Gualberto Alvino

Non sono bravo a fare discorsi, però oggi voglio farne uno. In realtà sarebbe più corretto dire che devo farne uno, ma tra dovere e amicizia non corre buon sangue, quindi insisto nel dire che voglio fare un discorso, in piena libertà, senza vincoli di gratitudine o di riverenza, sebbene l’una e l’altra siano tutt’altro che estranee a quello che voglio dire.

Capire la mia gratitudine nei confronti di Gualberto Alvino non è difficile. Basta dare un’occhiata alla “pizzuteide”, di cui anche l’intervento di Felice Paniconi che pubblico oggi fa parte. Tolti i miei balbettii iniziali, tutti gli articoli qui pubblicati in memoria di Antonio Pizzuto ci sono grazie al lavoro instancabile di Gualberto Alvino, che si è fatto letteralmente in quattro per farmeli avere. Si è fatto e si sta tuttora facendo in quattro in modo del tutto gratuito, dato che lui meglio di chiunque altro sa bene che la dedizione ad Antonio Pizzuto non procura facili glorie.

E aggiungo che lui – massimo studioso di Pizzuto – ha dato ascolto a un massimo sconosciuto come me. Non solo, ma ha sbriciolato il mio timore reverenziale dei primi contatti con ripetute cariche esplosive di cortesia, disponibilità, pazienza, tanto che oggi parlando di lui parlo di un amico. Certo, è un amico che non esito a chiamare maestro quando il discorso vira sulla letteratura, perché il lavoro enorme che ha fatto e sta facendo per Pizzuto, e non solo, continuerà sempre a incutermi riverenza.

E qui mi fermo per dare spazio a Felice Paniconi – amico di lunga data di Gualberto Alvino e testimone delle sue prime imprese “alpinistiche” sui testi pizzutiani – e a questo suo intenso omaggio all’amico e allo studioso.

Intervento per la presentazione del libro di Gualberto Alvino Chi ha paura di Antonio Pizzuto? Saggi, note, riflessioni. Roma, 2000

di Felice Paniconi

Pizzuto è Pizzuto e Gualberto Alvino è Gualberto Alvino. Vorrei subito chiarire che ci troviamo di fronte al primo, in un certo senso, vero libro di Gualberto Alvino. Non è che gli altri fossero falsi, ma erano libri a cura di. E se togliamo il testo Tra linguistica e letteratura. Scritti su D’Arrigo, Consolo, Bufalino, ma siamo sempre nella Trinacria, il punto fermo di Gualberto Alvino è stato sempre, soprattutto Pizzuto. Ed appena vedrà la luce la sua ultima fatica – il carteggio Contini-Pizzuto – il mondo letterario, quelli che si occupano di belle lettere, faranno alto.

Io ho il piacere di essere amico di Gualberto Alvino, amico fin dai tempi dell’Università, quando eravamo giovani assetati, figli di Pedullà, Baldelli, Roncaglia e innamorati di Contini. Vorrei, anche perché non so se riuscirò a fare un discorso critico, vorrei partire proprio dall’Università quando un giorno, era il 1976, Pedullà iniziò la sua lezione con voce leggera e commossa dicendo: «E’ scomparso in questi giorni un grandissimo scrittore. E’ venuto a mancare in questi giorni un grandissimo scrittore… lo scrittore sicuramente più importante del ‘900: Antonio Pizzuto…» e continuò il discorso con citazioni, aspetti critici e linguistici…

Al mio fianco c’era Gualberto Alvino e abbiamo avuto subito uno sguardo di intesa, come un patto. E ci siamo buttati sui libri pizzuti di Antonio Pizzuto. Libri tra l’altro introvabili nelle librerie ufficiali, ma presenti sulle bancarelle o da remainders. I libri ci hanno in seguito portato da Maria Pizzuto, nella sua casa romana in cui nella penombra gravava la presenza dello scrittore siciliano. Furono momenti bellissimi, che hanno portato il mio vicino di banco a diventare il massimo studioso delle opere di Pizzuto. Da qui sono nate moltissime pubblicazioni dalla Taverna di Auerbach del 1988 ai quaderni pizzutiani, ai carteggi…

Il lavoro, essenzialmente filologico di Gualberto Alvino nei confronti di Antonio Pizzuto può essere suddiviso in tre parti:
1. Ha decrittato opere destinate all’illeggibilità e che sono, grazie a lui, diventate leggibili e gobili come Giunte e Virgole.
2 Ha pubblicato saggi critici, lavorando su opere già pubblicate Apportando correzioni ed indicazioni testuali (aggiustando salti di righe, omissioni, parole errate).
3 Ha pubblicato le onomaturgie. Studi sul glossario del palermitano, sulle parole inventate da Pizzuto.

