L’ultimo saluto

Giovedì sono andato a salutare per l’ultima volta Carlo “maria strofa” Berselli. Vado di resoconto, ma prima vorrei che il lettore desse un’occhiata qui, dove troverà l’elenco dei link più recenti al blog di Carlo. Impressionante, vero? Sono tanti, davvero tanti a ricordarlo. E c’è anche Remo Bassini, che sta pazientemente collezionando i link ai post di saluto: (o)pera [*] benemerita.

[*] Correzione richiesta dal diretto interessato nei commenti.

Sono arrivato in anticipo alla stazione di Carpi, dove noi blogger in transumanza pro-strofa ci eravamo dati appuntamento, e ho approfittato dei minuti a disposizione per fare colazione al bar di fronte, dove ho trovato una copia del Gazzettino di Carpi che ho iniziato a sfogliare tra un sorso di cappuccino e l’altro. Nelle pagine locali c’era un riquadro di annunci vari, tra cui un elenco di carpigiani defunti che si apriva così: Carlo Berselli, di anni 54.

Carlo, gli ho detto fra me e me, sei riuscito a primeggiare anche in questo, ti rendi conto? Sei il primo della lista! Ma vaffanculo, maria strofa, va’!

Mi sono trasferito davanti all’ingresso della stazione e dopo un po’ il cellulare ha squillato: “Ciao, sono Lucia“, ho sentito dire quando ho risposto. Però, che strano, l’ho sentito sia con l’orecchio sinistro (io per le telefonate sono mancino) sia con il destro. Ma che figata!, ho pensato, ciò il cellulare stereo! Poi mi sono voltato e ho visto alla mia destra una distinta stangona che parlava anche lei al cellulare, dicendo proprio le stesse cose che sentivo al mio. Anche lei si è voltata, ci siamo guardati in faccia e siamo scoppiati a ridere per la gag involontaria. Con Lucia c’era Cristina. Sono partite da città diverse, accomunate dalla levataccia che hanno dovuto fare per arrivare in orario.

Devono aver visto un’alba romagnola anche Andrea “contenebbia” e Paolo Ferrucci, che ci hanno raggiunti di lì a poco. Quasi assieme a loro è spuntata Serena, vestita di nero e affranta, ma anche circondata da amici: una piccola schiera di ventenni che quasi la soffocavano di abbracci e parole di conforto. Presentazioni, facce lunghe, lacrime, tentativi di sdrammatizzare, qualche sorriso. Si parte.

Davanti alla camera ardente, Serena ci ha presentato la mamma Tiziana e la nonna Alba, due donne che basta guardarle per pensare “la signora dev’essere tosta”, ipotesi che l’esperienza non avrebbe tardato a confermare. Da lì ci siamo trasferiti in macchina all’autostazione, punto di partenza per il corteo funebre, che è poi stata una passeggiata di dieci minuti durante la quale la piccola blog-pattuglia ha avuto tempo e agio di scambiare quattro chiacchiere per approfondire la reciproca conoscenza.

All’ingresso del cimitero i presenti, un centinaio di persone, si sono disposti a semicerchio davanti alla bara, e Serena ha letto il ricordo di suo padre, strappando lacrime anche alle tempre più posate e meno emotive, come me medesimo o il Conte. A Silvia qualche anima buona ha procurato una sedia, perché non ce la faceva a reggersi in piedi. Poi Serena ha recitato a memoria il breve e famosissimo monologo tratto da Blade Runner (ho visto cose che voi umani…) che ha imparato da suo padre alla tenera età di quattro anni. Quando ha pronunciato l’ultima frase, “è tempo di morire”, gli astanti hanno taciuto all’unisono per qualche secondo: un segno di cordoglio unanime che mi ha procurato un brivido di commozione.

Durante la sepoltura il silenzio era rotto con discrezione da brevi conversari: il Conte apprezza la scelta della sepoltura in terra, e io non perdo l’occasione per fare una considerazione idiota sulla prossimità semantica tra inumare e umanità, roba che, se Carlo mi sentisse, mi abbatterebbe sul posto con un mazzolone etimologico su humus e zone limitrofe. Alla fine, un grande cuscino di rose rosse è stato posato sul tumulo. Prima di uscire, Serena ci ha invitati a visitare la tomba di Pietro, il mitico papà del suo papà, sul quale Carlo non molto tempo fa ha prodotto l’unico suo testo pubblico di argomento intimo che io conosca.

Ci siamo incamminati verso le auto in compagnia di nonna Alba e mamma Tiziana, scambiandoci notizie, ricordi e aneddoti su Carlo e notando una curiosa convergenza fra i loro racconti e quelli di noi amici di tastiera. Una conferma indiretta della schiettezza con cui maria strofa stava in rete, riuscendo a essere sempre pienamente sé stesso, a dispetto dei numerosi travestimenti. Tiziana ha guidato il piccolo corteo, di nuovo motorizzato, fino a casa sua, dove ha riservato a una ventina di invitati, fra cui l’intiera rappresentanza blogosferica, un’accoglienza a dir poco imperiale, accompagnata da una familiarità di cui ancora adesso faccio fatica a capacitarmi: un osservatore esterno avrebbe giurato che ci conoscevamo tutti da trent’anni almeno.

