Avvertenza: anticipo la mia piena solidarietà al volenteroso lettore che, dopo essersi sorbito per intero questo post, lo giudicherà completamente delirante. Tuttavia, a parziale discolpa dell’autore di codesto delirio, inviterei il medesimo lettore a tener conto del fatto che a volte la realtà supera la fantasia.
Il processo
Nel 1857 il Tribunale di prima istanza di Parigi si riunì per decidere su un’accusa di oscenità. La pubblica accusa era rappresentata dal procuratore imperiale Ernest Pinard. L’imputato principale era lo scrittore Giulio Mozzi, autore del racconto Amore incluso nella raccolta di racconti Il male naturale. Al termine di un acceso dibattimento accusa e difesa pronunciarono le loro arringhe e la corte emise il verdetto.
L’arringa della pubblica accusa
Scopo dell’accusa è ribadire la norma per cui la letteratura non deve mai oltrepassare la soglia della decenza e della pubblica moralità. Dimostrerò che il racconto di Mozzi ha violato questa norma reiteratamente. In primo luogo, a dispetto del titolo, il racconto mostra un rapporto sessuale senza amore, irridendo le sane consuetudini della pubblica moralità che giustamente accettano l’atto sessuale solo entro una relazione di reciproco amore.
Il racconto, poi, insegna che per farsi amare occorre trattare male le persone. Infatti il bambino tratta male l’uomo e questi nel finale lo chiama Amore. Nel corso del dibattimento la difesa ha sostenuto che il racconto è morale perché “incita alla virtù mostrando la potenza del vizio”, e che alla fine l’uomo paga per la sua immoralità. Ebbene, questo è semplicemente falso, a meno che non si voglia sostenere che una pistola giocattolo premuta sul ventre sia una pena sufficiente per un pedofilo.
Ma l’accusa più grave che intendo muovere a questo sordido racconto è che non contiene, come dovrebbe, una condanna dura e inequivocabile della pedofilia. Né l’adulto né il bambino mostrano disagio o sensi di colpa, e questo potrebbe indurre un lettore poco attento e istruito a concludere che tutto sommato la pedofilia è un male accettabile. Questo è francamente inammissibile!
Per proteggere la società dalla scellerata disinvoltura di scrittori come Giulio Mozzi, chiedo che costui sia condannato al massimo della pena prevista per il reato di offesa alla pubblica decenza e che il libro Il male naturale sia immediatamente ritirato dal commercio e ne sia vietata la ristampa.
L’arringa della difesa
Dimostrerò che le accuse rivolte al mio cliente da Sua Eccellenza il procuratore imperiale Ernest Pinard sono del tutto infondate. La pubblica accusa si è soffermata su alcuni particolari della vicenda ignorando completamente l’opera nel suo insieme, le intenzioni dell’autore e gli alti insegnamenti morali che emergono da una lettura non superficiale.
Il rapporto in assenza di amore va letto come accusa sferzante e indignata contro una società che enuncia formalmente buoni princìpi morali per poi agire in modo del tutto immorale. Basta alzare di poco il velo della finzione narrativa per vedere cosa c’è dietro quel rapporto osceno e fatale: famiglie incapaci di educare i figli alla rinuncia e allo spirito di sacrificio; insegnanti pronti a premiare i violenti e a punire i miti; corruzione pubblica e apologia del facile guadagno! Trattare male le persone per farsi amare, inoltre, non è certo un’invenzione del mio cliente. Basta guardarsi attorno per vedere lo stato di miseria in cui versano i giusti, mentre i violenti arricchiscono e gozzovigliano!
Non mi sorprende, infine che il procuratore imperiale accusi il mio cliente di non emettere una condanna dura e inequivocabile della pedofilia. Questo succede proprio perché il procuratore imperiale si è impegnato a fare a pezzi il racconto, ignorando l’insieme. La condanna del male è implicita nella scelta di mostrarlo senza sconti e senza infingimenti! Non c’è condanna più dura e inequivocabile di questa!
