[Ricevo e volentieri rilancio la notizia di una prossima performance teatrale dell’attore e scrittore Nevio Gambula]
Sotto il titolo Incipit vita nova Nevio Gambula propone una performance sfinente per durata e intensità, assemblando in un’unica pièce, e recitandoli uno di seguito all’altro, tre diversi spettacoli.
La performance, che si terrà il 20 gennaio 2007 al Teatro Filippini di Verona, prevede:
alle ore 20.30 LA LINGUA RECISA, il tragico monologo di Calibano scritto e interpretato da NG;
alle 21.30 HAMLET EX MACHINA, da Heiner Muller, con Maurizio Zanolli nella parte dell’Orazio-pittore e NG in quella dell’Interprete di Amleto, colonna sonora a cura dell’Orchestra Majakovskij;
alle 22.20 ERODIADE, un canto crudele con materia verbale e recitazione di NG e musiche di Angelo Petronella.
Così Nevio Gambula descrive la serata:
Questa serata è la sintesi della mia ricerca stilistica. Una serata in cui l’attore, tramite il gesto estremo dello sfinimento di se stesso, si pone al limite del teatro, tende al canto, al suono dissonante, al piacere dell’afasia, alla poesia.
Una serata giocata essenzialmente sulla recitazione, privata però di ogni effetto consolatorio, dunque lontano dai modi praticati abitualmente dagli attori contemporanei; e dove la recente decadenza sociale e culturale è resa con un linguaggio sconnesso, perverso, senza armonia. Una serata eccessiva, debordante, esagerata.
Una serata in cui l’attore, abbandonando definitivamente ogni idea di interpretazione, si mostra per come è veramente, al di là di ogni finzione, al di là di ogni rappresentazione, di ogni catarsi. L’attore allora sparisce e, insieme, rinasce, in un gioco fecondo di torsioni e strappi, come raccogliendo la sfida di Artaud: «rovesciare sulla scena la vita nella sua totalità recuperata»; incipit vita nova, appunto.
[Qui altri particolari sulla performance]
“…dove la recente decadenza sociale e culturale…”
Veramente di “recente” decadenza sociale e culturale si sente parlare da millenni. Chissà perché guardardo indietro, da sempre, si tende a far sfavillare luci ben misere e a minimizzare oscurità tremende.