Posts Tagged ‘editoria’

Patrie lettere

Thursday, September 23rd, 2010

P.S. Per quel che riguarda la Mondadori e le decisioni di tipo commerciale io non ho commenti particolari da fare e posso solo dirti che non mi stupisco affatto. L’editoria contemporanea funziona in questo modo: al primo posto il mercato e all’ultimo gli autori. La cosa folle è che senza gli autori non ci sarebbe neppure il mercato.

Così scriveva Antonio Porta a Niva Lorenzini l’1 febbraio 1988. Verrebbe da pensare che ventidue anni sono trascorsi invano, quanto a funzionamento dell’editoria contemporanea, ma una lettura meno frettolosa aiuta a capire che molto è cambiato da allora: oggi, infatti, immaginare un mercato editoriale senza autori non è poi così folle.

Il carteggio Porta — Lorenzini è uno dei nove corpi epistolari pubblicati dall’Archivio italiano della tradizione epistolare in rete (AITER), un progetto curato da cinque università italiane. Obiettivo del progetto è “dare testimonianza del ruolo sociale che la lettera ha rivestito nella cultura italiana, problematizzando in chiave diacronica e diastratica il rapporto dei corrispondenti italiani con la lingua scritta”.

Per il lettore lento e tendenzialmente improduttivo, invece, l’obiettivo è quello di perdersi in centinaia di testi variabilissimi quanto a provenienza, scopo e qualità della scrittura. Un viaggio privo di fini dichiarati ma ricco di esiti imprevisti, come peraltro lo è ogni lettura affrontata dal succitato.

Passare da una cerimoniosa epistola del Castiglione a Ippolito d’Este (“in ogni cosa ov’io sapia la voluntà de V. S. R.ma inclinare, sono per mettergli ogni opera e faticha”) alla schietta invettiva indirizzata da un’anonima madre al re d’Italia (“Sono ormai tre anni che la bella Italia si trova in lutto e nel dolore, e tutto per causa vostra e degli assassini vostri seguaci”), per esempio, è un’esperienza notevole.

(La notizia dell’esistenza in vita dell’AITER arriva da qui).

Editoria lenta

Wednesday, February 8th, 2006

Troppi libri, tratto da home.att.net/~pennNel suo primo numero di quest’anno, la rivista di informazione libraria Bookshop ha lanciato una simpatica inchiesta intitolata «Troppi libri, un mercato a due velocità. Il problema della “superproduzione” editoriale».

L’ipotesi di fondo è che l’uscita di oltre 50.000 novità all’anno combinata con un 67% di popolazione allergica all’acquisto di libri – come da recente indagine Demoskopea – sia un cocktail esplosivo. «L’intasamento dei canali» si legge nell’editoriale della rivista «e l’accorciamento del ciclo di vita di ciascun titolo, a livello distributivo, minaccia di far saltare principalmente il modello di business della libreria indipendente».
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Libri che si vendono

Thursday, December 8th, 2005

Immagine tratta da www.viking.be/Photos/Paris/Bouquiniste-Paris.jpgIeri sera, mentre girovagavo per blog, mi è capitato di sentire questo signore dire queste cose qui sul tema Quando un libro si venderà?, lanciato il giorno prima da quest’altro signore. Rilanciato, in verità, dato che ne aveva già parlato qui.

Letto tutto? Bene. Ora, non più tardi di un mese e mezzo fa, capitava che il qui presente (niente link) umile lentore depositasse su questo medesimo blog – oggi onorato dalla tua graditissima ancorché veloce visita – un articolatissimo e ponderoso saggio pomposamente intitolato nientepopodimenoché Analizzare i giudizi dei lettori per identificare il profilo standard del testo narrativo idoneo al mercato.

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Pagare per esistere

Monday, November 28th, 2005

Pagare per leggereGli editori lamentano le poche copie vendute; i librai soffrono l’assottigliamento dei margini economici; gli autori rinnovano in mille modi l’antico aforisma: carmina non dant panem; i traduttori denunciano la scarsa visibilità del loro lavoro; i critici criticano la scarsa attenzione alla critica. Nella gran macchina della produzione letteraria tutti si considerano sottostimati, sottovalutati, sottopagati. No, dico, va bene che l’erba del vicino è sempre più verde, che l’uomo è pessimista per natura, che il mondo è crudele, ma allora io – il lettore – cosa dovrei dire?

