È uscito uno dei più bei libri italiani di sempre, anche se è scritto in latino. Trattasi degli Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita, quae in Musaeo Ioviano Comi spectantur (Venezia 1546), che uniti agli Elogia virorum bellica virtute illustrium (Firenze 1551) formano il volumone Elogi degli uomini illustri curato da Franco Minonzio per i «Millenni» di Einaudi. È la prima traduzione integrale dei celebri Elogia o Ritratti di Paolo Giovio, gran libro la cui unica menda visibile è il non modico prezzo di 90 euro, ma pazienza.
Paolo Giovio (1483-1552) era un tipo alquanto eccentrico: medico, filosofo, vescovo, finissimo letterato e umanista, ma soprattutto grande amante e praticante del pettegolezzo più sfrenato. Nel 1538 iniziò la costruzione di una magnifica villa sul lago di Como, che nelle sue intenzioni doveva diventare Museo, ovvero luogo dedicato alle muse, aperto alla visita di amici e conoscenti. La villa comprendeva una galleria in cui erano esposti circa duecentocinquanta ritratti di celebrità antiche e moderne collezionati da Giovio nell’arco di tutta la vita. Gli Elogia furono inizialmente concepiti come cartigli destinati a illustrare questi ritratti.
L’affidabilità storica delle notizie contenute negli Elogia è prossima allo zero, dato che l’autore non si peritava di alterare date e successioni degli eventi o di inventare di sana pianta fatti e fatterelli a sostegno delle sue opinioni. Ma a dispetto di questo vizietto da gossiparo impenitente, o forse proprio grazie al vizietto medesimo, i ritratti sono ancora oggi gustosissimi da leggere. Li sostiene una buona dose di perfidia che a volte sfiora vette di puro sadismo. Giovio si divertiva in modo evidente a mettere alla berlina vizi e debolezze dei grandi, restituendoli a una dimensione umana lontanissima dall’aura di grandezza e immortalità che già all’epoca li circondava. Mescolando il tema alto della fama con i dettagli bassi della quotidianità, i ritratti si caricano di una forte tinta comica e grottesca, che Giovio stendeva con massima voluttà quando descriveva la morte dei suoi illustri uomini, come il Marsilio Ficino che temeva gli spifferi tanto da intabarrarsi e cambiare copricapo più volte al giorno, per poi morire per una banale febbricciola; o il Machiavelli che per una leggera indisposizione intestinale prese un farmaco che lo avrebbe ucciso.
Ma ridurre gli Elogia a mero pettegolezzo significherebbe far torto all’acuta intelligenza di Paolo Giovio, capace di formulare giudizi critici originali anche contro le opinioni dominanti. Non esitò a riconoscere in Dante il massimo poeta italiano «per la straordinaria fecondità del suo profondo ingegno», in un’epoca in cui la palma di maggior tosco era unanimemente assegnata a Petrarca; e fu fra i primi a riconoscere la forza straordinaria della prosa di Machiavelli «costretta a nuovi vincoli di attica sobrietà». Arguzia, intelligenza, indipendenza di giudizio e una forma briosa e impertinente sono le doti migliori di questo libro che porta benissimo i suoi cinque e passa secoli.
In attesa di ricevere il tomone einaudiano, propongo qui un passo tratto dall’edizione Sellerio del 1990 curata da Carlo Caruso.
Camillo Querno Arcipoeta
Camillo Querno da Monopoli, avendo inteso che presso papa Leone i poeti erano tenuti in gran prezzo e ricevevano generosi regali, venne a Roma con la sua lira, al suono della quale aveva cantato i ventimila e passa versi della sua Alexias. Al vederlo sopraggiungere con quel piglio vivace, la lunga chioma di capelli e il florido viso da Apulo, i suoi colleghi dell’Accademia lo accolsero subito con spontanea benevolenza, ritenendolo indiscutibilmente degno del lauro. E così, invitato ad un solenne convito nell’isola Tiberina dedicata ad Esculapio, dopo che ebbe abbondantemente bevuto e recitato con grande impegno i propri versi accompagnandosi con la lira, il Querno venne incoronato con un serto di nuovo tipo: una corona elegantemente intrecciata di pampini, alloro e foglie di cavolo, a voler spiritosamente significare che le proprietà curative di queste avrebbero dovuto tenere a freno l’ebrietà. Per unanime consenso gli venne assegnato il soprannome di Arcipoeta, che lui accettò versando lacrime di gioia; e fu acclamato al canto ripetuto di questi versi:
Salve, o Arcipoeta, verdeggiante
di cavolo, alloro e pampini,
degno delle orecchie di papa Leone!
