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Noterelle sulla stupidità

Tuesday, July 20th, 2010

La stupidità non è un handicap, tratto da www.grouchyoldcripple.com/archives/crip4.gifSono il primo a sostenere che — dati i tempi, le emergenze planetarie, la crisi e tutto quanto — ci sarebbero modi assai più proficui di spendere tempo e neuroni, ma ritengo altresì che non di sole questioni epocali si nutra il pensiero umano, ma anche — e più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere — di quisquilie e bazzecole.

L’inizio del terzo millennio
Come molti forse ricorderanno, l’avvento dell’anno 2000 innescò una diatriba infinita fra due opposte fazioni: chi sosteneva che l’inizio del ventunesimo secolo era da porsi al primo gennaio del 2001 e chi invece datava l’epocale giro di calendario al primo gennaio del 2000. A farmi tornare la memoria di quella gigantesca prova dialettica ci ha pensato il libro Il potere della stupidità di Giancarlo Livraghi che ho reperito in Google Books grazie a una segnalazione del Doktor Faustus di un mesetto fa.

Livraghi porta la diatriba calendaristica come esempio di stupidità, in palese contraddizione — e spiegherò presto perché — con quanto egli stesso sostiene a pagina 12:

Non è sensato definire l’intelligenza come solo razionale — ed è altrettanto sbagliato considerare stupido tutto ciò che non sembra razionalmente spiegabile.

A pagina 14 il medesimo Livraghi così presenta quella che lui stesso poco oltre definisce “la scemenza del millennio”:

Poche cose erano così facilmente prevedibili come il fatto che il ventesimo secolo (e perciò il secondo millennio) sarebbe finito a 0 ore, 0 minuti e 0 secondi del primo gennaio 2001. (…) Persone tutt’altro che sciocche o ignoranti erano convinte che secolo e millenio finissero alla mezzanotte del 31 dicembre 1999. Faticavano ad adattarsi all’evidenza dell’aritmetica.

Da un punto di vista puramente razionale è evidente che per fare due millenni servono duemila anni compiuti e, tenendo presente che la numerazione degli anni nel nostro calendario inizia da 1 e non da 0, è facile concludere che il secondo millennio terminò in effetti alla mezzanotte del 31 dicembre 2000. E però, per fare onore alla sua giusta affermazione di pagina 12, prima di parlare di “scemenza del millennio” l’autore avrebbe dovuto esaminare con più cautela gli aspetti non razionali della questione.

Le ragioni irrazionali (mi si perdoni l’ossimoro) che portano a datare il passaggio del millennio al 2000 sono evidenti almeno quanto le ragioni razionali (mi si perdoni la tautologia) portate a sostegno dell’altra ipotesi. È evidente, cioè, che il passaggio della numerazione degli anni dalla radice 19 alla radice 20 ha un impatto diciamo emozionale (quindi irrazionale) su chiunque, per non parlare del fatto altrettanto evidente che quei tre zeri in fila della cifra 2000 evocano con discreta potenza l’idea stessa del millennio.

Sostenere che l’anno 2000 ha segnato l’avvento di un nuovo millennio è evidentemente stupido da un punto di vista logico e razionale, mentre è altrettanto evidentemente non stupido da un punto di vista emotivo e irrazionale. Questo in perfetto accordo con il Livraghi di pagina 12. È chiaro che sostenere l’ipotesi 2000 con argomenti di tipo aritmentico — come per esempio l’esistenza di un fantomatico anno zero — sarebbe effettivamente stupido, ma non più di quanto lo sarebbe sostenere l’ipotesi 2001 con argomenti di tipo emotivo o evocativo (tant’è vero che il primo gennaio 2000 è stato preceduto da festeggiamenti, gadget, fosche profezie di fine dei tempi e opinionisti logorroici in tutto il pianeta, mentre il primo gennaio 2001 non se l’è filato praticamente nessuno).