Giulio Mozzi ha scritto un racconto di elevato contenuto morale, mostrando gli effetti che il vizio e la corruzione della nostra società producono sugli uomini, e soprattutto sui più deboli. Il mio cliente dev’essere non solo assolto dalle accuse inconsistenti che gli sono state rivolte, ma anche elogiato per l’alto servizio morale che ha reso alla nostra società!
Il verdetto
La corte ritiene che il racconto Amore di Giulio Mozzi sia un racconto immorale, e che l’autore abbia offeso gravemente la pubblica decenza e moralità. I brani evidenziati dalla pubblica accusa mostrano indubbiamente accadimenti sacrileghi e immorali. Scopo della letteratura è il ristoro dell’anima e un buon racconto deve lasciare il lettore in una buona disposizione di spirito al termine della lettura. La letteratura non consiste nel dipingere tutti i mali che possono esistere in una società.
La difesa ha sostenuto che Mozzi intendeva mostrare gli effetti dannosi di una cattiva educazione e dei cattivi esempi come monito per la società. La corte ritiene che per quanto morale sia l’intenzione, il modo in cui è stata perseguita è immorale. Ci sono limiti oltre i quali perfino la letteratura più frivola non deve andare, limiti che l’accusato mostra di non capire a sufficienza.
Tuttavia, in accordo con la difesa, questa corte ritiene che i passaggi evidenziati dall’accusa siano riassorbiti dall’impianto generale dell’opera. Mozzi non ha scritto questo racconto solo per mettere in ridicolo i sani princìpi della pubblica moralità. Ha soltanto perso di vista il principio che la letteratura deve essere casta e pura nella sua forma come nell’espressione.
Alla luce di queste considerazioni la corte assolve Giulio Mozzi dalle accuse discusse in questo dibattimento.
[Libero adattamento dai capitoli sul processo a Flaubert inclusi in questa pagina].
Tags: Ernest Pinard, Giulio Mozzi, Madame Bovary, processo
tsè, non si doveva mettere l’origine del testo alla fine (tanto si capiva benissimo, e se non si capiva era ancora meglio).
Capisco l’obiezione, Emma (ma tu guarda, una parente?), ma citare la fonte mi sembra doveroso, visto che l’ho saccheggiata senza ritegno.
Ma: confesso di essere d’accordo più con l’accusa che con la difesa.
Confessione per confessione, confesso di essere in disaccordo con entrambe, e anche col giudice.
uno sguardo diagonale e disincantato sulla psicologia infantile, quello del Mozzi – difficile da sostenere senza abbassare gli occhi (sarebbe come pretendere di riuscire a manducare un rospo vivo)
ragioniamo: scrivi di giulio mozzi e commenta il medesimo… hai niente di pronto su woody allen?
Alcuni commenti apparsi su Nazione Indiana su cui vale la pena meditare e ai quali sarebbe bene che G. Mozzi dia risposta.
temperanza Says:
March 1st, 2006 at 14:33
160 commenti sono troppi per le mie forze.
Solo una cosa sul testo. E non sto a chiedermi se sia meglio Sade, o Houllebeq o Dostoiewskj.
Ho un rilievo da fare a Mozzi, mi pare in parte in sintonia con quello di DB, e che forse si lega anche ad altri. Mentre sono riuscita a entrare nella mente dell’adulto, non sono riuscita a entrare in quella del bambino, il che mi fa pensare che Mozzi non avesse “esperienza” di quel bambino, esperienza letteraria, intendo, non certo personale, o non la volesse……..
s. Says:
March 1st, 2006 at 14:19
a quelli a cui andrebbe bene un asettico commento sul presunto asettico racconto dico che si può proceder per analisi logica, grammaticale o semantica. Volete farlo? è questo il modo in cui normalmente vivete un racconto? de gustibus . Ad altri capita di ragionarci anche fisicamente, razionalmente e affettivamente. Non mi stupisce la reazione del tizio che minaccia con la pistola è quella più immediata di chi sente, e a comprensibile, ragione, la pedofilia come un pericolo per i propri figli. Non mi piacciono le sue parole, ma mi stupisce che quì dentro non ve ne siano state di più pesanti. Credo che chi è capace di un briciolo di empatia con le vittime (sempre e solo bambini e su questo credo non sia possibile discutere) ne pensi anche di peggiori. Solo dopo esiste la ragione, le considerazioni sulle difficoltà altrui e la condanna penale del pedofilo e di certi comportamenti.
