Il suo amico sembra avere una curiosa disposizione a percepire le cose inesistenti, o assenti, con la stessa forza, se non con una forza più intensa, con la quale una persona qualunque percepisce le cose esistenti e presenti.
[G.Mozzi, Lettera accompagnatoria, in Questo è il giardino, Theoria 1993, Mondadori 1998, Sironi 2005].
Il primo racconto di Giulio Mozzi compie vent’anni, e come regalo ha scelto di regalarsi a noi lettori in comodo e gratuito formato elettronico.
Tags: Giulio Mozzi, lettere
Grazie Luca, veramente grazie…
Volevo leggerla con calma di notte. Ma una volta cominciata l’ho dovuta per forza terminare. Non son riuscito a smettere.
Mi vien da fare un “mea culpa”, per la lacuna, per il fatto che non conoscessi ancora un autore di tale caratura.
Non conoscevo Mozzi. Lo ammetto. Ed è stata una più che gradita scoperta. Una sorpresa. Anzi, una rivelazione! Ti confesso una cosa (che forse troverai ridicola o pacchiana): ma a metà della “Lettera accompagnatoria” addirittura mi son diventati gli occhi lucidi. Sì, esatto… commozione. Mi capita sempre, quando mi imbatto una pagina letteraria davvero ben riuscita, ben congegnata, di grande valore, e diciamolo (mi si perdoni la retorica) geniale! La freschezza, l’efficacia, la “Rapidità” e l’ “Esattezza” (per usare due delle categorie care a I.Calvino). C’è una genuinità espositiva e stilistica che mi ha terribilmente rapito. Non so se capita anche a te. Se anche a te prende in questa maniera.
A me capita sempre davanti al genio di certi scrittori. (Sì lo so, “genio” è un termine inflazionato, ormai quasi kitsch, dovrei escogitarne un altro).
Ma sentire quel brivido lungo la schiena. Mentre leggi. Parola dopo parola, sentire quello sguardo incisivo che emerge. Non il proprio, ma quello dell’autore che sale verso di te e ti fa vedere le cose (quasi) come per la prima volta. Illuminazione letteraria. Artistica. (Esistenziale). E’ un brivido irraccontabile. Che capita dinanzi all’originalità creativo-espressiva. Mi è capitato la prima volta che ho preso in mano il “Sommario di decomposizione” di Cioran, oppure con i “Testamenti traditi” di Kundera, il “Libro dell’inquietudine di Bernardo Soares” scritto da F.Pessoa, con i “Pensieri” di Pascal, ecc.
E così leggendo questo racconto in forma epistolare…
E’ in occasioni come queste che son profondamente grato alla sorte d’avermi insegnato ad apprezzare la Parola, quell’arte, scienza e magia che è la Letteratura.
Insomma, tutta ‘sta tirata per dirti grazie.
Ad averne più spesso di questi regali!
Ora praticamente sono in debito! ehehe… ;-)
Ti dirò, i brividi lungo la schiena forse no, ma conosco bene la sensazione di cui parli. Mi capita di provarla quando l’autore ha la capacità di mettere in parole una quantità impressionante di dettagli non solo senza annoiare chi legge, ma lasciandogli l’impressione che un solo dettaglio in meno avrebbe potuto rovinare la pagina.
Mi sta capitando con un libro che sto leggendo in questo periodo, un colosso di milletrecento pagine, di cui nessuna superflua. Si chiama La torre, del tedesco Uwe Tellkamp, pubblicato da Bompiani.