Il 29 febbraio 2008, e solo in quel giorno, disvelerà il suo contenuto l’ennepiunesimo blog, per risprofondare il giorno appresso nell’abisso dell’inesistenza. Ulteriori dettagli da Herzog. Trovo questa iniziativa ineccepibile, perché mi sembra evidente che il 29 febbraio è un giorno che non esiste, o che almeno vive un’esistenza ambigua.
È una fermata supplementare, una sosta necessaria per recuperare le ventiquattro ore sbadatamente smarrite dai calendari dei quattro anni precedenti. Converrà l’acuto lettore che sostare, fermarsi per recuperare tempo perduto è un’azione alquanto innaturale, come di uno che, sapendo di essere in ritardo a un appuntamento, temporeggiasse anziché affrettarsi.
Le ore che compongono questo giorno immaginario sono ore sospette. Difficile dire se seguono il normale corso del tempo o se piuttosto non lo precedano, perché diversamente dal solito esse non indicano solo quanto tempo è trascorso da un punto convenzionale della storia umana, ma anche quanto ne manca alla correzione di un errore di misura. Laddove ogni altro giorno è un atto di ordinaria cronomensura, il 29 febbraio è un conto alla rovescia.
Essendo il 29 febbraio un giorno fortemente indiziato di non esistere, ed essendo la letteratura tradizionalmente attratta da ciò che non esiste, non sorprende che in un libro di Michele Mari, Io venìa pien d’angoscia a rimirarti, sia indicato un 29 febbraio davvero inesistente. Il libro narra in forma di diario le avventure di un ragazzino chiamato Tardegardo, sotto le cui spoglie fittizie non è difficile riconoscere un Giacomo Leopardi ossessionato dalla luna e in odore di licantropia. Ebbene, nella successione diaristica del racconto, alla pagina del 28 febbraio segue appunto quella del 29. Niente di strano, se non fosse che l’anno in questione è il 1813, notoriamente non bisestile.
Quel 29 febbraio, aggiunto surrettiziamente al calendario nella finzione letteraria, ripaga in parte noi mortali dei tanti che la tirannia dei calcoli astronomici ci impone, senza peraltro fornirci rassicurazioni sugli eventuali danni che vivere in giorni inesistenti potrebbe arrecare ai nostri equilibri psichici.
E se già il 29 suscita dubbi e perplessità esistenziali, che dire del 30 febbraio?
Per non parlare di quelle persone (ne conosco personalmente una) nate il 29 febbraio. Da cui la facile battuta: “ma tu compi un anno ogni quattro anni?”.
E loro sono fortunati. Pensa a quelli nati in Svezia il 30 febbraio 1712, rimasti perennemente neonati :-)