Mi accorgo solo adesso che in un mio vecchio post datato 19 dicembre 2005 ho inavvertitamente recensito un libro che è uscito in Francia a gennaio del 2007. Il post parlava dell’arte di non leggere, partendo da un celebre (credo) aforisma di Giorgio Manganelli, che qui ripropongo:
Un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere; è colui che sa dire, come scrisse una volta mirabilmente Scheiwiller, “non l’ho letto e non mi piace”.
Forse anche Manganelli stava recensendo a sua insaputa, e con oltre trent’anni di anticipo, Comment parler des livres que l’on n’a pas lus? di Pierre Bayard, uscito a gennaio nella collana Paradoxe delle francesi Editions de Minuit, un libro che in Francia si avvia a diventare un best-seller e che spero sia tradotto e pubblicato quanto prima anche da noi (rimando a Vertigine per una breve recensione).
Il libro di Bayard è opera serissima e fondata su accurati riscontri fattuali e storici. L’autore – docente di letteratura all’università Paris VIII – argomenta partitamente la sua tesi, suffragandola con prove tratte dalla sua esperienza personale di non lettore e frequentatore di non lettori, un tipo umano che a detta di Bayard sembra aver trovato nell’ambiente accademico il suo habitat naturale.
Bayard è uno specialista del rapporto fra letteratura e psicanalisi, pertanto non sorprende che fra gli scopi dichiarati del suo libro ci sia quello di far luce sui gravi sensi di colpa dei non lettori, che diventano gravissimi in coloro che per mestiere si occupano di libri e sono quotidianamente costretti a fingere di aver letto pagine che non hanno mai visto neanche in fotocopia. A questi disgraziati perennemente esposti a irreversibili disturbi psichici Bayard rivolge una calda parola di conforto:
Il est tout à fait possible d’avoir un échange passionnant à propos d’un livre que l’on n’a pas lu, y compris, et peut-être surtout, avec quelqu’un qui ne l’a pas lu non plus.
Frase che, pur ignorando affatto il francese, vado arditamente a tradurre come segue:
È del tutto possibile sostenere uno scambio appassionante su un libro che non abbiamo letto, anche, e forse soprattutto, con qualcuno che a sua volta non l’ha letto.
Tra le righe di questa affermazione apparentemente innocua s’intravede un progetto autenticamente rivoluzionario, una vera e propria dichiarazione di guerra al vizio immorale della lettura, un manifesto che grida a gran voce – e presumibilmente non nel deserto – illettori di tutto il mondo unitevi! E, siamo sinceri, chi se la sentirebbe di dar torto al prode professore parigino? Ha ragione da vendere. Basta con questi ricatti morali! Basta con l’assurda pretesa che un critico, un recensore, un giornalista culturale legga i libri di cui pubblicamente discetta! Serve un sussulto di indignazione popolare, una presa di posizione dura e ferma contro i terribili danni psicologici che il tabù della lettura produce. È una battaglia di civiltà.
Proseguendo nell’analisi, poi, non è difficile intuire il programma di attuazione pratica di questa istanza rivoluzionaria. Il libro di Bayard, infatti, non fa niente per nascondere il suo obbiettivo finale, che è quello di diventare l’unico libro letto al mondo, riducendo tutte le librerie e le biblioteche a collezioni pubbliche o private di oggetti ornamentali. A rivoluzione compiuta Comment parler des livres que l’on n’a pas lus? circolerà in sei miliardi di copie – una per ogni abitante del pianeta – mentre per ogni dove fioriranno dotte e brillanti conversazioni letterarie su libri mai letti, mai visti, mai pubblicati.
Nota: per correttezza verso il lettore, preciso che il libro di Bayard non l’ho letto, ragion per cui questa mia recensione è da considerarsi rigorosa, documentata e affidabilissima.
elias canetti recensiva libri che leggeva soltanto in seguito (bontà sua), così sapeva già quello che ne pensava
c’è anche chi, accortamente, non legge mai il libro che deve recensire, per non farsene influenzare.
questo è dilettantismo!
vuoi mettere l’arte di comparire come autore di romanzi scritti da altri?
ah, ovviamente non ho letto questo post :-)
Recensire un libro che si è letto è fare del petegolezzo; recensire ciò che non si è letto è opera divinatoria.
@erostratos
“’è anche chi, accortamente, non legge mai il libro che deve recensire, per non farsene influenzare”
io e oscar wilde, fra gli altri.
eh eh eh, erostratos & Sergio: il grande Wilde è giustamente pluricitato a proposito del libro di Bayard. Canetti mi mancava: grazie gabrye’! Mauro, bene facesti a non leggere il post: adesso sei nella condizione migliore per recensirlo! Maria, il pete-golezzo è un peto di gola? quindi un rutto? :-)
Su ttl Giovanna Zucconi ha riportato un’altra bella citazione sul tema:
Patrick Poivre d’Arvor, conduttore di una trasmissione televisiva sui libri, alla domanda se avesse letto il tale romanzo, rispose: «Sì, ma non personalmente».
sapeste come mi sento di casa… g*
Ma per Bayard un lettore è uno che legge per il piacere della lettura fine a sé stessa?
Se la risposta è affermativa, io sono un non-lettore lento ed attento.