Forte di tale nomea venne quindi presentato a Leone X, dinanzi al quale recitò con foga torrentizia un numero infinito di versi, armoniosi e ben torniti: e da quel momento egli divenne il divertimento intellettuale preferito dal pontefice. Mentre Leone pranzava, infatti, Camillo se ne stava nel vano della finestra, cibandosi con i resti dei piatti che il pontefice gli offriva di propria mano, bevendo dal fiasco del papa e recitando versi all’improvviso. (…) Alla morte di Leone tutti i poeti di quella cerchia finirono in rovina, e il Querno fece ritorno a Napoli. Lì vide l’esercito francese intento a distruggere e a saccheggiare; e, ridotto anch’egli in miseria, era solito dire con grande finezza che, lasciato un benigno leone, s’era imbattuto in un branco di feroci lupi. Gravato dal doppio peso della miseria più nera e di una malattia incurabile, morì in un ospedale per essersi squarciato il ventre e le viscere con delle forbici, ribelle alla crudeltà della propria sorte.
bellissimo! grazie della segnalazione!
“L’affidabilità storica delle notizie contenute negli Elogia è prossima allo zero, dato che l’autore non si peritava di alterare date e successioni degli eventi o di inventare di sana pianta fatti e fatterelli a sostegno delle sue opinioni. Ma a dispetto di questo vizietto da gossiparo impenitente, o forse proprio grazie al vizietto medesimo, i ritratti sono ancora oggi gustosissimi da leggere”
Cfr. “E se tu proponi a un lettore un romanzo e poi gli rifili un’autobiografia, il lettore si incazza, credimi, o come minimo si scoraggia e pianta il libro a metà…” (Luca Tassinari a Lucio Angelini).
Vd anche il post “Giulio, Walter e la fiction” nel mio blog, post del 1° novembre:- )
Spero proprio che tu abbia modo di leggerlo, kalle. Sono sicuro che sapresti trarne fior di reperti per la tua collezione di sabbia!
Lucio, sai che ci pensavo anch’io a quella nostra discussione, mentre scrivevo il post? Non a caso adoro gli intrecci fra verità, falsificazione, finzione.
A tal proposito, colgo l’occasione per segnalare un’altra mirabile uscita: Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce, Feltrinelli, il cui sottotitolo recita nientepopodimeno che “Vero falso finto”.
E io ti consiglio l’articolo su ***Machiavelli*** in http://www.carmillaonline.com
:-)
A proposito di “Vero falso finto” (tema fascinoso assai), l’hai poi preso quel “Babele” di Steiner?
Luca, senz’altro.
Gia’ la notizia che Ficino fosse un ipocondriaco che si intabarrava di palandrane “ha fatto il mio giorno” (come dicono gli americani: “it made my day” :-) )
Riguardo a Ginzburg: lettura obbligata per le vacanze di Natale
(ri-grazie)
Ci sono cascato come una pera matura, Lucio, ma l’articolo su MaCChiavelli non lo leggo, ecco.
Gabriella, Steiner ancora no, ma è già in lista di attesa sul comodino.
Kalle, Ginzburg lo sto leggendo in questi giorni. È sempre lui, un detective capace di braccare gli indiziati in capo al mondo. Un po’ contorto nella forma, rispetto ai vecchi tempi, ma sempre godibilissimo.
Cioè Luca tu cali un novanta così, senza passare dal via. Oddio, è vero che i Millenni… Però novanta… Tu dici che un Giovio in economica Einaudi… No, eh? Lo immaginavo – era così per dire.