Insomma, dico, dovrei sempre stare zitto e buono ad ascoltare le lamentele altrui? Eh no, cavolo, per una volta mi lamento io. Voglio gustare anch’io, e fino in fondo, l’universale panica esperienza del piagnisteo letterario.

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Le diatribe letterarie (3 – Fine)

Wednesday, November 16th, 2005

War with pen by Robert Neubecker, www.neubecker.comChe stavo dicendo? Ah già, diatribe quantitative versus diatribe qualitative. Ora, è evidente che tutto questo mio sollazzevole girovagare attorno al tema (sollazzevole per me, beninteso) non è del tutto centrato sul problema e trascura molti dettagli, restituendo una visione alquanto parziale della questione. Parziale sia in quanto incompleta sia in quanto faziosa, ovvero soggettiva. Va detto peraltro che non mi preme affatto essere oggettivo e imparziale (ammesso che sia mai possibile esserlo).

Tramontata l’epoca delle diatribe letterarie, dunque, oggi viviamo in quella delle diatribe commerciali. Vendere o non vendere, questo è l’unico dilemma rimasto in circolazione. Chi vende sopravvive e alla lunga prospera. Chi non vende muore. Il numero di copie vendute stabilisce il canone contemporaneo, troncando sul nascere fastidiose dispute sul valore letterario di quel che si pubblica: se vende, vale. Punto. La Rowling è il più grande scrittore vivente, altro che Faletti, che racimola al massimo un paio di milionate di copie. Camilleri, misurato sull’opera completa, è il più grande scrittore italiano di tutti i tempi; seguono distanziati Baricco e De Carlo; la Tamaro è un po’ in ribasso.

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Le diatribe letterarie (digressione quasi seria)

Tuesday, November 15th, 2005

Con un tempismo davvero sorprendente, ieri Giulio Mozzi ha pubblicato su Vibrisse un articolo che sembra scritto apposta per esemplificare queste mie umili divagazioni diatribiche. L’articolo si apre su questa domanda: «Esiste un modo per capire quanto influisce sulla vendita di un libro il fatto che si attivi un passaparola in rete?» e prosegue a porre domande su come la rete può influenzare le vendite librarie, per poi concludere così: «Io sento la mancanza, in molti discorsi che ho letti e sentiti a questo proposito, di approcci sistematici agli aspetti quantitativi della faccenda. Mi si dirà che non ci sono solo gli aspetti quantitativi; ed è vero; ma gli aspetti quantitativi ci sono.»

Premetto che mi sembra giusto che Giulio Mozzi, che sui libri e sull’editoria ci lavora e ci campa la giornata, parli di libri e di editoria in termini quantitativi. Ciò detto, mi ha sorpreso che Giulio Mozzi sentisse la mancanza di ciò di cui io percepisco la troppità: le diatribe quantitative. Ho provato a porre il problema nei commenti all’articolo (i miei sono quelli firmati Luca Tassinari), ma non credo di aver fatto breccia nel cuore di Mozzi, che lì era tutto rivolto (e, ripeto, con ottime ragioni) all’economia. A un certo punto, rispondendo a me, Giulio Mozzi ha detto:

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Le diatribe letterarie 2

Sunday, November 13th, 2005

War with pen by Robert Neubecker, www.neubecker.comLà, dove arditi guerrieri si davano battaglia su questioni di stile, oggi si fronteggiano macchine da guerra potenti e disumanizzate e le discussioni vertono principalmente sui numeri. Gli aspetti industriali del libro hanno completamente soppiantato quelli critici. Le moderne diatribe letterarie sono pilotate dalle macchine dell’editoria, della distribuzione, del giornalismo di propaganda culturale, delle catene di librerie, alle quali naturalmente non frega un accidente il come della letteratura, ma solo il quanto.

L’altro giorno seguivo una simpatica discussione su un blog. Si era partiti da un’iniziativa a sostegno della piccola editoria, lanciata con enorme entusiasmo e un pizzico di ingenuità da Alberto Giorgi. Ben presto la discussione si è attestata su domande del tipo: chi vende di più? chi vende di meno? spostano più copie le recensioni in rete o quelle sui quotidiani?

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