Congedo

(dedicato a f.c.)

Vedi, amore mio, quanto sono occupato? Guarda quante carte ci sono su questo tavolo, quanti plichi sugli scaffali, quanti ninnoli tutto intorno, e matite scorciate, biglietti da visita sconosciuti, boccette di inchiostri polverizzati. E gli armadi? Se tu vedessi! Quanti abiti larghi, quante calze sfondate, quanti polsini lisi e colletti consunti! Ora capisci perché se mi chiami non rispondo? Capisci perché allontano la tua mano quando cerca i miei capelli?

Devi lasciarmi in pace, vita mia, perché ho troppe cose da buttare, troppe macerie da rimuovere e non ho tempo per farmi consolare. Ho un’ultima cosa da fare, e la voglio fare bene: lasciare tutto pulito, vuoto, in ordine, perché, vedi, ora che devo andarmene non potrei mai perdonarmi di aver lasciato un segno anche minimo del mio esserci stato. Sai quante lacrime scorrerebbero, se il destinatario di questa lettera mai spedita la leggesse? Sai quanto dolore assalirebbe chi mi ha amato, se si rigirasse tra le mani questo pupazzetto di gomma pensando a quanto gli ero affezionato?

E i libri? Hai idea di quanta tristezza potrebbero scatenare questi fastelli di carta inchiostrata? Via, via anche loro, fuori di qui! Mi hanno accompagnato per troppo tempo, sono troppo segnati dall’impronta delle mie mani e dei miei occhi, sono pericolosi per chi da domani dovrà iniziare a dimenticarmi.

Se potessi, tesoro mio adorato, racchiuderei le tue guance fra le mani, come facevo quando eri piccolo, e attirerei il tuo viso al mio fino a farci toccare le fronti e i nasi, e ti guarderei dritto negli occhi, che da così vicino diventano uno solo, e tu guarderesti dritto nel mio, e in quel momento pronuncerei la formula magica per cancellare da te ogni mia traccia. Lo farei, se potessi, per risparmiarti i tormenti del ricordo e della nostalgia.

È arrivato, figlio mio, è arrivato il giorno in cui bisogna che io mi faccia piccolo fino a sparire, perché tu possa diventare grande. Vorrei dirti le cose che si dicono in questi momenti, quelle frasi di circostanza fatte apposta per addolcire i distacchi, ma non sono abbastanza egoista per farlo. Lascia a me il dolore e la tristezza e prenditi la vita. Ama senza aspettare di essere amato e senza rimpiangere di esserlo stato.

15 Responses to “Congedo”

  1. grazie amico mio.
    un regalo bellissimo.

  2. Sebastian says:

    **Mi hanno accompagnato per troppo tempo, sono troppo segnati dall’impronta delle mie mani e dei miei occhi**

    L’impronta degli occhi su quei “fastelli di carta inchiostrata”… Sa cosa mi porta istantaneamente a pensare quest’immagine? Alle impronte indelebili che sono stati i libri – certi libri, certe scritture/letture – a lasciare sugli occhi miei! Ma si intuisce chiaramente che in fondo non sia certo questo il fulcro, il cuore, del testo…

  3. kalle says:

    questo testo e’ molto bello, e’ triste quest’ansia di scomparire alla memoria dei propri cari.

  4. farlocca farlocchissima says:

    a parte il groppo in gola che mi è venuto leggendo (forse va bene così però), questo brano è bellissimo. grazie

  5. CalMa says:

    vecchio mio, quando ti ci metti la zampata ha la felpa ma hai voglia tu se scippa. chapeau!

    (a propo’, grazie per l’apprezzamento. mietiamo (la mia socia e chi scrive) consensi e stroncature. il mezzo (inteso come misura) ci è precluso. ci sta bene, ‘orpo!

  6. marusja says:

    Il tuo bellissimo testo mi richiama questi versi, che amo e sento profondamente:

    E, forse, la vittoria vera
    su tempo e gravità: passare
    senza lasciare tracce, senza
    proiettare ombra
    sui muri…

    Forse – con la rinuncia
    Prendere? Cancellarsi da ogni specchio?
    Come Lermontov al Caucaso, insinuarsi
    senza turbare le montagne.

