Referendum

Domenica 12 e lunedì 13 giugno oltre 47.000.000 di elettori sono chiamati ad esprimersi su quattro quesiti per l’abrogazione di disposizioni di leggi statali. I seggi saranno aperti dalle 8 alle 22 di domenica e dalle 7 alle 15 di lunedì. Lo speciale referendum approntato sul sito del ministero dell’interno sintetizza così i quesiti referendari:

referendum popolare n. 1Scheda di colore rosso — Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione; il quesito prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati.

referendum popolare n. 2Scheda di colore giallo — Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norme; il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.

referendum popolare n. 3Scheda di colore grigio – Abrogazione dei commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31 marzo 2011 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n. 75. Abrogazione parziale di norme; il quesito propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

referendum popolare n. 4Scheda di colore verde — Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale; il quesito propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.

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Come voterò, nell’ordine: Sì, No, Sì, Sì.

Quanto ai due quesiti sull’acqua, sono ben consapevole che i promotori hanno condotto una campagna fondata sul falso allarme della “privatizzazione delle risorse idriche”. Le norme vigenti, infatti, mantengono saldamente in mano pubblica l’acqua e le reti di distribuzione, mentre aprono all’iniziativa privata solo per la gestione del servizio.

Ciò nonostante risponderò sì al primo quesito, per indicare al legislatore che preferisco un quadro normativo in cui le società chiamate a gestire la distribuzione idrica siano sì aperte agli investimenti privati, ma siano anche controllate da soggetti pubblici. Risponderò no al secondo perché è irragionevole che il costo di un investimento, sia esso pubblico o privato, non sia coperto dal prezzo del servizio reso, e allo stesso tempo è assai più ragionevole che la copertura sia attuata attraverso la tariffa, che è proporzionale per definizione, anziché da tasse indipendenti dall’intensità del consumo..

Questo no è anche un modo per mandare ai promotori un segnale di fastidio per una campagna referendaria condotta all’insegna dell’equivoco, se non dell’aperta menzogna. Anche su questo punto, infatti, i promotori hanno giocato sporco, presentando la remunerazione del capitale investito come “profitto”, mentre si tratta appunto di costo degli investimenti, niente di sostanzialmente diverso dagli interessi che si pagano sui prestiti bancari o sui mutui.

Risponderò sì al quesito sul nucleare perché durante i miei primi quasi cinquant’anni di vita ho avuto abbondanti prove del fatto che le centrali nucleari creano più problemi che vantaggi, e sono fermamente deciso a non tediare il lettore con i dettagli.

Infine risponderò sì al quesito sul legittimo impedimento perché non voglio che chi ha responsabilità di governo sia incoraggiato a sentirsi al di sopra della legge.

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Del significato politico dei referendum, se cioè possano contribuire alla caduta o alla tenuta del governo in carica, me ne infischio. Anni e anni di storia repubblicana dovrebbero aver insegnato che i governi nascono e muoiono in parlamento: con o senza manovre di palazzo, con o senza spallate, con o senza bizantinismi più o meno decifrabili, ma sempre in parlamento, e questa volta non sarà diversa dalle altre.

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9 Responses to “Referendum”

  1. Luigi says:

    La differenza tra remunerazione e profitto mi sembra bizantina. Le banche applicano alcuni tassi di interesse prossimi all’usura. Come definire la remunerazione ‘appropriata’?

  2. letturalenta says:

    Luigi, google è tuo amico. Cosa cercare: costo medio ponderato del capitale, oppure weighted average cost of capital.

    La remunerazione è appropriata quando copre i costi del capitale investito. Il 7% fissato dalla legge per le aziende di servizi idrici è in linea con i parametri di aziende analoghe che operano in altri paesi europei. In questo post di phastidio.net trovi qualche esempio.

    La differenza con il profitto è semplice: il profitto è la differenza fra ricavi e costi, tolte le tasse; il costo del capitale è per l’appunto un costo, non un profitto.

  3. michele says:

    trent’anni fa ho sostenuto un esame sulla remunerazione del capitale, con un appendice di duecento pagine firmata dal Prof, interrogante chiamata “capitale proprio o capitale di credito?” (analisi dei costi) (indovinate un pò quale era la tendenza? I calcoli sui costi del capitale proprio si basano su stime che sono programmate per finire a vantaggio del capitale di credito, ma naturalmente sarò considerato un pericoloso estremista a dir questo.. il prof, guarda caso era anche presidente di una delle massime banche nazionali) detto questa inutilità smentita dalla pratica guarda caso e vedi articolo citato,(con sbandieramenti di esperti e di contro esperti) io al secondo quesito ed a tutti voterò NO! (purtroppo credo invano)

    Per tre ragioni. Primo, vivo in una città dove i servizzi d’erogazione sono stati privatizati. Una catastrofe all’italiana, peggio alla “francese”. Non aggiungo altro, perchè è da codice penale, infatti alcuni dirigenti sono stati arrestati. Le tariffe è questo è il meno, sono state raddoppiate letteralmente il giorno dopo la privatizzazione.
    Secondo, l’acqua è un bene che deve essere reso disponibile ad un prezzo politico, è la comunità che deve prendersi il carico finanziario. E si, l’acqua deve rappresentare un costo per la collettività.. è un fatto ideologico, no. E’ un fatto di civiltà, come molte altre questioni, ma va beh! (ed alla fine ci costerebbe pure meno)
    Terzo, Una società privata o pubblica, quando fa ricorso a capitale di credito, cioè servizi bancari, per il gioco della remunerazione del capitale, (nel gioco della remunerazione del capitale c’è un mondo!) deve far profitti, quindi più si consuma più la società guadagna, per remunerare il capitale s’intende. Quale sarà la tendenza? Al risparmio idrico pro capite o al maggior consumo? (il secondo quesito eviterebbe il ricorso al capitale di credito o meno conveniente, ma è un discorso lungo ed ad incastri)

