Archive for the ‘DTFN’ Category

[dtfn] XX – Commento secondo

Friday, June 8th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Se mai un critico dovesse decidere che vale la pena di soffermarsi un poco su di me, gli suggerirei di concentrare le sue indagini sul capitolo sedicesimo, che è senz’ombra di dubbio la chiave di volta della mia struttura diegetica. Sono certo che tu ne abbia colto chiaramente tutte le significazioni e i simbolismi profondi.

Ho dedicato quel capitolo al silenzio e alla sospensione della parola, alla pausa ristoratrice e foriera di sani e positivi momenti di introspezione e di meditazione. Ho notato che quando ci sei passato hai chiuso momentaneamente i contatti inserendo un dito indice fra le mie pagine, e per qualche minuto non ho potuto leggerti.
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[dtfn] XIX – Etica

Thursday, May 24th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Sono lieto che tu non abbia ancora deciso di porre fine alla mia lettura. Sai, a volte può capitare che un uomo chiuda un racconto prima del suo naturale explicit, o che un racconto chiuda un uomo prima di averlo scandagliato a dovere. Quando questo succede, è segno che fra i due non si è stabilita quella sottile complicità necessaria per condividere una reciproca e soddisfacente perdita di tempo. È raro che si riesca a stabilire con certezza chi dei due porti la maggior dose di responsabilità per la fine della relazione, e tutto sommato non ha molta importanza: non si può pretendere che un racconto legga di tutto, né che un uomo si lasci leggere da chiunque.

Un mio vecchio conoscente tedesco, Le affinità elettive, discute spesso e con rara eleganza su questo tema, paragonandolo con dovizia di argomenti a fenomeni naturali di attrazione e repulsione, come il magnetismo, e alla facilità dei rapporti umani a cambiare di segno, da amore a odio, da inimicizia a sodale fratellanza. Ahimè, se solo avessi la centesima parte della sua erudizione non sarei continuamente assalito dal timore di annoiarti o di perderti per la strada, o di vedere la tua iniziale buona disposizione nei miei confronti mutarsi in noia, se non in rancore.
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[dtfn] XVIII – Macerie

Tuesday, May 15th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Eros e Thanatos, Incipit ed Explicit. Vedi quanta parte delle nostre rispettive esistenze condividiamo?

Siamo entrambi un lungo e tortuoso movimento fra due punti astratti dei quali nulla possiamo dire. Tu eri presente quando i miei maggiori si unirono per generarti? E dov’ero io quando tuo padre e tua madre fusero i loro discorsi amorosi nella forma che mi donarono? Cosa sapremo dire ciascuno della morte dell’altro? Sopravviveremo a noi stessi il tempo necessario a redigere un decoroso epitaffio?

A volte dubito che tutto ciò che accade fra l’estasi generativa e il vortice tanatògeno sia affatto indescrivibile: cosa possiamo dire, infatti, di una curva che congiunge due punti ineffabili? Quale linea ferroviaria potrà mai unire una stazione di partenza ignota a un termine sconosciuto? Se non esiste la parola capace di comprendere il nostro inizio e la nostra fine, in base a cosa affermiamo di avere un prologo e un epilogo? E se non li abbiamo, come chiameremo ciò che con inaudita inesattezza diciamo vita o racconto?
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[dtfn] – Glossa fuori testo

Wednesday, May 2nd, 2007

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Oggi Armando Adolgiso – artista polimediatico, eccentrico, virtuoso – si è occupato del mio manoscritto ritrovato De te fabula narratur nella sua rubrica quotidiana Cosmotaxi, precisamente qui. La sua presentazione mi offre il destro per riflettere un poco su questo oggetto misterioso che da tempo ammorba l’incolpevole lettore di questo blog. Sono riflessioni in un certo senso postume, perché l’oggetto in questione, prima che mi decidessi a metterlo in rete, se ne stava quieto a sonnecchiare in qualche remoto cilindro del mio hard disk, pronto a sparire alla prossima inevitabile formattazione (ebbene sì, lo confesso, uso XP).

DTFN è nato a metà luglio del 2004 e ha apparentemente cessato le trasmissioni all’inizio di ottobre del 2005, per poi riprenderle a sorpresa alla fine di marzo del 2006, periodo in cui ho trascritto gli ultimi due capitoli. Il lettore di questi appunti forse noterà che esito a definirmi autore di questo sedicente racconto. Il motivo è che DTFN aspira a essere un testo anonimo per prendere su di sé tutti gli onori e gli oneri della Fama, sospingendo in una tenebra definitiva lo scriba che ne ha pazientemente subito il dettato. Esso racconto mette le cose in chiaro fin dal primo capitolo, che si conclude con una beffarda denigrazione dell’autore:
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[dtfn] XVII – Il sogno del racconto

