Del millenario problema di come sfamare i folli che decidono di campare scrivendo capolavori in poesia o in prosa si parla in questi giorni su Lipperatura.
La questione fu affrontata da Giorgio Manganelli cinquant’anni fa, quattro prima di pubblicare il suo primo libro. Luciano Anceschi gli aveva chiesto di curare una rassegna inglese su «il verri».
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Roma, 13 gennaio 1960
Carissimo Anceschi,
[…] Non ti nasconderò qual è il problema pratico di fondo: io ho a mia disposizione assai poco tempo, poiché debbo acconciarmi a lavori non illustri, ma retribuiti, lavori cui non mi è possibile rinunciare per attendere ad altri più secondo il cuore mio, ma più ascetici e parchi. In proposito, con candore emiliano, vorrei chiederti: quanto pensi che possa offrire il Verri per questa collaborazione? E il problema dell’acquisto dei libri? Certi libri di cui vale la pena parlare sono assai costosi. Il problema è tutto qui: leggi bronzee dei salari, congiunture pratiche, sobrietà di ministeri collaborano a fare di me un bracciante delle lettere; né per ora vedo diverse prospettive. [Giorgio Manganelli, I borborigmi di un’anima, Aragno 2010, pag. 33]
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(Il termine pekulio è usato da Manganelli in altra e più tarda lettera ad Anceschi. Il libro sopra linkato, a cura e con postfazione di Lietta Manganelli, è ovviamente da comprare e leggere, assieme al volume di lettere familiari Circolazione a più cuori. Non tra un po’: subito!)
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