Lavoro bellissimo, in salita, come dice Pedullà, ma immaginate la gioia di Gualberto Alvino quando è sull’Everest di una parola. E per noi, per me poi in modo particolare malato di pigrizia poetica, Alvino è fondamentale, è lui che ce lo ha reso disponibile, leggibile, ed accettate la ripetizione, godibile.

Per fare questo Gualberto Alvino ha ricercato le orme di Pizzuto e, armato delle stesse armi del Palermitano, la filologia, gli studi classici e un’intransigenza linguistica maniacale, lo ha inseguito, braccato e trovato sulla pagina. Ricordo quando un giorno mi telefonò, non riuscendo a trattenere la gioia, perché aveva trovato Il Fanfani, il vocabolario che usava Pizzuto. Mi diede l’idea di un figlio che va sulle orme del padre partito a sua volta alla ricerca dell’oro e del quale non si hanno più notizie. Un bel giorno il figlio trova il setaccio con il quale il padre passava la sabbia. Lo guarda con amore, prende i manici su cui si erano strette le mani di Pizzuto, guarda con attenzione le maglie della rete per vedere se qualche pepita… Trovare il Fanfani per Gualberto Alvino è stato come abbracciare Pizzuto. E non è una frase ovvia che lo scrittore ed il critico bevono alla stessa fonte, o che hanno le mani bruciate dalle stesse stigmate.

Ma il nostro critico è andato anche oltre, ed ecco analisi ritmiche, di punteggiatura, come se il testo di Pizzuto fosse uno spartito musicale e la prosa poesia, anche se il palermitano si è sempre dichiarato scrittore, narratore e non poeta. Gualberto Alvino sostiene che questa è la chiave di accesso all’opera di Pizzuto, considerare Pizzuto un poeta. Un poeta, vorrei aggiungere io, che lavora sul ritmo, sulla musicalità e sulla parola. Una parola che non è, come qualche critico ha affermato astratta o astrusa ma una parola che è reale, che è pane.

Conoscendo Alvino posso anche dire che è preciso, esigente e duro, intransigente e dotato di una grande passione. Una passione arricchita dall’insonnia. Pedullà nell’introduzione afferma che il critico ha lavorato giorno e notte per capire il significato unico di ogni parola del narratore di Palermo, ebbene se non fosse malato d’insonnia, d’insonnia filologica, non avrebbe dato la vita per queste opere. È un critico all’eccesso che non accetta la normalità, come Pizzuto che sa bene che uno scrittore deve rompere le abitudini del pensiero, mettere in crisi con una sola parola un’esistenza. E noi sappiamo bene che l’arte è arte quando spezza i normali schemi del pensiero, quando apre nuovi orizzonti. Tutti noi sappiamo bene che con la “Sintassi nominale” Pizzuto ha anticipato il nostro tempo, ha vissuto il tempo che non ha vissuto. Perché la sintassi nominale non è altro che la distruzione del tempo (del tempo ciclico e lineare) e l’affermazione del tempo reale, del nostro tempo globalizzato che altro non è poi se non la distruzione del tempo, la mancanza del tempo, un tempo che, ma questo non lo raccontate a Proust, non si ritrova più. Ed ecco allora l’abolizione dei tempi e dei modi, non c’è più un tempo e un modo nella vita. E’ un eterno infinito che può offrire asilo solo al gerundio, suo vicino di casa.

La passione di Gualberto Alvino è anche generosa. Ha scoperto un’isola bellissima, un’isola piena di tesori e non la vuol abitare da solo, vuole portare tutti su questa isola di Pizzuto. Per fare questo ha costruito dei ponti ma vede che i più non vogliono salire ed allora scrive: Chi ha paura di Antonio Pizzuto? Ma io mi sono anche chiesto: Cosa vuol dire Paura? Paura in che senso! È uno scrittore che crea repulsione o pericolo, una sorta di arditezza temeraria, un atteggiamento di sospetto. Paura nel senso che il volto di Pizzuto fa paura? Penso che sia il semplice timore di uno sviluppo o di una conseguenza sfavorevole, in questo modo si capisce anche il “chi” iniziale, mi verrebbe da chiedere, magari puntando una pistola, fuori i nomi. Ma poi in realtà tutti sanno nome e cognome. Per saperlo meglio basta andare sull’isola Pizzuto. Qui sicuramente c’è Maria Pizzuto, Pedullà, Alvino, Pane, Molli, Tucci…
C’è Contini, Nencioni, Segre…
Spero di esserci anch’io e di questo ringrazio il mio buon Caronte.

One Response to “Gualberto Alvino”

  1. C’è anche Letturalenta.

    Bart

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