    Il costo idrico si deve finanziare interamente con capitale “proprio”, ossia con le imposte. gli istituti finanziari magari non saranno contenti di questo. Ma per uno strano ed incredibile gioco, l’acqua costerebbe meno provate a domandarlo ad uno studentello di economia!

  4. michele says:

    correggo, dove dico: voterò No. Prego leggere voterò SI.

  5. letturalenta says:

    Partendo dalla fine, Michele, la remunerazione del costo del capitale è fissata per legge al 7% e tiene conto sia del capitale proprio che del ricorso a finanziamenti. Sarà compito delle aziende dosare il ricorso al credito in modo da contenere i costi entro quella soglia. In ogni caso quel costo resta un costo, appunto, e non un profitto, come furbescamente suggerito dai promotori del referendum.

    Detto questo, concordo sul fatto che i privati devono essere tenuti sotto stretta sorveglianza pubblica quando c’è di mezzo un bene prezioso come l’acqua, ed è il motivo per cui voterò sì al primo quesito: l’idea di obbligare le municipalizzate a cedere almeno il 40% ai privati (cioè una quota che di fatto può garantire il controllo di un consiglio di amministrazione) è folle e va contro l’interesse comune. Il caso di Latina, se è quello a cui ti riferisci, basta a suggerire di muoversi con molta cautela.

    Il prezzo politico dell’acqua in Italia di fatto c’è già, visto che abbiamo le tariffe più basse d’Europa, con il bel risultato che mancano i soldi per mantenere e sviluppare gli impianti, e la rete di distribuzione è un colabrodo.

    E anche sul fronte del consumo il prezzo politico, o comunque basso, è un veicolo sicuro di spreco: che incentivi ho a consumare meno una risorsa che pago poco o niente? Se è vero, come è vero, che l’acqua è un bene prezioso, bisogna farla pagare di più, non di meno, e preferibilmente con tariffe progressive (chi consuma di più paga di più).

  6. Alex93 says:

    La penso ESATTAMENTE come te (peraltro ho trovato il blog cercando “SI NO SI SI” su Google, per vedere se fossi l’unico o meno.

  7. letturalenta says:

    Grazie Alex. Mi conforta apprendere di non essere un marziano :-)

  8. michele says:

    rispondo in ritardo. poco conta, ma rispondo puntualizando. se qualcuno dice una idiozia (ricavo sulla remunerazione del capitale) è una idiozia. Non ci sarebbe da aggiungere altro. Ma istituire la remunerazione del capitale con una soglia del 7% o altra percentuale rapresenta coerenza nello sfacelo finanziaro globale. Le aziende pluriindebitate ed esposte pesantemente con istituti di credito entrano nel settore pubblico proprio per avere certezza di remunerazione di capitale, questo “interesse alle municipalizzate” a volte è imposto dalle banche stesse.
    Acqua Latina è l’esempio classico.
    Cosa voglio dire, dico che l’affare è, nella certezza della remunerazione per legge (peraltro il 7% è tantissimo a fronte rischio pari a 0).
    Un istituto bancario ha così certezza di recuperare il credito erogato (maggioranza pubblica) è certezza nella remunerazione, cosa altro vuole di più.. appunto una legge che remunera il capitale… E il rischio d’impresa? Nessuno, nessun rischio per la banca.. pagano i contribuenti, con maggior costi.
    Invece finanziando con capitale proprio (imposte e fondi europei d’investimento -inutilizati!- perchè? perchè siamo distratti?) tutto diventerebbe meno costoso. Certo così gli istituti di credito guadagnerebbero meno… e i derivati quelli “buoni”? da dove nascono i derivati quelli buoni? su qual debito vengono costruiti? Risposta su quello che non sarà esigito dai privati ma garantito dalla maggioranza pubblica (costo aggiuntivo per le municipalizate, il privato non paga il rimborso di capitale… paradosso maggior guadagno a ricaduta per le banche, per un perverso disegno d’incastri, fallimenti pilotati ecc,). Vendo il debito non esigito (derivati buoni)) potenzialmente più redditizio (perchè non rimborsato) e garantito (derivati buoni) perchè pubblico (maggioranza pubblica, municipalizzate) scattano aliquote maggiori anche se vi è garanzia perchè è amministrazione pubblica,(non importa) la quale… paradosso, comprerà il “suo” debito sotto forma di derivati (finanziandosi per pagare il suo debito che è cresciuto) è neppure sa di comprare il suo debito, che servirà per pagare proprio quel surplus di costi dovuto al privato che diviene inesigibile. Tutto si scarica sulla collettività… Purtroppo agli enti pubblici vengono appioppati i derivati fasulli quelli che saranno i più costosi da pagare ma si può sempre fare una legge che permette alle regioni e magari ai comuni di vendersi il demanio, ecc, ecc. ma si!

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