Qualche giorno fa è balzata agli onori della cronaca (si fa per dire) una triste notizia: la casa editrice Quiritta chiude i battenti. Come dici, o lettore aduso allo zapping internettico più inconcludente? Non te ne sei accorto? Be’, stavolta non è tutta colpa tua. La notizia è stata riportata solo da un paio di blog, Nazione indiana e Lipperatura, e dai commenti ai relativi articoli mi pare di intuire che molti dei lettori letterati della blogosfera italiana manco sanno cosa sia o dove stia di casa, la casa editrice Quiritta. O, se lo sanno, poco importa loro che il suo fondatore Roberto Parpaglioni abbia deciso di chiuderla.
Donde procede cotanta ignoranza? da dove tanta indifferenza? L’ignoranza è quasi certamente legata al fatto che Quiritta non è presente in rete. Perfino tu, lettore errante e sbadato, avrai notato che il link a Quiritta all’inizio di questo articolo punta alla definizione del lemma quiritta sul dizionario De Mauro. Scelta obbligata proprio perché non esiste un sito Web della casa editrice Quiritta, ma anche scelta ragionata, perché Roberto Parpaglioni ha tratto il nome della sua creatura editoriale dal significato di questa rarissima parola italiana: proprio qui.
L’indifferenza è certamente figlia dell’ignoranza, ma forse c’è dell’altro: c’è che di una casa editrice dedicata interamente alla letteratura italiana, allo scopo dichiarato di “riconquistare il senso di una continuità linguistica e culturale” non gliene frega niente a nessuno.
Roberto Parpaglioni non lo conosco, ma quel che ho letto su di lui me lo fa immaginare come un sognatore, un utopista, uno che si infiamma per questioni talmente poco popolari da collocarsi con le sue mani ai margini del mainstream. Tutto ciò me lo rende particolarmente simpatico. Qui, per esempio, si lancia in una strenua difesa del garbo, del rispetto e della gentilezza, contro l’aggressività delle discussioni. Non è certo un tema all’ordine del giorno sui media nostrani, rete compresa, motivo per cui gli argomenti di Parpaglioni suonano un po’ donchisciotteschi. Ma come dargli torto quando dice che aggressività, intolleranza e violenza del linguaggio sono strumenti dialettici poveri e facili, consegnati dai sovrani ai sudditi per poterli dominare più facilmente?
Per uno strano scherzo del destino, di Quiritta e Parpaglioni si è parlato quest’estate nell’ambito di una polemica dai toni non sempre garbati e rispettosi, quando il libro presentato dalla casa editrice al premio Strega è stato escluso dalla cinquina finale. Parpaglioni se l’è presa moltissimo, con una reazione ancora una volta non priva di una tenera ingenuità (per inciso, prego notare il garbo, il rispetto e la gentilezza degli ultimi commenti al post linkato).
Roberto Parpaglioni mi sembra un gentiluomo d’altri tempi, capace di esprimere con stile un’intensa passione civile e letteraria. Anche Quiritta è un po’ così: garbata, gentile, intelligente, un po’ rétro. La notizia della sua chiusura lascia molto amaro in bocca proprio perché Quiritta è una voce diversa nell’editoria italiana, una voce appassionata e autorevole, ma anche calma, tranquilla, dialogante. Io spero sinceramente che Parpaglioni ci ripensi e che quella voce possa continuare a risuonare ancora a lungo.
Tags: Libri, Quiritta, Roberto Parpaglioni
[…] [Qui avevo parlato di Quiritta e del suo fondatore Roberto Parpaglioni, dopo aver letto l’intervista a Jacopo Guerriero in cui annunciava la chiusura della casa editrice. Oggi ricevo e pubblico volentieri un’altra intervista rilasciata da Parpaglioni a Silvana Rigobon, pubblicata sul numero 1/2006 di Fernandel, in edicola in questi giorni] […]