    E, forse, unico diletto: con le dita
    di Bach sfiorare l’organo
    senza turbare l’eco.
    Disfarsi senza lasciare cenere
    per l’urna.

    Forse – con il raggiro
    Prendere? Da tutti gli orizzonti
    uscire? Nel tempo come nell’oceano
    insinuarsi – senza allarmare le onde…

    Marina Cvetaeva (14 maggio 1923)

    un caro saluto
    e.

  7. bellissimo testo luca, e splendidi anche i versi della cvetaeva (ciao marusja).

  8. letturalenta says:

    grazie a tutti, e un grazie doppio a marusja per la magnifica poesia della Cvetaeva, versi in cui la malinconia del “non esserci” è bilanciata da un tocco di gioia pigra e scanzonata (il finale è da brivido).

    Fabrizio, continua ad esserci. Per favore.

    Sebastian, quello è un possibile fulcro. Fidati delle tue interpretazioni!

    Kalle, credo che fare il possibile per scomparire dalla memoria dei propri cari sia l’essenza della carità. Poi magari mi sbaglio, neh.

    Farly, scusa per il groppo!

    Mauro, questa della zampata felpata me la segno :-) (rinnovo l’apprezzamento a te e a Piera Ventre e invito tutti a leggere qui).

    E infine, beccarsi un superlativo dal Garufi è roba da sistemare l’autostima per i prossimi vent’anni :-)

  9. marusja says:

    io amo molto il senso di abbandono fiducioso di questi versi, la possibilità luminosa di farsi niente per perdersi dentro tutto, essendo lievi…

    (ciao sergio)

  10. Quello del sacrificio è forse l’atto d’amore più grande. Hai scritto un pezzo da incorniciare. Ma, lo sai bene, è da molto che io credo nelle tue qualità, Luca. Non capisco perché nessuno ti abbia ancora offerto una pubblicazione. Se fossi un editore farei incetta delle cose che hai scritto qui.

    Mi domando come facevo a litigare con te al tempo di it.cultura.libri (al tempo, ossia, de “La rivolta dei leprotti”. Ah, Maria Strofa…)

    Sorvolo sulla dedica. Avrai avuto i tuoi motivi per farla.

  11. letturalenta says:

    Aho, stiamo praticamente facendo un raduno del vecchio icl nei commenti!

    Bart, grazie dell’apprezzamento, ma da quel (poco) che ho capito sul mondo dell’editoria, credo che funzioni così: gli editori aperti agli esordienti accumulano un numero di manoscritti di gran lunga superiore alla loro capacità di smaltirli, quindi cercano di gestire al meglio quelli e manco ci pensano a cercare da sé gente che i manoscritti non glieli manda.

    Questo senza contare che secondo me imbroccare un bel pezzo o due (o anche venti o trenta) non è condizione sufficiente per scrivere un libro.

  12. Resto convinto della mia idea. Questo blog, se qualcuno lo passasse in rassegna, ha altri pezzi memorabili, molti dei quali sorretti da un’ironia raffinatissima, oltre che da una scrittura colta e piacevole al tempo stesso.

    Quando sarai famoso, ricorda che io lo predissi:-) Ti abbraccio, ricordando quando venisti a trovarmi e sperando che ciò accada di nuovo.

  13. luigi weber says:

    Mi commuove soprattutto, di questo pezzo emozionante, l’immagine del guardarsi negli occhi, vicinissimi, non per consegnare a chi resta un ricordo particolarmente indelebile, una specie di uscita di scena memorabile, ma per pronunciare la formula magica che faccia di sé oblìo immediato.

  14. letturalenta says:

    A guardarsi da così vicino, in un certo senso, è come se l’altro sparisse davvero e restasse di lui un unico grande occhio aperto e tranquillo, che a ricordarlo non farebbe alcun male.

  15. armando says:

    Un pezzo di grandissimo valore.
    Ho ragione a ritenere quest’angolo di Rete tra i migliori esistenti.
    Cari saluti.

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