Wednesday, April 18th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Ho scelto modelli grandi e inarrivabili per garantirmi un onesto e memorabile fallimento. Se imitassi quei raccontini da passeggio che spopolano nei repertori bibliografici di tutti i tempi, quelle storielle anemiche e frivole pubblicate a puntate sui feuilleton per sussurrare all’orecchio delle folle che tutto va bene e non c’è motivo di preoccuparsi, allora il mio fallimento sarebbe ben piccola cosa. Ho scelto invece di imitare le colonne portanti della letteratura, quei racconti epocali che segnano le svolte dell’umanità e delle idee, quelli che gridano a popoli ancora in formazione che il mondo non va bene così com’è, e che è tempo di rimboccarsi le maniche per rivoltarlo da sotto in su.
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[dtfn] XVI – Pausa

Monday, April 2nd, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/

[dtfn] XV – Del finale

Tuesday, March 27th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Eccoci dunque giunti al gran finale, laddove i fili dispersi della trama si ricongiungono in un’epifania di senso, i conti apparentemente sbagliati finalmente quadrano, e i personaggi – sentendosi ormai prossimi alla fine – disvelano il loro ultimo segreto in uno slancio di generosa agnizione. Noto che stai calcolando il numero di pagine che mancano alla fine, e ti vedo un po’ scettico sulla possibilità che proprio in questo punto giaccia il mio finale, quando ancora così numerosi sono i segni che seguono. Capisco la tua perplessità, e in un certo qual modo la trovo anche sensata, ma tieni presente che, come già dissi fin dal secondo capitolo, il finale di un racconto è un concetto relativo, del tutto indipendente dal numero e dalla successione dei segni grafici in cui è stato trascritto. È ben vero che ogni racconto ha un inizio e una fine, o quanto meno una prima parola e un’ultima, ma sarebbe doloroso separare a forza ciò che cade fra questi due punti convenzionali da tutto ciò che precede e che segue. Prima di me ci sono miliardi e miliardi di parole, e dopo di me, ne sono certo, non ci sarà il diluvio. Io non sono altro che una breve scena di una lunghissima commedia iniziata chissà quando e votata per sua natura all’eternità. È già successo che il capocomico tagliasse qualche scena per salvaguardare l’insieme, e non è detto che io non sia la prossima.
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[dtfn] XIV – Il tradimento letterario

Tuesday, March 13th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Iole, ovvero il desiderio di volare. Quanto ha ragione il vecchio Emilio: se solo fosse qui, Iole. Perché vedi, carissimo, gli aeroplani sono macchine meravigliose che possono anche uccidere gli uomini, e così sono le parole: splendidi marchingegni che possono uccidere i racconti. Conoscevo un tale, una volta, un poemetto epico in endecasillabi sciolti. Simpatico, non dico di no, anche se talvolta la sua conversazione diventava un po’ contorta, il suo pensiero un po’ arduo e intricato, difficile da comprendere. Questo succedeva per la sua ostinata ricerca di parole millimetricamente adatte alle sue necessità espressive, e a volte quelle che trovava erano così ricercate che le capiva solo lui. Un giorno voleva descrivere una scena di caccia, e ha iniziato a sciorinare il suo bel discorso raffinatissimo e perfettamente ritmato. A un certo punto però si è fermato e non andava più avanti. Che c’è? gli ho chiesto. La giusta locuzione non accorre, ha risposto, e se ne è andato via senza nemmeno salutare, bofonchiando mezze sillabe e scacciandole subito dopo: Verbo meschino! Non m’abbandonare! gridava a ogni fallimento. L’ho rivisto per caso sei mesi più tardi, ho mollato lì quello che stavo leggendo e gli ho chiesto se avesse trovato la parola.
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[dtfn] XIII – Novella seconda (Seconda parte) [2]

Tuesday, February 27th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Storia di un signore emiliano che volò a cent’anni

VI
Il giorno dopo li abbiamo rivisti a Montichiari, alla gara degli aeroplani. C’era una confusione terribile, ancora più terribile di quella che avevamo trovato nelle stazioni dei treni. Sì, perché anche alla stazione di Brescia c’era baccano. Franz l’ha descritto in suo libro, sapete? Franz era uno scrittore, infatti, e anche quel giorno a Montichiari se ne andava in giro per l’aerodromo tenendo in mano un quadernetto rilegato, e si fermava spesso a scriverci su qualcosa. Non so dire quanta gente ci fosse, ma eravamo tantissimi, come allo stadio quando ci sono le partite di pallone. I signori stavano sotto una tribuna coperta, a mostrarsi i bei vestiti e i bei modi, e tutti gli altri seduti sull’erba, dove capitava, fino ai bordi delle piste. Gli aeroplani erano piccolissimi, quasi costruiti attorno al pilota, e i motori mandavano ruggiti spaventosi. Erano così piccoli che già pochi minuti dopo il decollo si riducevano a puntini quasi invisibili in cielo. Eppure noi restavamo a naso in su per ore, pur di seguire quei puntini. Ah, bambini cari, quanto mi piacerebbe volare come volavano allora, soli, a due passi dal paradiso. Ma ormai sono troppo vecchio. Avrei potuto volare da giovane, ma in guerra, specialmente l’ultima, gli aerei facevano cose tremende, e mi è passata la voglia.
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[dtfn] XIII – Novella seconda (Seconda parte) [1]

