Il rispetto della verità

monsignor Giuseppe Betori, tratto da www.rai.itLa notizia è che il documentario Sex Crimes and Vatican prodotto dalla BBC è stato acquistato dalla RAI e verrà probabilmente presentato nella trasmissione Anno Zero, in onda su Rai2 il giovedì alle 21. Il documentario, uscito nell’ottobre del 2006 in Inghilterra, tratta di alcuni casi di abusi sessuali commessi da preti cattolici, e accusa le alte gerarchie vaticane di aver sistematicamente coperto i responsabili.

In questa agenzia di stampa, che riporto per intero a fine post, c’è il commento di monsignor Giuseppe Betori, segretario della CEI, in cui leggo:

La Chiesa italiana non invoca censure, tiene però al rispetto della verità.

Il rispetto della verità è a mio avviso un atteggiamento doveroso per favorire la convivenza civile, quindi non posso che rallegrarmi nell’apprendere che la Chiesa italiana, per bocca di un suo autorevole esponente, è d’accordo con me su questo punto. In base a questo principio più che condivisibile, Betori chiede che durante la trasmissione siano fatte emergere alcune “falsità di fatto” che a suo dire il video conterrebbe, come questa:

[Il documentario della BBC] non rispetta la verità, ad esempio quando attribuisce a Ratzinger la paternità di un documento emanato dalla Congregazione della Dottrina della Fede 19 anni prima della sua nomina alla guida del dicastero.

Sex Crimes and Vatican, come tutti sanno, è disponibile in rete, con tanto di sottotitoli in italiano, ed è quindi facile verificare che l’accusa mossa da monsignor Betori è falsa. Il documentario, infatti, informa correttamente che il documento in questione – il Crimen Sollicitationis – è stato emanato nel 1962 (min 7:35), e aggiunge poi che “Ratzinger lo impose per vent’anni” (min 10:50), ovvero dal 1981 – quando fu nominato Prefetto della Congregazione – fino al 2001, anno in cui lo stesso Ratzinger, prosegue il video, emanò il seguito di quel documento.

Ora, i casi sono due:
1. Monsignor Betori non ha visto il documentario, e quindi lancia le sue accuse in base a sentito dire.
2. Monsignor Betori ha visto il documentario, e quindi mente sapendo di mentire.

Nel primo caso, monsignor Betori mostrerebbe un’incauta predilezione per una verità – e monsignor Betori ci tiene al rispetto della verità – risultante da dicerie e vox populi, quel tipo di verità che si diffonde di bocca in bocca senza che venga mai posto il problema di suffragarla con prove. Questo tipo di verità noi umili pecorelle prive di abito talare siamo solite chiamarlo pregiudizio nei casi più innocui, calunnia in quelli più gravi. Nel secondo caso, monsignor Betori – uno che ci tiene moltissimo al rispetto della verità – mostrerebbe più banalmente una certa qual inclinazione alla menzogna.

Prosegue monsignor Betori:

Si attribuisce alla legislazione canonica la volontà di coprire gli autori di questi gravi atti criminali, mentre la competenza della Santa Sede è invece un aggravamento della disciplina: il 90 per cento di coloro che vengono giudicati, infatti, sono poi estromessi dallo stato clericale.

Non me ne vorrà monsignor Betori, ma noi cittadini rispettosi della verità siamo abituati a giudicare in base a prove attendibili, quindi chiedo: esistono statistiche ufficiali a sostegno di questa affermazione? Quanti preti sono stati giudicati dalla Santa Sede per abusi sessuali, diciamo negli ultimi cinque anni? Quanti sono stati riconosciuti colpevoli? Quanti estromessi dallo stato clericale?

E infine un’ultima domanda, la più importante: quanti fra i preti accusati di abusi sessuali sono stati denunciati all’autorità giudiziaria dalla Santa Sede – che, come afferma Betori, ha la competenza di questi casi? Perché a me fa senz’altro piacere che i preti pedofili smettano di essere preti, ma mi farebbe ancora più piacere vederli giudicati da un tribunale dello stato che mi annovera fra i suoi cittadini.

Sa, monsignore, uno di quei tribunali in cui per lanciare accuse è necessario esibire prove; in cui le vittime possono testimoniare contro i carnefici senza essere minacciate di scomunica; in cui le dicerie non hanno valore probatorio, le calunnie sono considerate reato e la falsa testimonianza porta dritto in galera. Nel più completo rispetto della verità.

Testo completo dell’agenzia AGI da cui ho tratto le citazioni di monsignor Betori
AGI) – CdV, 22 mag. – “La Chiesa Italiana non invoca censure, tiene però al rispetto della verità”. Il segretario della Cei, mons. Giuseppe Betori ha riassunto così la posizione della Chiesa Italiana in merito all’ipotesi che sia trasmesso dalla Rai il filmato sulla pedofilia della Bbc, che attribuisce alla Santa Sede e in particolare al Papa una presunta volontà di coprire gli abusi sessuali commessi dai preti. Il documentario della Bbc, ha affermato Betori, “non rispetta la verità, ad esempio quando attribuisce a Ratzinger la paternità di un documento emanato dalla Congregazione della Dottrina della Fede 19 anni prima della sua nomina alla guida del dicastero”. Così come sono “notizie false” quelle relative ad un presunto perdonismo della Chiesa: “si attribuisce alla legislazione canonica – ha denunciato Betori – la volontà di coprire gli autori di questi gravi atti criminali, mentre la competenza della Santa Sede è invece un aggravamento della disciplina: il 90 per cento di coloro che vengono giudicati, infatti, sono poi estromessi dallo stato clericale”. Davanti a tutto questo, ha spiegato mons. Betori, “nessuno mette censure: chiediamo solo che se dovesse essere trasmesso ci sia anche una netta presa di distanza da tutte le falsità che sono contenute in esso. Falsità di fatto, che speriamo che si facciano emergere”. (AGI)

4 Responses to “Il rispetto della verità”

  1. Il problema è che da noi quando un prelato parla, dichiara, pontifica o altro l’atteggiamento dell’intervistatore, sia su carta che in video, è di solito di compunto silenzio e di estatica accettazione. E’ vero che la cosa avviene spesso anche con esponenti politici, ma è probabile che sotto sotto ci sia una paura atavica: a sbugiardare un politico ci si può rimettere il posto, nell’altro caso il rischio è di bruciare per l’eternità e, anche per chi non ci crede ma non scarta il “non si sa mai”, il rapporto costi-benefici è troppo sbilanciato.

  2. letturalenta says:

    Puo essere, Giuseppe :-) Ma se un prelato usa metodi di disinformazione da minculpop – tipo calunniare gli avversari con accuse false – non si può stare zitti. In fondo all’inferno ci vanno quelli che dicono le bugie, mica quelli che glielo fanno notare, no? Almeno spero.

  3. Caro Luca, fai bene a scrivere “Almeno spero”. D’altronde con l’imponderabile come fai a ponderare?

  4. […] ha definito i responsabili «criminali», ha esortato le vittime a denunciarli. Molto meglio di monsignor Betori, indubbiamente, ma manca ancora […]

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