Noi lettori lenti seguiamo non senza qualche difficoltà le molto concitate diatribe letterarie contemporanee. Si tratta di discussioni affrontate con piglio autorevole e serio da protagonisti delle patrie lettere, tanto che lì per lì possono facilmente essere scambiate per questioni di vita o di morte per l’oggetto di turno: la letteratura, la poesia, il mercato librario, la cultura, la critica. Tuttavia il più delle volte le polemiche si smorzano e si esauriscono nell’arco di poche settimane: troppo poco per consentire al lettore lento di digerire la materia e formarsi un’opinione personale. Ah bei tempi, quando la Querelle des Anciens et des Modernes si protraeva per decine e decine d’anni!
Ora purtroppo è tempo di diatribe usa e getta, che a fatica sopravvivono alle stagioni dell’anno. La diatriba attuale ruota con varie sfumature attorno alla questione della marginalità della letteratura. Critici, scrittori, operatori editoriali e lettori si interrogano sulle ragioni che spingono la Letteratura (con la L maiuscola) in zone sempre più periferiche della vita culturale e dell’immaginario collettivo: compressa fra il potere della comunicazione mass-mediatica e quello dell’editoria di consumo, la Letteratura (quella con la L maiuscola) è sempre più relegata al ruolo di discorso residuale, minore, insignificante, per l’appunto marginale.
Tra denunce infocate e alquanto reboanti dello stato di crisi e ragionevoli proposte di soluzione al problema, la diatriba si sviluppa da qualche tempo, equamente ripartita fra libri, riviste, rotocalchi e blog letterari. Impossiile per noi fondisti della lettura anche solo tentare di tener saldo fra le dita il filo di cotanta discussione. Meglio cogliere al volo un frammento del discorso, una scheggia tematica, una parola riassuntiva, e su quella imbastire una fugace nota a margine.
Il margine, appunto. C’è stato un tempo in cui le edizioni tascabili non esistevano e i libri venivano stampati con margini adeguatamente ampi, tali da consentire al lettore di utilizzarli per appuntarvi le proprie considerazioni sul testo in corso di lettura: note a margine, appunti, commenti, chiose. La nota a margine è parte vitale della letteratura, tanto che uno dei primi testi letterari italiani, l’indovinello veronese, era una nota redatta da uno zelante copista a margine di un manoscritto latino. Un caso esemplare di letteratura marginale, letteratura scaturita dal margine.
Schopenhauer ha disegnato un asinello sul margine di un testo di Hegel, unitamente al commento Quelle bêtise!, che idiozia! Una chiosa che riassume da sola tutto il caustico disprezzo dell’un filosofo per l’altro. Non è forse questa Letteratura (con la L maiuscola)? E non è sorta anch’essa dal margine?
E non è forse ragionevole immaginare tutta la letteratura come un’unica ininterrotta nota a margine dell’umanità?
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