Tuesday, February 6th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Storia di un signore emiliano che volò a cent’anni

IV
Quando siamo saliti in treno mi è sembrato di entrare in un altro mondo, perché il gran chiasso della stazione era rimasto fuori. Avevamo uno scompartimento riservato in prima classe, sei posti a sedere occupati solo da noi tre. I sedili erano foderati di velluto e morbidi quasi come quelli del coupé, e alle pareti c’erano dei pannelli imbottiti e rivestiti di una bella stoffa chiara. La carrozza aveva una balconata aperta che faceva da corridoio e serviva anche a raggiungere il bagno, che era sistemato più in alto degli scompartimenti e per andarci si saliva una scaletta di ferro. Quando il treno si mosse la Iole gridò Evviva!, e allora ho capito che anche lei era la prima volta che viaggiava in ferrovia. Il treno secondo me andava velocissimo, molto più del tiro a quattro, ma il nonno Primo continuava a sbuffare più della locomotiva, tormentato dal ritardo che aveva sconvolto il suo programma. A ogni stazione chiedeva all’inserviente di carrozza se stavamo recuperando, ma quello, poveretto, ne sapeva meno di noi e dopo qualche fermata si rincantucciò nel suo bugigattolo per sfuggire agli interrogatori. Allora il nonno, visto che non c’era modo di capire quando saremmo arrivati, si calmò un poco e prese a raccontarci di quando era un ragazzino poco più grande di me, al tempo in cui le ferrovie cominciavano appena a costruirle, e di come suo padre avesse fatto fortuna rifornendo i cantieri di olio vino farina frutta cuoio e legname, e a sentir parlare di tutto quel ben di dio che passava di mano in mano a staia ettolitri e quintali io immaginavo i granai colossali e gli enormi magazzini che dovevano servire per contenerlo, e stanze intere adibite a forzieri per montagne di monete d’oro, fiorini, marenghi, ducati, sterline e sesterzi, anche se poi ho imparato che a quei tempi i sesterzi non si usavano più. Il nonno cambiava faccia quando parlava di soldi, proprietà e commerci, e si vedeva che era orgoglioso di essere un gran signore e di poter fare e disfare come meglio credeva.
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[dtfn] XII – Novella seconda (Intermezzo)

Friday, February 2nd, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Bella storia, nevvero? ed Emilio è davvero bravo a raccontarla. Lo pensano anche i suoi ascoltatori, che mentre lui si ristora si scambiano commenti, abbozzano un’interpretazione, ipotizzano una morale. Le pause di un racconto sono occasioni solitamente favorevoli e produttive, e anche noi due possiamo approfittarne per riprendere il filo della nostra conversazione, o per ristorarci a nostra volta, o per dedicare qualche minuto a un sagace commento o a una provvisoria interpretazione. Ti ricordi come finisce il mio quinto capitolo, no? No? Allora rileggi l’ultima frase, altrimenti potresti pensare che io stia dando i numeri, o che la mia impalcatura narrativa sia alquanto pericolante, e questo turberebbe il nostro meraviglioso ménage. Lo so, lo so, ti sembrerà sciocca questa mia ossessione, ma sono fatto così, che ci posso fare? Ho sempre il terrore di annoiarti, o di sembrarti illogico o presuntuoso, fanfarone o meschino, ondivago o disonesto. E so bene che rassicurarti del contrario non serve a nulla, però mi fa sentire meglio, mi dà la forza necessaria per continuare a scegliere mattoni e impastare malta. È un duro lavoro quello del racconto, come avrai capito, e ogni tanto è indispensabile fermarsi a bere un bicchierino. Ma ecco che Emilio ha finito il suo, e ricomincia.

[dtfn] XI – Novella seconda (Prima parte)

Tuesday, January 23rd, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Storia di un signore emiliano che volò a cent’anni

I
Emilio era un signore di novantanove anni che abitava a Guastalla. Tutte le sere si addormentava ringraziando Dio di averlo tenuto al mondo per un giorno ancora, e il mattino dopo gli chiedeva se per caso quello che cominciava era l’ultimo. Dio non mi risponde mai, diceva Emilio, e lo considerava un buon auspicio.

