Dio: Dimmi, Adamo, secondo te io esisto?
Adamo: C’è la domanda di riserva?
D: Perché? Rispondimi, orsù, che ti costa?
A: Temo che a discutere dell’esistenza di Dio si finisca per litigare. Vuoi litigare?
D: No davvero. Sai bene che ti amo e che ci tengo a mantenere buoni rapporti con te.
A: Appunto, dico. Se siamo amici, che t’importa sapere se esisti o non esisti? Non potremmo fare le solite due chiacchiere sul moto degli astri, magari davanti a un bicchierino dell’idromele che mi hai fatto assaggiare ieri?
D: Buono quello! Devo dire che quando mi metto d’impegno riesco a fare cose molto buone.
A: Vedi che basta poco per coccolare l’autostima? Perché non lasci perdere quelle baie sull’esistenza?
D: Ma per me è una questione importante, Adamo. Tu non ti sentiresti un po’ a disagio se qualcuno ti dicesse che non esisti?
A: Perché, qualcuno ti ha detto che non esisti?
D: Adamo, non prendermi per i fondelli. Siamo gli unici esseri loquenti in questo giardino, almeno fino a quando non avrò creato Eva, quindi chi altri avrebbe potuto dirmi alcunché?
A: E che ne so? Magari qualche angelo ribelle.
D: Quelli li ho già sistemati.
A: E chi sarebbe questa Eva?
D: Quale Eva?
A: Non fare il finto tonto, dài. Poco fa hai detto che avresti creato una certa Eva.
D: Ah, quella Eva! No, niente, è un progetto che mi frulla in testa da qualche tempo.
A: Fai il misterioso?
D: Certo che sei ben curioso, neh!
A: Ah, io sarei curioso. E tu che un giorno sì e l’altro pure vuoi sapere se esisti, tu che saresti? Sentiamo.
D: Adamo! un po’ di rispetto! Va bene la confidenza, ma sono pur sempre Dio, perdiana! Misura le parole.
A: Prima mi sfinisci di domande e poi mi tappi la bocca con questa faccenda che sei Dio. E chi ti credi di essere? Eh? Eh? ma vai a fare il bulletto coi serafini, va’, che con me non attacca.
D: Adamo!
A: E poi non dire che non ti avevo avvertito.
D: Di che parli?
A: Te l’avevo detto che discutere dell’esistenza di Dio porta al litigio.
D: Come facevi a saperlo? Hai forse mangiato il frutto che ti ho proibito di mangiare?
A: E basta con questa manfrina del frutto proibito! Sarai mica un po’ fissato per caso?
D: È che quell’albero lì, tutte le volte che lo guardo, ho come un brutto presentimento.
A: E l’albero di qua, e l’esistenza di là. Sì sì, dammi retta, sei fissato. Ma non potresti darti una calmata e goderti la pace e le delizie dell’Eden? A volte proprio non ti capisco.
D: Dev’essere un effetto dell’infinitudine questo mio pormi domande la cui risposta giace in un minuscolo punto della mia mente immensa, così minuscolo e infinitamente distante che impiego migliaia di ere per raggiungerlo. E quando lo raggiungo spesso ho già dimenticato la domanda, e così anche la mia inquietudine è infinita.
A: Cosa questa che, a ben pensarci, rende assai poco desiderabile l’immortalità.
D: Adamo.
A: Cos’altro?
D: Io esisto?
A: No.
D: Lo temevo.
A: Perché?
D: Perché vorrei esistere.
A: Esistere non è mestiere da dèi, Dio.
D: Ne sei certo?
A: Sì. L’esistenza è appropriata per creature minime e inessenziali, conglomerati di cellule che si arrabattano come possono per cogliere un raggio di luce fra l’abisso di tenebra che li ha preceduti e quello che li seguirà.
D: Dunque per esistere dovrei nascere?
A: Dovresti morire.
D: …
A: Dio.
D: Dimmi.
A: Quel bicchierino di idromele?
Professore questo è un dialogo che annichilisce quelli di Luciano. Mi passi quell’idromele intanto che me lo rigusto
Carissimo, temo che l’idromele sia rimasto laggiù (lassù?) in Eden. Tocca attendere pazientemente la fine del mondo.