Abbiamo parlato per ore. Di Carlo, certo, ma anche ciascuno di un pezzetto di sé, tanto che Tiziana e Paolo, per esempio, hanno scoperto comuni origini molisane. Tiziana ci ha raccontato che nella sua famiglia c’è da sempre l’usanza di fare convivio quando qualcuno muore, per mitigare il dolore con l’allegria, mescolando lacrime e risate. E abbiamo riso, oh se abbiamo riso, ascoltando gli aneddoti familiari raccontati dalle donne di Carlo: Alba, Tiziana, Serena, Silvia. Il Conte ha già riportato la frase-mito della giornata, by nonna Alba: la minigonna definita “mantovana della figa”. Un genio.

Siamo andati via alle otto di sera, con la promessa di rivederci ancora, e sai mai che non ci riusciamo davvero. Ho accompagnato Paolo e Andrea in stazione e ho puntato il muso dell’auto verso sud. Radio spenta, per lasciare la mente libera di ripercorrere le immagini e le parole di una giornata speciale, dove lutto e condivisione, riso e pianto, dolore e allegria si sono dati il cambio continuamente, quasi a imitare l’umore variabilissimo del compianto-festeggiato. Addio Carlomaria, e grazie per tutto quello che ci hai lasciato: l’amore per i libri, i tuoi libri, le tue ineguagliabili performance cibernetiche, le tue splendide donne.

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16 Responses to “L’ultimo saluto”

  1. remo bassini says:

    vuoi che mariastrofa si prenda gioco di me?
    opera meritoria.
    togli la o, lascia il refuso.
    pera meritoria va meglio.
    (l’ho fato per gli amici, veri, di mariastrofa, che mi han chiesto il favore, sapendo di traffici e ingorghi, da me; poi l’ho fatto amcor più convinto, quando mi ha telefonato serena).
    ciao

  2. cronomoto says:

    Mi ha rincuorato vedere l’unità di quella famiglia, fatta di donne forti. E, come hai scritto, la loro accoglienza è stata preziosa, nell’abbracciarci e allontanarci dal difficile momento della sepoltura.

    (Sulle modalità del nostro incontro rido ancora, perché mi sembrava che tutti e due avessimo la certezza di riconoscerci)

    Ringrazio ancora Remo in questo spazio, per il modo in cui ha condotto la diffusione della notizia, per lo spazio dato a Serena, insomma per la sua …pera meritoria, (e anche per la fiducia che mi ha riservato)

    a presto
    lucia

  3. cominciare says:

    Grazie per come sei riuscito a testimoniare quel giorno.
    La splendida famiglia di Carlo merita questa testimonianza.

    cristina

  4. michele says:

    Un abbraccio alla famiglia.
    michele

  5. Serena says:

    Hai proprio realizzato un resoconto meraviglioso! Sono felice che nonostante la perdita e il dolore siamo riusciti tutti insieme a stare bene e farci forza l’un l’altro. Papà avrebbe apprezzato tutto questo come sono anche sicura che dopo un po’ ci avrebbe detto: ” ma vaffanculo, bloggher, và!”
    Con affetto
    Serena, Tiziana, e Alba.

  6. criscia says:

    Grazie mille di questo resoconto, Luca.

    Un abbraccio a tutta la famiglia di Carlo (soprattutto le sue donne)

  7. letturalenta says:

    Remo, ho corretto :-)
    Lucia, quella telefonata me la ricorderò sempre. Iniziare un percorso doloroso con una risata è una benedizione.
    Ciao Cristina. Davvero una famiglia speciale.
    Grazie Michele.
    Ciao Criscia, son da ringraziare loro, mica io :-)

    Serena, Tiziana, Alba, un abbraccio a tutte e tre.

  8. Ho ripreso il post nel mio blog. Ciao

  9. Silvia says:

    Non avevo letto questo bellissimo resoconto.
    Se ci incontreremo ancora di dirò quale penso possa essere il titolo che farebbe Carlo nel suo prossimo post.
    Se leggo voi mi pare che ci sia un pò anche lui…
    Silvia

  10. zoe says:

    sono shockata …
    in lacrime…non riesco a dir altro … io ultimamente non ho modo di legger i blog come ho sempre fatto e non sapevo niente di tutto ciò.. niente…

    *Silvia, non ti conosco, ma mi permetto di lasciarti una bbraccio grande stretto stretto

  11. letturalenta says:

    Grazie Lucio, ciao zoe. Silvia, cercheremo di toglierlo di mezzo quel “se” prima di “ci incontreremo”. Se hai voglia, mandami quel titolo per email (lucatassa [at] gmail.com). Mi farebbe piacere.

  12. Oyrad says:

    Ringrazio Luca Tassinari per questa bella e sobria descrizione dell’ ultimo saluto a MariaStrofa. Anche io ho lasciato sul mio blog un piccolo commiato. Avevamo aperto il blog, praticamente, quasi lo stesso giorno, ed era stata(o) uno dei miei primissimi ospiti. E’ sempre stata(o) squisita(o) con me: mi ha sempre sostenuto, incoraggiato, approvato, anche quando scrivevo schifezze inaudite – e in questi mesi di blog ne ho scritte molte!!! – Insomma, mi manca, e mi mancherà tantissimo…

  13. Conte Nebbia says:

    Ho già voglia di tornare a Carpi

  14. Con colpevole ritardo, mi stringo a te e agli amici nel ricordare quel giorno.
    Grazie, Luca.

  15. Icekent says:

    penso spesso a quando me ne andrò anche io, lasciando in eredità una password per far scrivere un ultimo epitaffio e poche altre cose. Maria Strofa mi ha dato molto, è stato uno di quegli insegnanti che non si dimenticano.
    che i bit ti siano leggeri, Carlo.

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