Stupidità o stupidaggini?
La stupidità non è dunque un criterio descrittivo affidabile della specie umana e degli individui che la compongono, a meno di non ridurre arbitrariamente l’essere umano alla sola razionalità. Livraghi stesso, peraltro, sostiene altrove nel suo libro che non esistono persone stupide, ma solo comportamenti stupidi. Sono d’accordo, e quindi sostengo che la stupidità è una categoria essenzialmente pratica, cioè buona per valutare l’utilità e la vantaggiosità di determinate azioni: non esiste la stupidità, esistono le stupidaggini. Potremmo al limite definire la stupidità di una persona come percentuale di stupidaggini sul totale delle sue azioni.

Applicando la seconda legge di Cipolla — «la probabilità che una persona sia stupida è indipendente da ogni altra caratteristica di quella persona» — dovrebbe essere chiaro che la furbizia o l’intelligenza non escludono la stupidità. Una persona molto intelligente può fare tante stupidaggini quante ne fa una poco intelligente. Infine, seguendo in linea di principio la terza legge di Cipolla, possiamo definire la stupidaggine come un’azione che danneggia una o più persone senza dare alcun vantaggio a chi la compie.

Misurare vantaggi e danni di un’azione, però, è una questione molto complessa, perché è intuitivo che ciò che danneggia una o più persone può avvantaggiarne altre. A titolo di esercizio, proviamo a stabilire se l’azione del difensore descritta qui sotto è una stupidaggine:

A dieci secondi dalla fine della partita, un difensore della squadra in vantaggio per 1 a 0 entra a gamba tesa su un attaccante avversario lanciato a rete, a portiere battuto. L’arbitro assegna il rigore alla squadra dell’attaccante ed espelle il difensore. Il calcio di rigore termina sul fondo e l’arbitro fischia la fine della partita.

Se riferiamo danni e vantaggi alle sole due persone coinvolte — il difensore e l’attaccante — otteniamo che:
1. L’azione del difensore danneggia l’attaccante, privandolo della possibilità di segnare.
2. Il difensore non trae un vantaggio personale dalla sua azione. Anzi, ne ricava il danno dell’espulsione.

Fermandoci qui potremmo ragionevolmente concludere che il difensore ha fatto una stupidaggine. Cosa succede, però, se allarghiamo la valutazione di danni e vantaggi alle due squadre?
1. La squadra dell’attaccante è danneggiata per non aver potuto segnare il gol del pareggio.
2. La squadra del difensore è danneggiata dall’espulsione del medesimo, ma avvantaggiata dal fatto di aver vinto la partita.

Siamo ancora sicuri che il difensore abbia fatto una stupidaggine? Probabilmente no, e se estendessimo l’esercizio a questioni più complesse di una partita di calcio, come per esempio gli equilibri di forza mondiali o anche solo la scelta del mestiere da fare da grandi, la capacità di individuare a colpo sicuro le stupidaggini calerebbe vistosamente.

Conclusioni provvisorie
In realtà ci sono altri problemi che complicano la corretta individuazione delle stupidaggini. Non tutti i danni o i vantaggi derivanti da un’azione, per esempio, sono contemporanei all’azione stessa, e prevederli tutti accuratamente è molto difficile. Ne deriva che ciò che oggi sembra una figata, tra qualche anno potrebbe essere considerata una stupidaggine (questo, tra parentesi, è uno dei motivi per cui gli esseri umani spesso agiscono considerando i vantaggi che riescono a intravvedere nell’immediato, ma trascurando i danni di medio e lungo periodo).

Si potrebbe estendere la ricerca della stupidità al campo delle idee e delle opinioni (o anche delle domande, le famose domande sceme), ma magari lo faccio un’altra volta. Per ora mi basta ribadire che la stupidità non è una categoria utile per descrivere una qualità della nostra specie, mentre può essere un discreto indicatore quantitativo della propensione di una persona a danneggiare il prossimo o la collettività.

Fin dall’inizio del suo saggio Giancarlo Livraghi si dichiara sorpreso dalla scarsità di studi sistematici sulla stupidità umana. Azzardo una congettura: gli esseri umani, che sono assai meno stupidi di come siamo tentati di dipingerli, hanno intuito fin dagli albori della storia del pensiero che uno studio sistematico della stupidità potrebbe essere a tutti gli effetti una stupidaggine.