Ritorno però un attimo al testo di Mozzi per aggiungere una considerazione. Non si tratta solo di un pistolotto senz’anima (a mio avviso), ma anche di un quadro d’insieme ingannevole e falso. I motivi non sono solo quelli che indicava db sulla struttura, ma anche l’immagine che alla fine resta e non è quella del pompino su minore o della masturbazione e mezzo pistola (puah comunque), ma la sensazione di avere assistito a un rapporto ‘alla pari’. La parte nascosta e perfida di quel mediocre racconto è proprio questa: pensare che bambino e adulto siano su un piano di parità. A molti di voi (basta rileggere qualche commento) la cosa è parsa o greca o di colpa reciproca (il bambino intrinsecamente colpevole come l’adulto), Quando è chiaro che l’Upim, la pistola, la camera (di cui l’adulto dispone), l’solamento (di cui l’adulto dispone e impone) sono le forme di una coercizione che nessuna ‘partecipazione’ passiva, attiva o sadica a un ‘gioco sessuale’ declinato per l’adulto può rendere ‘paritaria’.
Questo mi sembra il maggior danno che un racconto del genere può arrecare a chi lo legge, un ragionamento del tipo: ma allora neanche il bambino è innocente. Sono meccanismi non insoliti di questi tempi e applicati in molti ambiti non strettamente pedofili.
Spesso sono persone che esercitano molto potere a lavorare per cambiare la prospettiva sia come lettura ’sociale’ (es: siete poveri perchè incapaci, non perchè abbiamo fatto in modo di affamarvi, poi derubarvi e infine occuparvi militarmente) che come interpretazione della realtà da parte delle vittime (e la cosa riesce molto bene con i bambini abusati da figure familiari che si colpevolizzano e non riescono a maturare opposizione e consapevolezza dell’abuso subito).
Considerando i bambini che si sentono colpevoli per gli abusi (la colpa è mia, sono io che ho qualcosa di sbagliato, mio padre ha ragione ecc…) mi è balenata, per una frazione di secondo, l’idea che il racconto di Mozzi potrebbe averlo scritto una vittima di abusi e che quella descrizione ‘paritaria’ è voluta ed è parte di una colpa indotta, accetata e riproposta.
Non è così (a meno di diversa versione mozziana), il racconto è brutto lo stesso ed è anche pericoloso nel momento in cui non distingue il divario tra vittima e carnefice.
db Says:
February 28th, 2006 at 18:58
@ georgia, matteo e…
Se qui stiamo parlando di un racconto che ha a tema la pedofilia (e non della pedofilia in sé), mi ripeto sperando di essere più chiaro:
1- Mozzi ha in mente uno schema classico sado-maso con la 1- fissa= cliente maturo e la 2-variabile (prostituta, mantenuta, coquette se etero, marchettaro giovane se omo – minorenne come Pelosi o no qui poco importa)
2- Mozzi progetta di scrivere un racconto su un rapporto pedofilo
3- Mozzi prende il suo schema classico e sulla 2- mette un bambino. Solo che un bambino lì non è “in parte” (come invece Lolita), ossia è un finto bambino coi tratti del marchettaro.
4- Il racconto va a puttane, non regge.
Mauro, se mi dai l’email di Woody Allen posso provarci. Niente è impossibile.
Enrica, Giulio Mozzi non è sotto processo, quindi non ha alcun dovere di rispondere ad alcunché. Se Giulio Mozzi fosse sotto processo saremmo fermi a centocinquant’anni fa, cosa peraltro non impossibile.
Per esempio, credo che potrebbe essere interessante confrontare queste due frasi, la prima tratta da uno dei commenti che hai riportato, l’altra dal mio post delirante:
1. Questo mi sembra il maggior danno che un racconto del genere può arrecare a chi lo legge, un ragionamento del tipo: ma allora neanche il bambino è innocente.
2. Né l’adulto né il bambino mostrano disagio o sensi di colpa, e questo potrebbe indurre un lettore poco attento e istruito a concludere che tutto sommato la pedofilia è un male accettabile.