> Kalle, Ginzburg lo sto leggendo in questi giorni. È sempre lui, un
> detective capace di braccare gli indiziati in capo al mondo. Un po’
> contorto nella forma, rispetto ai vecchi tempi, ma sempre godibilissimo.
Qua invece faccio la (h)ola e, nel contempo, la punta alla carta di credito.
(bellissima lettura di questi giorni è codesto libro: http://tinyurl.com/yb2cca. Costa trenta pezzi, ma io con la mia consueta coda di vitello l’ho trovato a metà prezzo, con ancora dentro un lacerto di cartella stampa lasertsmpata da coloro i quali l’avevano inviato gratis all’ignoto colui che poi lo vendette al Libraccio facendo felice me)
Eh, 90 son tanti, lo ammetto, ma il libro li vale tutti. Per il testo, per le illustrazioni (a colori, pare, mentre la piccola silloge Sellerio le aveva in bianco e nero) e, perché no, anche per un brano introduttivo di Michele Mari, che non guasta mai.
Quanto alla Cohen, credo che tu sia l’unico al mondo capace di scovare a metà prezzo un libro uscito quest’anno. Più incontro casuale di così!
certo che, sapendoti lettore-lumacoso, viene da chiedersi come tu faccia a scovare, acquistare, leggere, analizzare, lumeggiare, coccolare e pur anco recensire tutti ‘sti libri in così poco tempo..
‘aspita!
> perché no, anche per un brano introduttivo di Michele Mari, che non
> guasta mai.
Che uno poi dice, poteva essere diversamente? Il cosmo ogni tanto ha questo di bello, che è consequenziale: ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa. O come dire dire: nel cacio e pepe che non ce lo metti il pepe del Sechuan schiacciato a vivo col pestacarne? Ce lo metti. Appunto come un Mari nel suo alveo naturale, ovvero in apertura ad un libro così.
(bellissimo anche per curatela e acribia il feltrinelliano Agosti sul Mantegna)
> Quanto alla Cohen, credo che tu sia l’unico al mondo capace di scovare > a metà prezzo un libro uscito quest’anno. Più incontro casuale di così!
C’è da dire che pratico un monitoraggio testardo e sistematico del remainding world e raccolgo i frutti di un lavoro de bestia. Ovvio che nel contesto acconcio mi bulli di queste pesche miracolose :-))
E mi pare giusto che tu raccolga, Damiano, e anche che te ne bulli a dovere. Di fronte ai tuoi ritrovamenti io, remainderista occasionale e dilettante, rosico abbestia!
Gabryella, nel caso di specie la spiegazione è semplice: il Millennio in questione per ora l’ho visto solo in copertina digitale, la stessa che decora il presente post, quindi non ci ho messo tanto a leggerlo.
Ah , ecco, Letturalenta. Perchè io, che peraltro non sono ancora riuscita a raggiungere la sublime lentezza delle tue letture, stavo già andando in depressione a legger di quanto tu riesci a leggere.
La tua risposta tutta mi racconsola.
E brava Gabryella che ti ha posto la domanda della serie “quello che avrei voluto sapere io ma non ho mai osato chiedergli”
Confesso che voi Gabr*elle un po’ mi spaventate: agite con un sincronismo davvero inquietante! :-)
A proposito (?), già che nei commenti si manifestò il Kalle, colgo l’occasione per segnalare questo link: http://collezionedisabbia.blogspot.com/search/label/Musil
dove da un mesetto a questa parte il prode kalle b. sta vivisezionando l’incipit dell’Uomo senza qualità. Un esempio oserei dire eroico di lettura lenta!
urka, kalle! (ed anche evviva)
Luca e Gabryella: grazie, grazie!
ora da un momento finisco l’epopea musiliana e poi torno alle mie solite tradizionali collezioni di vecchie muffe
Vedo che qui parlate tanto di Steiner… Eh, lo conosco bene io Steiner: quello che raccontò di un Flaubert agonizzante che diceva: “Io muoio ma quella puttana di Madame Bovary mi sopravviverà.”