In questo post dello Scorfano, insegnante di scuola secondaria superiore, c’è qualcosa che non mi convince, cioè la netta separazione istituita fra educazione intesa come insegnamento delle buone maniere, che sarebbe responsabilità esclusiva dei genitori o di chi ne fa le veci, e istruzione, ovvero trasmissione di saperi e competenze, che sarebbe responsabilità esclusiva degli insegnanti.
Una separazione così netta renderebbe paradossale il voto in condotta.
Dando per buona la distinzione, infatti, se si ritiene che il comportamento in classe sia un risultato dell’educazione, quindi responsabilità dei genitori, a che titolo gli insegnanti lo valutano con il voto in condotta? Non sarebbe più coerente abolirlo? Se invece si ritiene che il comportamento in classe sia responsabilità degli insegnanti, giustificando il voto in condotta, perché la scuola dovrebbe chiedere la collaborazione dei genitori quando gli alunni si comportano male? Non dovrebbero sbrigarsela gli insegnanti a colpi di cinque in condotta ai più maleducati?
L’esistenza in vita del voto in condotta suggerisce una visione meno manichea in cui educazione e istruzione sono due elementi di un processo più ampio, la formazione, dove i ruoli di attori diversi talvolta si sovrappongono. Quando i ruoli si sovrappongono nascono inevitabilmente conflitti, i famosi conflitti di competenza. Una volta accettata l’ineluttabilità del dissidio, non sarebbe più pratico che genitori e insegnanti collaborassero per comporre civilmente le controversie, anziché limitarsi all’antichissimo gioco dello scaricabarile? Gioco qui riconducibile alla forma:
Genitore: caro insegnante, se mio figlio fa casino in classe è colpa tua che non sai mantenere la disciplina.
Insegnante: caro genitore, se tuo figlio fa casino in classe è colpa tua che non sai insegnargli l’educazione.
Non sarebbe più pratico, dico, darsi come obbiettivo comune un punto in cui genitori e insegnanti possano pronunciare all’unisono qualcosa di più sensato? Qualcosa del tipo: caro ragazzo, se fai casino in classe è possibile che con te non abbiamo lavorato bene. Aiutaci a capire se e come possiamo migliorare.
Tags: condotta, educazione, istruzione, scuola
Detto (molto tra parentesi) che io sono un antico sostenitore della necessità di abolire del tutto il voto in condotta, per me totalmente privo di senso (se non quello di alzare la media scolastica a tutti), detto questo, io non credo che tu dica cose lontane dal vero, anzi.
L’incontro che tu auspichi è esattamente quel che in teoria si prova a fare: ma ci si scontra con un problema tutt’altro che banale. Le idee molto diverse che si hanno sull’educazione e il comportamento. Non si riesce a dire, come scrivi tu, “caro ragazzo, se fai casino in classe è possibile che con te non abbiamo lavorato bene”, perchè spesso molti genitori (non tutti, naturalmente) pensano che non sia grave fare casino in classe. Che ia una fissazione dell’insegnante: il quale però ne ha davanti 30 e, se fanbno casino anche solo in 10, non si lavora più. Questo è il punto, in realtà. Una visione molto diversa di cosa sia l’educazione e di cosa comporti nella vita scolastica. Uno scollamento tra la scuola e la realtà che agisce ormai su vari piani, e anche su questo.
(Poi, solo per chiudere, il mio post voleva anche essere una risposta un po’ provocatoria a una lettera pubblicata su un giornale che mi aveva lasciato molte perplessità: io insegno in un liceo, non ho nessun problema di comportamento, con nessun alunno. Per fortuna mia.)
Siamo entrambi aproblematici, dunque, essendo io padre di due alunni non casinisti (come testimonia il buon voto in condotta di entrambi :-))
Per parte mia ho avuto modo di osservare che non solo la maggioranza dei genitori che ho incontrato durante la mia non brevissima carriera di padre pensa che fare casino in classe sia grave, ma lo pensa anche la maggioranza dei loro figli, i compagni di classe dei miei, che arrivano a casa letteralmente rintronati quando la minoranza rumorosa ha avuto agio di scatenarsi, e se ne lamentano.
Poi, certo, non mancano genitori che, più ancora che ritenere non grave il casino, se ne fregano o credono che non sia un problema loro (assecondando in questo l’idea di netta separazione fra il compito dei genitori e quello degli insegnanti).
Con questo, sia chiaro, non sto dicendo che hai le traveggole o che il problema non esista. Può darsi che sia io a vivere in un’isola felice dove il pro-casinismo è minoranza, ma può anche darsi che, se isole siffatte esistono, lo scollamento di cui parli non sia poi così generalizzato e incolmabile.