A me sembrano sinistramente simili.
Il mio era un invito, non mi sento giudice o tribunale. Mozzi è uno capace di stressare e stressarsi a furia di domande, ma in una discussione di 200 e passa commenti (nazione indiana) è stato capace di postare solo due o tre striminziti link. La cosa è insolita per uno abituato alla dialettica. Che gli succede? non voglio trarre conclusioni, ma siccome condivido i commenti che ho postato sollecito anche il suo punto di vista, credo che non ci sia niente di male. Spero di avere chiarito.
Cara Enrica: il mio punto di vista è il racconto stesso.
Il dibattito su Nazione Indiana è continuato, Mozzi è intervenuto anche se solo per fornire dettagli sulle fonti del racconto: un processo di cui non può fornire i dettagli perchè relativo a minore (un ragazzo che all’epoca dei fatti aveva circa 8 anni) e lui li ha letti senza autorizzazione. Basta conoscere qualche assistente sociale o leggere qualche cronaca per sapere che nella realtà ci sono casi peggiori e spesso danni fisici e psicologici irreversibili per i minori. Come lo stesso Giulio sostiene il suo non è un resoconto, ma un racconto inquadrato entro il suo punto di vista. Di questo non vuole parlare e non si può fargliene una colpa anche se è insolito e da molto fastido. Restano aperte tutta una serie di considerazioni che alcuni avevano fatto nel corso del dibattito e con cui mi trovo d’accordo. Le ripropongo quì.
maline Says:
March 3rd, 2006 at 17:03
“M’interessa ciò che è accaduto”?
Ma allora mica abbiamo bisogno della letteratura. Basta la cronaca nera. Dove. Quando. Come… Non v’è nulla da dire. Lo scrittore è un ambasciatore -che non porta pena, of course. L’oggettività… Mi ricorda Berlusconi: “Il Presidente del Consiglio non può mentire per definizione”. Il racconto non mi era piaciuto. Ho espresso le mie opinioni -in libertà, compresa la possibilità di sbagliare. L’atteggiamento di Mozzi mi piace ancor meno, mi ricorda un bambino (sic) che dopo aver rubato la marmellata nega di essere stato presente al fatto -forse perchè, come diceva Rimbaud, “Je est un autre”…?
Mah.
db Says:
March 3rd, 2006 at 19:39
Anch’io vorrei filosdrammatizzare, e mi sfiguro una situazione così:
1- un autore ha appena finito un pezzo. Lo guarda, lo posa sul tavolo, e gli pare che stia in piedi da solo.
2- lo mette come post su NI e vede le reazioni della ggente: chi dice lì zoppica, chi va già bene così, chi vede un crepo… L’autore ha tutto l’interesse che vengano più obiezioni possibili, tanto saprà poi lui che farne.
3- ringrazia la ggente, porta a casa il pezzo, lo ritocca come gli pare e lo pubblica.
Tutto qui. Anzi, tutto là, perché qui è avvenuto il contrario: l’autore posta un pezzo pubblicato 8 anni fa, lo butta là come un sasso, e a chi gli dice che non sta in piedi… non può rispondere niente, come dice quel filone di Mauro, è post mortem, e ci ammorba e basta…..
s. Says:
March 3rd, 2006 at 21:46
Ho capito un’altra sfumatura che mi era sfuggita e mi fa male parlarne.
