Nel trentesimo anniversario dell’eradicazione di Antonio Pizzuto dal palcoscenico grottesco che non senza sprezzo del ridicolo siamo soliti definire vita, le pagine culturali dei maggiori quotidiani nazionali pullulano di omaggi, ricordi, notizie, discussioni, recensioni, dibattiti, picche e ripicche, sillogi monografiche, citazioni e dotte disquisizioni sul massimo rappresentante della narrativa italiana, a suo dire ingiustamente trascurato o bistrattato dai critici: Alessandro Baricco.
Nel tentativo inane e perdente di distogliere per un momento lo sguardo dal povero pavone ferito, continuiamo qui – in forma come sempre privata, clandestina e cospirativa – a proporre lacerti, frammenti, ritagli e notiziole a margine del grande marginale Antonio Pizzuto.
Notizia
Antonio Pizzuto è nato a Palermo il 14 maggio 1893 da famiglia di tradizioni umanistiche e letterarie. Il nonno materno, Ugo Antonio Amico fu latinista apprezzato anche dal Carducci. La madre Maria Amico Pizzuto scrisse poesie: per lei bambina il Carducci compose una breve lirica. Antonio Pizzuto si laureò giovanissimo in giusrisprudenza con una tesi di economia e statistica, più tardi in filosofia. Entrato nella Pubblica Sicurezza arrivò al grado di questore e coprì, tra l’altro, la carica di presidente della commissione internazionale di polizia criminale. Si dimise alcuni anni fa.
Fin dalla giovinezza ebbe viva passione per la letteratura e preparò le sue basi di scrittore traducendo classici latini e greci: fra i quali Cicerone e Platone. Si dedicò pure alla filosofia traducendo opere di Kant. Lesse in lingua originale tutte le opere di Joyce, di Thomas Mann, di Proust. Dopo tre anni di lavoro, nel 1956, terminava Signorina Rosina. Attualmente lavora ad un romanzo di più vaste proporzioni in titilato Si riparano bambole il cui personaggio principale è un musicista. Pizzuto conosce profondamente la musica anche dal punto di vista tecnico e asserisce di dover molto anche come scrittore a questa sua conoscenza. Dopo la guerra scrisse un altro romanzo che desidera sia pubblicato postumo. Vive a Roma.
Varianti della Notizia
Signorina Rosina uscì per l’editore Macchia del 1956 e fu poi ristampato da Lerici nel 1959. La Notizia riportata sopra è tratta dall’edizione Lerici. Molti libri di Pizzuto usciti in seguito contengono una Notizia ricavata da questa, ma con qualche variante significativa.
In Il Triciclo, 1966 e ancora in Giunte e virgole, 1976, entrambi pubblicati da Scheiwiller nella collana All’insegna del pesce d’oro, la Notizia si stabilizza con queste varianti:
1. Identico il primo paragrafo, ma viene espunto Si dimise alcuni anni fa.
2. traducendo classici latini e greci diventa leggendo e schedando classici latini e greci. Salta fra i quali Cicerone e Platone.
3. Si dedicò pure alla filosofia traducendo opere di Kant. diventa si dedicò pure alla filosofia: tradusse Grundlage zur Metaphysik der Sitten di Kant.
4. Salta da Lesse in lingua originale… a …questa sua conoscenza.
5. Dopo la guerra scrisse un altro romanzo… diventa Precedentemente aveva scritto quattro romanzi firmati con pseudonimi differenti e tre dei quali inediti.
6. Vive a Roma si estende in Vive a Roma attendendo allo scrivere.
Nota a margine: saltano i riferimenti temporali troppo puntuali, come si dimise alcuni anni fa o l’accenno alle opere in corso di lavorazione. Salta anche l’accenno alla musica, che pure non cessò di essere un punto di riferimento importante per il lavoro di sperimentazione narrativa di Pizzuto. Se nel 1959 Pizzuto riteneva opportuno ricordare solo un romanzo scritto dopo la guerra, a partire dal 1966 considera degni di menzione quattro romanzi, e rivela implicitamente di averne pubblicato uno in precedenza. I riferimenti puntuali del 1959 (si dimise, attualmente lavora ad un romanzo) si condensano nell’annotazione di un work in progress generico e indeterminato attendendo allo scrivere. È infine significativo che il primo paragrafo resti praticamente invariato: quelle sono le uniche informazioni biografiche che Pizzuto considera di qualche interesse per il lettore dei suoi libri.