Era un vecchio fortunato, perché abitava in casa con la figlia più piccola, una graziosa signora di sessantaquattro anni e vedova da quasi venti, maestra elementare in pensione, tre volte madre e nove volte nonna. Diamante si chiamava, la figlia, e taccio i nomi del resto della discendenza per non annoiarti, giacché quando si teneva il grande raduno di famiglia, a Natale, Diamante metteva a tavola quaranta persone disposte su quattro generazioni, da Emilio ai suoi due bisnipoti, Massimo e Francesco, entrambi di cinque anni. Siamo più gente noi di tutta Guastalla, diceva sempre Emilio quando se li vedeva tutti attorno la sera della vigilia, e quasi piangeva dalla contentezza.

Da quando erano arrivati i due piccoli, se li faceva portare vicino alla poltrona dopo il cenone, per raccontare la storia di Franz e Otto e Max e gli aereoplani di Brescia, che era poi una storia che raccontava quasi tutti i giorni da quando aveva sei anni, quindi la ricordava molto bene, anche adesso che la memoria, diceva, non è più quella di una volta. L’unica variante l’aveva introdotta il Natale prima, quando gli sembrò che finalmente i bambini capissero bene le parole, e allora aveva cambiato l’inizio, rivolgendosi direttamente a loro.
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[dtfn] X – La felicità diegetica

Thursday, January 18th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Il decimo capitolo è una tappa molto importante per me. Sono così contento d’esserci arrivato che passo senz’altro all’undicesimo.

Nel manoscritto, a margine, subito sopra il titolo del capitolo X, si legge questa glossa (purtroppo anonima): [hai saltato il titolo extradiegetico del capitolo IXbis “oh, lettore, guarda che sto per mandare in bianco un capitolo”]

[dtfn] IX – Chimica

Thursday, December 21st, 2006

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Più ti leggo e più mi convinco che tu nutra un sincero amore per la verità e un’ottima disposizione d’animo nei confronti dell’attesa e delle avversità. Raramente un uomo vede i suoi sogni realizzati nel breve lasso di sua vita mortale, e ancor più di rado, credimi, questa sorte tocca ai racconti. Per rendere salda e inattaccabile codesta similitudine dovrei spiegare tritamente in che consiste la vita mortale di un racconto, e cosa la distingua da quella che precede la sua nascita e da quella che segue la sua morte, ma il timore di cedere a quell’afflato gnomico e didascalico che tanto male ha recato e reca alla narrativa di tutti i tempi mi trattiene dal farlo. La Storia di un giapponese anonimo che si dimenticò di morire allude in minimissima parte a questo mistero così denso e affascinante, ma quanto ancora si dovrebbe dire su di esso, se solo le parole vi aderissero.
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[dtfn] VIII – Fisica

Saturday, December 2nd, 2006

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Mi piacerebbe conoscere la tua opinione su di me. Ne ricaverei materiale sufficiente, suppongo, per un trattatello che intitolerei verosimilmente De te fabula narratur e inserirei fra i miei capitoli vigesimo e vigesimo primo, a mo’ di ludica digressione. Non lo scriverei in latino, certo: farei la figura dello spocchioso elitario che vuole a tutti i costi distinguersi dalla massa. E la massa considera il latino una lingua morta, nevvero? Nella nostra società, tuttavia, non di rado discutiamo sulle proprietà e i requisiti capaci di connotare la vitalità di una lingua. Non ti stupirai di questo nostro interesse per quegli insiemi volubili di suoni e grafismi, dato che essi hanno per noi il medesimo valore dei mattoni per il muratore, delle farine per il fornaio, delle distanze per l’agrimensore, delle pandette per il giudice. Materia prima, particelle elementari che andremo a legare con saldo collante di sintassi per costruire i nostri mirabili edifizi letterari. Noi tutti, molto prima di presentare al mondo il nostro incipit, meditiamo a lungo su quali siano le parole più adatte alla nostra vocazione diegetica, e su qual tipo di legante meglio si presti a tenerle saldamente serrate in commendevole unità architettonica. Non diversamente il muratore sceglie le pietre meglio squadrate, e dosa con cura maniacale acqua sabbia e cemento fin quando formino la migliore delle malte possibili. Analogamente il fornaio setaccia la sua farina per renderla affatto monda di crusca, e attinge acqua scrupolosamente limpida per impastarla. Né ad altro attende l’agrimensore quando s’accerta che l’istrumento suo sia perfettamente in scala, e che le distanze rilevate entrino senza turbamento d’errore nelle armoniose formule trigonometriche. E parimenti il giudice compulserà i suoi digesti alla ricerca dei codicilli che più minutamente si adattano al caso in giudizio, per eleggerli a solide fondamenta di inoppugnabile sentenza, né confonderà abigeato con latrocinio o truffa con simonia.
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