Posts Tagged ‘scuola’

Gli uomini non sono tutti uguali

Tuesday, July 19th, 2011

“Una sera sorprendo me stesso – una persona mite, una persona che ha studiato – a tirare una ciabatta contro il televisore, mentre su La7 un deputato di destra e un deputato di sinistra parlano di scuola”. Leggi tutto l’articolo sul blog di Claudio Giunta

Il voto in condotta

Tuesday, June 28th, 2011

In questo post dello Scorfano, insegnante di scuola secondaria superiore, c’è qualcosa che non mi convince, cioè la netta separazione istituita fra educazione intesa come insegnamento delle buone maniere, che sarebbe responsabilità esclusiva dei genitori o di chi ne fa le veci, e istruzione, ovvero trasmissione di saperi e competenze, che sarebbe responsabilità esclusiva degli insegnanti.

Una separazione così netta renderebbe paradossale il voto in condotta.

Dando per buona la distinzione, infatti, se si ritiene che il comportamento in classe sia un risultato dell’educazione, quindi responsabilità dei genitori, a che titolo gli insegnanti lo valutano con il voto in condotta? Non sarebbe più coerente abolirlo? Se invece si ritiene che il comportamento in classe sia responsabilità degli insegnanti, giustificando il voto in condotta, perché la scuola dovrebbe chiedere la collaborazione dei genitori quando gli alunni si comportano male? Non dovrebbero sbrigarsela gli insegnanti a colpi di cinque in condotta ai più maleducati?

L’esistenza in vita del voto in condotta suggerisce una visione meno manichea in cui educazione e istruzione sono due elementi di un processo più ampio, la formazione, dove i ruoli di attori diversi talvolta si sovrappongono. Quando i ruoli si sovrappongono nascono inevitabilmente conflitti, i famosi conflitti di competenza. Una volta accettata l’ineluttabilità del dissidio, non sarebbe più pratico che genitori e insegnanti collaborassero per comporre civilmente le controversie, anziché limitarsi all’antichissimo gioco dello scaricabarile? Gioco qui riconducibile alla forma:

Genitore: caro insegnante, se mio figlio fa casino in classe è colpa tua che non sai mantenere la disciplina.
Insegnante: caro genitore, se tuo figlio fa casino in classe è colpa tua che non sai insegnargli l’educazione.

Non sarebbe più pratico, dico, darsi come obbiettivo comune un punto in cui genitori e insegnanti possano pronunciare all’unisono qualcosa di più sensato? Qualcosa del tipo: caro ragazzo, se fai casino in classe è possibile che con te non abbiamo lavorato bene. Aiutaci a capire se e come possiamo migliorare.

A proposito di scuola pubblica

Monday, February 28th, 2011

Oggi siamo governati da un presidente del consiglio pagliaccio che spara ad alzo zero sulla scuola pubblica e da una ministra della pubblica istruzione pagliaccia che non si sente in dovere di difenderla. Sessant’anni fa sulla scena politica non c’erano pagliacci, ma persone serie come Piero Calamandrei. (via pessima)

Piero Calamandreidiscorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l’11 febbraio 1950

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito.

Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime… Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico”

L’ex-ministro Castelli

Friday, January 8th, 2010

Ieri sera ho guardato Annozero, la trasmissione di Santoro. Tra gli ospiti c’era l’ex-ministro Roberto Castelli della Lega Nord. Uno dei servizi della puntata riguardava i lavoratori di un call center che da mesi non ricevono lo stipendio e che per avere notizie dalla direzione dell’azienda, che si rifiutava di parlare con loro, hanno chiuso le uscite del posto di lavoro e hanno detto ai dirigenti: uscite pure, ma prima di uscire ascoltateci e diteci che fine hanno fatto i notri soldi.

L’ex-ministro Castelli ha voluto dire la sua sulla questione e quindi ha detto, rivolto ai lavoratori: ragazzi, attenzione che il sequestro di persona è reato.

Ora, io non so se l’ex-ministro Castelli ha qualche problema di percezione della realtà, ma dal servizio risultava chiaramente che nessuno aveva sequestrato nessuno e che i lavoratori avevano solo alzato un po’ la voce per farsi ascoltare dalla direzione. Tant’è che uno dei portavoce di questi lavoratori avrà detto almeno tre volte che per risolvere la questione sono intervenute le forze dell’ordine, e che le forze dell’ordine non hanno denunciato nessuno per sequestro di persona, ma anzi hanno consigliato ai dirigenti di ascoltare le ragioni dei lavoratori e di dar loro qualche risposta.

