È uscito il terzo numero di Buràn, la rivista che avvicina alla rete italiana voci e mondi remoti, grazie a un lavoro paziente e volontario di traduzione. In questo numero, intitolato Il Conflitto, Buràn ospita 48 voci di 24 paesi diversi, suddivise nelle consuete sezioni Il Materiale e L’Immaginario.
Ma la novità più interessante è che per questo numero Buràn ha potuto contare sulla collaborazione fattiva del British Council di Londra, che ha messo in contatto la redazione con giovani scrittori africani, e della Boston University, che ha messo a disposizione i testi della rivista Agni, e si è adoperata per ottenere dagli autori prescelti il permesso di pubblicazione. Una rete di collaborazioni che supera i confini virtuali di Internet, creando contatti e corrispondenze molto reali e concrete.
Da buon vibrisselibraio so bene che queste cose accadono immancabilmente quando si mettono in moto iniziative di editoria in rete, ma questo non mi esime dal ringraziare i redattori di Buràn per il loro lavoro, né tanto meno dall’augurare buona lettura ai lettori di Buran n.3, Il Conflitto.
Dice bene, caro lei: è l’editoria in rete che smuove onde anomale di disponibilità e condivisione.
Nell’editoria tradizionale, tra diritti, onorari, linee editoriali e indagini di mercato, non mi risulta che questo accada
Caro Herr, come disse il Fondatore: “il profitto è un limite”.
Ignoro, se non per sentito dire, quel che accade nell’editoria tradizionale, ambiente che numi benigni mi hanno finora impedito di frequentare. Tuttavia so per esperienza diretta in altri settori merceologici che la competizione a fini di lucro o di potere genera più spesso chiusure che aperture, lotte anziché collaborazioni.
Nella competizione lucrosa, le idee e le conoscenze non circolano, perché sono considerate patrimonio personale e arma ideale per abbattere il nemico (spesso denominato “collega” per sviare le indagini).