Mi fa male perchè non posso pensare che la dignità di un bambino o di qualsiasi persona sia barattata con qualcosa d’altro. Non mi rassegnavo all’idea che chi l’ha scritto fosse uno che volesse scrivere solo un pistolotto squallido, non mi rassegnavo al fatto che una persona per altri versi stimabile avesse messo in piedi un teatrino simile. Nel leggere quella roba provavo un senso di disagio legato in qualche modo al retrobottega della mia mente. Avevo fatto, nel parlare di Adamo ed Eva, un primo paragone del ‘male naturale’ del racconto con il ‘peccato originale’ di cui erano piene tutte le parafernalia cattoliche della mia infanzia. Ed è stato da lì che ho dato un senso diverso al ‘male naturale’. Non poteva sfuggire a uno intelligente come Mozzi che il bambino subiva una coercizione. Lui ne aveva creato i presupposti soffusi. La cosa che disturbava il mio retromemoria cattolica era altro e quindi l’ho lasciata libera per un pò e gli ho chiesto lumi. La risposta è stata fredda, sicura: il bambino prova piacere nel sesso, il bambino eiacula (sembra provare qualche tipo di ‘piacere’, anche se semplice reazione del corpo lui diventa impuro), la pistola è solo un corollario e serve a una coscienza forse tormentata per trovare simboli alternativi. Devo dire che mi sono sentit* pers*, ho chiuso immediatamente il retromemoria e non sapevo se ridere o piangere. Ho optato per una rabbia feroce pensando a come occhi impostati in quel modo possono guardare bambini costretti alla prostituzione o a ‘giovani donne che hanno perso la verginità’ e continuano fare sesso (in quali condizioni di disagio, violenza, degrado o altro poco importa). Sono diventat* una belva al pensiero che bambini che si accalcano maliziosi (ma con in mente solo un panino e prosciutto) davanti agli inguini offerti dai turisti del sesso possano essere considerati ‘colpevoli’ afflitti da’male naturale’ solo perchè il sesso o la pornografia sono gli unici giochi che gli sono stati proposti/imposti per mangiare un tozzo di pane o per portare soldi ai loro padroni. Ho provato orrore per giudici che giudicano ’scaduta’, non sottraibile a violenze sessuali una ragazzina solo perchè è stata macchiata da sesso non scelto, ma soprattuto è stata macchiata dal sesso (dal ‘male naturale’ che la condanna al pari dello stronzo patrigno). Quello che nella mia mente laica è violenza e sopraffazione nel retromemoria cattolico è ‘partecipazione della vittima’ (colpa, macchia, infamia). Ho capito da dove veniamo e dove un racconto come quello di Mozzi ci porta e ho provato vergogna. Vergogna di sopportare ancora questi ancestrali imperativi sull’ impurità dei corpi e dei loro piaceri (anche se imposti, anche se semplici reazioni di riflesso), sulla presunta dignità di castità spesso malate. Ho capito anche l’omertà della chiesa sui preti pedofili. Immagino le assoluzioni a carnefici e vittime con l’invito alle vittime di riprendersi diritti nel regno dei cieli e ai carnefici di spostarsi da altra parte per ‘meditare’. Sono stat* male. Non mi aspettavo che un pisolotto simile facesse arrossire anche le mie lontane ascendenze cattoliche. Spero che un giorno tutti i poli della terra in omaggio al Sacro (qualsiasi) smettano di sacrificare la dignità degli uomini.
La prima risposta di Mozzi mi pare adatta. Il fatto che si possa manipolare un bambino è dato di fatto; la carne fresca piace a tutti, in special modo agli uomini. Non entro nei particolari del processo, essendo non un giudice, nè tantomeno un moralista nè, ancor meno, un puro. La mia domanda è; quando si può (potrebbe) essere considerato un bambino (minorenne quindi) non adatto al sesso?
Credo che il problema prioritario, riguardo al fare sesso con un “minorenne” (e quì ripeto ancora; cosa si intende per minorenne? Incapacità intelletiva o incapacità sessuale? O soltanto una certa età?) Dicevo che il problema prioritario è la violenza fisica verso un bambino, la quale violenza, conseguentemente, arreca quel trauma che ti perseguita perchè “qualcuno ti ha preso brutalmente senza il tuo consenso”.
A che età una persona è o non è pronta (responsabilità, coscienza) per fare sesso? Chi ha sancito il limite restrittivo alla persona umana vietandogli di capire sotto i sedici/diciotto anni e fare, democraticamente e liberamente senza costrizione alcuna, ciò che più gli aggrada senza arrecare danno al prossimo? E allora perchè si insegna una religione sin dalla nascita?
Ci sono molti modi sbagliati nel gestire la vita, sessuale e non, del prossimo. L’ipocrisia fa da coda. È come paragonare il ladro che ha rubato una mela al rapinatore che ha rubato milioni di Euro.