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Umane lettere

Wednesday, March 30th, 2011

L’Italia non ha bisogno di molti laureati in discipline umanistiche. Ha bisogno di una buona cultura diffusa, ma questo è tutt’altro discorso: e l’aiuto che le facoltà umanistiche possono dare in questo senso consiste soprattutto nel formare insegnanti eccellenti e intellettuali dotati di senso critico, non nel laureare in Lettere l’intera nazione. Questo non è ‘portare la cultura al popolo’, è prenderlo in giro.

Leggi tutto l’articolo Test d’ingresso nelle facoltà umanistiche. Adesso sul blog di Claudio Giunta.

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Claudio Giunta scrive con uno stile molto chiaro, figlio, immagino, di una notevole chiarezza di idee. Già questo basta a ripagare il tempo speso a leggere i suoi post. Questa volta, però, mi ha fatto piacere leggerlo anche perché quel che scrive mi riguarda.

Mi sono laureato in Storia alla tenera età di trentasei anni — già padre di un bellissimo cucciolo di un anno e in attesa del secondo, bellissimo fin dalle prime ecografie — il 19 marzo 1998, non a caso festa del papà. Il mio corso di studi si era svolto qualche anno prima, fra il 1981 e il 1986, rallentato all’inizio dalla scelta infelice di iscrivermi a Ingegneria e alla fine dalla scelta felice di trovarmi un lavoro che non avesse punto a che vedere né con l’ingegneria né con la storia.

Racconto questa botta di fatti miei perché mi sembra un’illustrazione abbastanza adatta per l’articolo di Claudio Giunta. Io fui tra quelli che si iscrivono a una facoltà umanistica per passione, cioè fui tra quelli che Claudio Giunta stigmatizza con educata ferocia nel suo post e sui quali lancia una fosca profezia:

Molti finiranno disoccupati a vita; molti cominceranno a fare a trentacinque anni un lavoro che avrebbero dovuto cominciare a fare a venticinque: dieci anni sprecati.

A me è andata meglio, un po’ per talento e un po’ perché — come disse Bora Milutinovic giusto pochi mesi dopo la mia laurea — “nella vita ci vuole culo e io ho molto culo”. Mi è andata decisamente meglio, ma non posso dire di non aver corso il rischio.

Col senno di poi, e per interposto senno di Claudio Giunta, oggi sconsiglierei a chiunque di intraprendere un corso di studi umanistico solo per passione, in primo luogo perché non tutti hanno il culo che ho io, in secondo luogo perché posso testimoniare che la passione per le umane lettere si può coltivare anche facendo qualcosa di diverso. Solo la passione, neh, non la competenza: per quella tocca proprio iscriversi a una facoltà umanistica e invocare da un nume a scelta la grazia di trovarci buoni professori, perché fino a quando l’idea del numero chiuso perorata da Giunta non diventerà realtà, il rischio di trovarci professori per passione è molto elevato.