Due anni fa il ministro La Russa diceva: «Farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell’esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria».
Oggi ha detto: «L’opera di pacificazione, da almeno tre anni, sta facendo passi avanti, affinché sia sepolta ogni divisione ma non sia eliminato il ricordo di quel che avvenne».
Riconosco che un passettino avanti l’ha fatto, quindi, anche a costo di apparire eccessivamente fiducioso sulle sue qualità umane e razionali, gli indico volentieri il passo successivo: quando La Russa e gli ex-fascisti in genere avranno il coraggio di dichiarare a voce alta la verità storica — e cioè che i repubblichini e i fascisti in genere furono la rovina dell’Italia, rovina da cui gli italiani seppero risollevarsi grazie alla Resistenza — allora, forse, le divisioni ideologiche potranno iniziare ad attenuarsi.
Il percorso contrario — cioè auspicare la fine delle divisioni senza aver prima riconosciuto la verità storica — non può funzionare.
Purtroppo il giorno in cui La Russa e gli ex-fascisti in genere troveranno il coraggio di riconoscere la verità sembra ancora molto lontano, se a Bologna — città insignita della medaglia d’oro per la Resistenza — i rappresentanti del Pdl continuano a non vedere la differenza fra partigiani e repubblichini.
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Io ci vedo pure di peggio… noto una clamorosa differenza tra la grande corona eroica alla Rsi e il misero mazzetto di fiori ai partigiani.
Se ce ne fosse ancora, in Italia, invocherei la vergogna su questa gente.
Già, ‘sti deficienti sono stati pure sarcastici nella distribuzione floreale. Personalmente comincio a rimpiangere un pochetto i bei tempi andati in cui con i fascisti si comunicava per lo più a cartoni in faccia. Solo un pochetto, neh!
Penso che tra il primitivo soggettivamente e la perorazione della “pacificazione” (del resto, già storico cavallo di battaglia del Msi di Almirante) non ci sia discontinuità. Dalla forma “soggettività” (à la La Russa) si passa non tanto all’oggettività, ma ad una “obbiettività” fasulla.
Sì, non c’è discontinuità, ma c’è un piccolo spostamento di accento che mi sembra interessante. Nel 2008, fresco di vittoria elettorale e di nomina, il nostro si lasciava andare all’elogio dei pessimi senza vergogna. Oggi, con la sua parte politica che traballa non poco, si limita al generico auspicio di pacificazione.
Oggi come oggi, pare, rappresentare i repubblichini come eroi degni di buona memoria non è più possibile nemmeno per i fascisti in doppio petto. Poi, certo, tra le parole e i fatti c’è un abisso, come dimostrano i pidiellini bolognesi, ma mi sembra importante che certe parole apertamente elogiative del fascismo non riescano più a circolare con la stessa disinvoltura di due anni fa.
In breve: credo che le parole stesse (la “pacificazione”, la “fine delle divisioni”) siano intrinsecamente revisioniste.
Naturalmente sarebbe un discorso lungo; ma questo in sintesi è il mio punto di vista.