In Due racconti di Sallino Sallini, Scheiwiller 1978, la Notizia è ricalcata su quella di del 1966 e 1976. ma con alcune varianti non attribuibili a Pizzuto, morto due anni prima.
1. Dopo viva passione per la letteratura è inserito fra parentesi: Sull’«Illustrazione popolare» del 16 maggio 1912 pubblicò Rosalia, novella marinaresca, col nome di Antonino Pizzuto.
2. Dopo tre dei quali inediti è inserito fra parentesi: Sinfonia, Rapin e Rapier, Così. L’unico edito, Sul ponte di Avignone, fu pubblicato nel 1938 a Roma dalle edizioni “Ardita”, sotto lo pseudonimo di HEIS.
3. Vive a Roma attendendo allo scrivere diventa Visse a Roma attendendo allo scrivere e dove morì, povero e trascurato, il 23 ottobre 1976.
Questi racconti inediti furono donati a Vanni Scheiwiller da Maria Pizzuto, figlia dell’autore. L’intonazione tra il pacatamente accusatorio e l’intensamente affettuoso di quel povero e trascurato fa pensare che le ultime varianti alla Notizia siano state scritte proprio da Maria Pizzuto.
“Uscendo egli il mercoledì e il sabato per recarsi a lezione, trovava giù in attesa la macchina inviatagli dalla scuola; non di quelle ufficiali nere luccicanti quasi melanzane, ma piccola, tonda come una coccinella, mezzo verdastra per gli anni, con due posti soltanto. Pofi si incastrava a destra del guidatore. Nell’afa del dopo pranzo, rannicchiato entro al ricettacolo, subito il sedile gli trasmetteva la sua tempratura solare. Si era intorno all’estate, fra le tre e le quattro. La chiusura degli sportelli, conseguita con bottoni militari, perfezionava il serraglio. E via, attraverso la porta di S. Giovanni, per l’immensa piazza, ovunque alberi, aiuole, quella coltivata a fiori del pensiero sotto il monumento da cui S. Francesco estatico si protende incontro alla grande basilica, cattedrale di Roma. Via, destreggiando fra tram veicoli viandanti su e giù in ogni senso. Più oltre, ingolfatisi nella carreggiata pur ampia, i rallentamenti, gli arresti, ancora pochi metri, sosta, due file di vetture una accanto all’altra, ogni tanto in moto ma a passo a passo, e ferme da capo. Qui Pofi si abbandonò a uno sbadiglio smisurato, senza ritegno, che gli fece persino levare il viso. Allato, in profilo, lungo alti finestrini apparivano viaggiatori impassibili provenienti dall’aeroporto; fra essi, una signora affissava giù a sbieco quel biasimevole sganasciarsi, che subito fu rotto appena gli sguardi si incontrarono. Un indulgente sorriso non privo di malizia accolse l’inane rimedio. Pofi ricambiò tra lo schietto e l’apologetico. Aggiunse un inchino, ma tardivo: il rimettersi in via giusto allora la macchinetta ne impedì un recapito. Già egli era allo sbocco quando il semaforo segnò rosso. Ella giunse di nuovo a paro. Poterono sorridersi da vecchi amici. Pofi ripeté l’inchino, così cortese da rendere eccezionale quel trascorso. Via libera. E questa volta fu la separazione definitiva. Non si legge forse nell’altro libro essere ogni incontro una catastrofe? Se vi riconoscete, occhi inglesi in un viso lungo (Roma, tre, forse quattro anni addietro), cedano qui almeno le impossibilità, venga un segno, me ne rammento, mi chiamo, my name is Maud, is Daphne, is Ruth”.
Antonio Pizzuto. Si riparano bambole, Palermo, Sellerio, 2001, pp. 283-84.
grazie, miku
miku, cacchiarola!, mi devo essere addormentato in groppa a un hypterodonte: questa tua citazione mi era completamente sfuggita. Molto azzeccata, peraltro, dato che si parlava di biografia del nostro: tutta la produzione letteraria di Pizzuto ha un forte contenuto autobiografico. Si riparano bambole, poi… un libro splendido, da leggere e rileggere alla faccia di tutti i baricchi, i citati e i ferroni di questo mondo!
O lentista: ti sfiderei a singolar allafaccia, se la cosa non dilagasse in modo canceroso, come mi immagino.