato documenti riservati, checché ne dica quel paracarro incerato di Frattini.

La vicenda di Wikileaks non c’entra una mazza con la democrazia. La democrazia è il governo fondato sulla sovranità del popolo, che sceglie i propri rappresentanti attraverso libere elezioni. Assange non rappresenta nessuno, non è stato eletto da nessuno, non detiene alcuno scampolo di sovranità popolare.

Purtroppo è necessario ribadire queste ovvietà nel momento in cui un personaggino come Putin — noto amico personale di Silvio Berlusconi — si permette di affermare che l’arresto di Assange è arbitrario e “non democratico”. Faccia il favore di tacere, ‘sto coglione ecatopedale. Putin! Tu pensa a cavare copechi dal mercato internazionale della vodka, del caviale e del gas, e lascia la democrazia ai democratici.

Domanda epocale

Monday, December 6th, 2010

Quando di me si sia fatto il catalogo dei liquami, e il censimento dei vermi, e il contrappello delle pelurie, che mai resterà di cui discorrere?
[G.Manganelli, Discorso sulla difficoltà di comunicare con i morti, in Agli dei ulteriori, Einaudi 1972, pag. 133]

Un’intollerabile limitazione alla mia libertà di espressione

Saturday, December 4th, 2010

Alla lettura di un articolo di Vittorio Feltri preferirei l’ascolto coatto della discografia completa di Toto Cotugno. E però, che l’Ordine dei giornalisti possa permettersi di intimare il silenzio a Vittorio Feltri non mi va giù. Esigo che Vittorio Feltri sia libero di sparare tutte le cazzate che vuole. Impedire a Vittorio Feltri di sparare cazzate significa impedire a me di sostenere che Vittorio Feltri spara cazzate. Questa è un’intollerabile limitazione alla mia libertà di espressione.

Ho pertanto comunicato al direttore del Giornale (direttoreweb@ilgiornale.it) quanto segue:

«In seguito alla decisione dell’Ordine dei Giornalisti di silenziare Vittorio Feltri per tre mesi, e nonostante la mia pessima opinione sullo stile giornalistico di Vittorio Feltri, mi dichiaro disponibile a ospitare sul mio blog qualsiasi articolo di Vittorio Feltri per i prossimi tre mesi, ferma restando la piena responsabilità dell’autore sui contenuti».