Cazzo c’entra il sequestro di persona, o stolido ex-ministro Castelli?

Ma non è tutto. Verso la fine della trasmissione è stata data la parola a una signora siciliana di trentasei anni, se non ricordo male, insegnante precaria in Sicilia. Questa signora ha raccontato in modo molto civile cosa significa essere precari della scuola a trentasei anni, criticando le scelte del governo in materia scolastica e soffermandosi in particolare sul problema dell’affollamento: classi di trenta alunni, diceva, sono un problema serio.

L’ex-ministro Castelli ha voluto dire la sua anche su questo, purtroppo, e non ha trovato niente di meglio da dire se non raccontare che lui ha fatto il liceo assieme a Formigoni, e che in classe erano quarantaquattro, e che lui e Formigoni non sono mica stati lì a lamentarsi, ma si sono rimboccati le maniche e adesso guarda dove sono arrivati, e che la signora insegnante precaria, invece di lamentarsi di classi di appena trenta alunni, doveva anche lei rimboccarsi le maniche, essere ottimista, lavorare sodo e guadagnarsi la michetta come fecero quegli sfigati che hanno fatto il liceo in classi da quarantaquattro (sfigati, a onor del vero, lo dico io, perché per Castelli la sfiga di aver fatto il liceo in condizioni così indecenti sembrava un punto d’onore).

Ora, l’ex-ministro Castelli è nato nel 1946, quindi ha iniziato il liceo nel 1960 (salvo bocciature), cioè cinquant’anni fa. Io vorrei fare qualche domanda all’ex-ministro Castelli: credi tu, ex-ministro Castelli, che ci siano buone ragioni perché la scuola di oggi ripeta gli errori della scuola di cinquant’anni fa? Credi davvero, ex-ministro Castelli, che oggi, nel 2010, sia un atto decente insultare un’insegnate precaria dicendole che dovrebbe lavorare anziché lamentarsi dello sfascio della scuola pubblica? Credi davvero che avere avuto la sfiga di frequentare una classe affollatissima ti dia il diritto di prendere per il culo una civile insegnante precaria siciliana che si rifiuta di veder ripiombare la scuola pubblica ai livelli di cinquant’anni fa?

Io capisco che frequentare il liceo in quelle condizioni, oltretutto con Formigoni come compagno di classe, possa lasciare segni indelebili nella psiche di chiunque, ma farsi vanto delle proprie miserie è un gesto abietto e meschino. Le persone intelligenti e sensibili lottano per impedire che le proprie miserie si ripetano. Le persone decenti non rispondono ai problemi di oggi sbandierando i propri di cinquant’anni fa, o indecente ex-ministro Castelli.

Il maestro di Cremona

Wednesday, December 16th, 2009

Leggo che in una scuola di Cremona hanno deciso di rinominare il Natale. Cito:

Il maestro che ha preso la decisione non ha ripensamenti o dubbi: ci sono molti bambini di fede e nazionalità diverse, si rischiava di urtare la loro sensibilità. La nascita di Gesù si chiamerà «Festa delle luci».

Sono sbalordito dalla scorrettezza politica di questo maestro. E dire che bastava una piccola ricerca in google per capire quanto sia infelice la scelta di questo nome.

Se l’avesse fatta, avrebbe appreso che “Chanukkà o Hanukkah (in ebraico חנכה, ḥănukkāh) è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle Luci“, e che Festa delle luci è anche la traduzione di Diwali, un’importante festa induista. Si sarebbe subito reso conto, il maestro di Cremona, che il passaggio del Natale dal cristianesimo all’ebraismo o all’induismo non risolve il problema di non urtare la sensibilità di bambini scintoisti, animisti, musulmani, bahai, agnostici, politeisti e fedeli del Grande Cocomero.

E non basta. La ricerca rivela che a Lione la Festa delle luci è uno degli eventi più attesi dell’anno. Questo nome mette quindi a dura prova anche la sensibilità di eventuali scolari lionesi, per tacere della sensibilità di quelli provenienti da città francesi che con Lione potrebbero avere vecchie ruggini o questioni di campanile.

Davvero non ci sono parole per definire la mancanza di tatto di quel maestro di Cremona.