Buràn 2, La città

Buràn 2, La cittàÈ uscito il secondo numero di Buràn, e questo già lo sapevano anche i muri, data la mia ontologica lentezza. Lo schema della rivista resta invariato rispetto al primo numero:

– il Materiale raccoglie racconti, articoli, saggi, immagini e altri contributi intorno a temi concreti.
– l’Immaginario raccoglie invece racconti, narrazioni storie inventate oltre i nostri confini

Il tema di questo secondo numero è La città.

La peculiarità di Buràn è quella di raccogliere scritture che prendono forma a migliaia di miglia dal nostro orticello italico, ma che la grande ragnatela avvicina fino a poterle sfiorare. Sfiorarle sì, ma non sempre è possibile leggerle, perché non tutti conosciamo a menadito inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco, russo, polacco. Per esempio, io che non conosco il russo avrei qualche difficoltà a leggere un testo intitolato Московские вокзалы. Ленинградский, ma la squadra di intervento rapido di Buràn arriva sul posto e svelta converte il misterioso geroglifico cirillico, con tutto quel che segue, in leggibilissimi caratteri latini. Ed ecco pronto, a mia disposizione, uno splendido racconto che fino a pochi secondi prima era per me invisibile: Stazioni di Mosca – Leningradskij.

Fin qui le cose importanti, ma voglio aggiungere una mia quisquilia, a mo’ di ringraziamento personale ai bardi di Buràn per il lavoro preziosissimo che stanno facendo. Chi mi ama mi segua.

Antefatto
Anch’io, come succede a molti lettori, lungo la mia carriera di compulsatore d’altrui pagine ho accumulato la mia brava dote di manie, chiodi fissi, pallini. Uno di questi ha lasciato una traccia fra i link del mio blogghetto, link che per comodità del lettore replico qui: gli ultimi giorni di Lev N. Tolstoj.

Dieci giorni prima di morire Tolstoj fece fagotto e fuggì alla chetichella dalla magione avita di Jasnaja Poljana con l’aiuto della figlia Alexandra e del fedelissimo segretario Vladimir Certkov. Fu una fuga romanzesca, terminata in un’anonima stazione ferroviaria russa che di lì a poco, grazie all’estremo viaggio dello scrittore, avrebbe acquistato fama mondiale e imperitura: Astapovo (Аста́пово). Il sito sopra segnalato è la traduzione inglese del diario in cui Certkov annotò meticolosamente i particolari dell’illustre agonia. Ecco come raccontò l’accoglienza riservata allo scrittore ad Astapovo:

I left Tula by the first night train and arrived in Astapovo at 9 o’clock in the morning on November 2, 1910. I was met at the railway station by Ivan Ivanovich Ozolin, the local station master. He was a gracious and kind man, devoted body and soul to Leo Tolstoy. At first he ceded two rooms to Tolstoy but eventually he relinquished his entire apartment and relocated with his wife and children elsewhere.

Ovvero, più o meno:

Lasciai Tula con il primo treno della notte e arrivai ad Astapovo alle nove del mattino del 2 novembre 1910. Alla stazione fui accolto da Ivan Ivanovich Ozolin, il capostazione del posto. Era un uomo buono e gentile, devoto anima e corpo a Lev Tolstoj. Da principio cedette due camere a Tolstoj, ma alla fine rinunciò a tutta la sua abitazione e traslocò altrove con moglie e figli.

Va be’ Tassinari, fin qui ci siamo, ma che c’entra Buràn con questa storia?
C’entra, c’entra, perché Stazioni di Mosca – Leningradskij narra la storia di un vecchio russo, veterano di molte battaglie, che va a concludere la sua vita in una stazione ferroviaria moscovita non lontanissima da Astapovo. Una distanza incalcolabile separa invece la morte di Tolstoj, a cui il buon capostazione cedette la casa, da quella dell’anonimo vecchio, a cui la casa fu rubata:

Il vecchio non risulta più a quell’indirizzo. E niente timbri sul passaporto. Io gli domandai come poteva essere. Sei uno stupido, rispose stancamente. Si butta fuori il vecchio, si vende l’appartamento. Fanno tutti così, specie intorno a Mosca.

Il numero di rimandi e incroci fra la vicenda del vecchio e quella di Tolstoj è impressionante. Leggere questo racconto è come viaggiare in continuazione da Leningradskij ad Astapovo e ritorno. Sono due storie scritte a distanza di cent’anni l’una dall’altra per raccontare la fine di due uomini molto diversi, due storie che hanno in comune la lingua e l’alfabeto in cui sono state scritte: un alfabeto a me ostile e una lingua che non conosco. Oggi posso leggerle entrambe perché qualcuno là fuori si è preso la briga di trascriverle in lingue comprensibili e di lasciarmele leggere liberamente, senza balzelli o pedaggi.

È molto probabile che l’agonia di quel vecchio reduce non darà alla stazione moscovita di Leningradskij una fama paragonabile a quella di Astapovo. Però è certo che nella mia personalissima geografia letteraria queste due stazioni saranno unite per sempre da qualcosa di più intimo e prezioso di una strada ferrata. Ecco cosa c’entra Buràn.

5 Responses to “Buràn 2, La città”

  1. Calma says:

    Sorprendente (sebbene, certo, quando fu scelto il pezzo tutto questo lo sapevamo benissimo) :D
    Grande Tassinari!

  2. Grenar says:

    Buràn l’ho scoperto da pochissimo. Un luogo di luoghi, interessante come pochi (ormai il web letterario, IMHO, sta degradando), un ottimo segnale di vita-vitalità.

    Colma un vuoto assordante con sonorità nuove, e porta qui da molto lontano storie del grande mare (a quanto pare scelte con cura e amore).

    Complimenti al progetto e a chi ci lavora!

  3. Effe says:

    Lei sarà anche lento, ma come lettore è lugimirante.
    Trasecolo e arrossisco, dacché il brano sugli ultimi giorni di Tolstoj da lei segnalato l’avevo letto e riletto, innamorandomene.
    Come non aver colto la citazione buranica, come non aver visto il tempo che non passa?
    La ringrazio, lei è la conferma che chi legge sa sempre più di chi scrive (o, in questo caso, di chi pubblica)

  4. letturalenta says:

    Il problema di chi legge è che, per mettere in circolazione ciò che la lettura gli rivela, ha da sedersi a tavolino e scrivere. Il lettore che scrive, come dissi nel primo post di questo blog, è doppiamente pericoloso. Sainte-Beuve ha fatto molti più danni di Proust. Astenersi dallo scrivere come l’anacoreta s’astiene dal cibo, ecco cosa dovrebbe fare il lettore. E tuttavia talvolta è proprio impossibile tacere, e questa era una di quelle volte.

    Grazie, buranici CalMa ed Effe, per la vostra sorpresa. Grazie, vibrisselibrico Grenar, per la tua approvazione di Buràn. Questa rivista (che è anche graficamente splendida, va detto) è davvero preziosa.

  5. zop says:

    ip ip buràn! :)

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