Vajassa

vajassaCome tutti tranne Alessandro Sallusti sanno, vajassa in napoletano significa “Donna volgare, serva, servetta”. In un’intervista al TG2 Pino Daniele, uno che di Napoli se ne intende, ha detto che le vajasse sono popolane, donne di modi non precisamente raffinati, ma che non possono in alcun modo essere equiparate a prostitute (siano benedette dagli infiniti numi dell’umana storia) o donnacce.

Eppure Alessandro Sallusti si prende la briga di tradurre: «la Carfagna ha aggiunto, come postilla, che la sua collega deputata Alessandra Mussolini è una vajassa (donnaccia)». Perché? Non l’ha fatto il Mattino nell’intervista a Mara Carfagna, non l’ha fatto l’Ansa e nemmeno il Tgcom del gruppo Mediaset. Sallusti sì, pur sapendo, come dice poche righe dopo, che «prestigiosi linguisti stanno disquisendo sull’esatto significato della parola, che in alcune traduzioni potrebbe anche non avere un senso necessariamente o certamente offensivo».

Ma Sallusti, uomo pragmatico, uno che bada ai fatti, mica alle chiacchiere accademiche, se ne frega dei linguisti, Sallusti. Lui, nato a Como e direttore di un giornale milanese, preferisce tradurre il napoletano un po’ così, all’impronta, prode guerriero che affronta lingue sconosciute a mani nude senza nemmeno l’usbergo di un dizionario.

Perché? Perché Sallusti, scrivendo quell’articolo, aveva un urgente bisogno di invertire il ruolo dei due personaggi coinvolti nella vicenda. Stando alla cronaca, Mara Carfagna è stata offesa per prima da Alessandra Mussolini, la quale, con gesto di signorilità più prossima a quella dei bulletti di quartiere che a quella di una persona bene educata, ha fotografato la ministra con un telefonino nell’aula di Montecitorio, mentre conversava con il capogruppo dei finiani. Sallusti doveva urgentemente additare Mara Carfagna — rea di tentato allontanamento dal partito del Capo — come colei che dà della donnaccia a un’alleata. Gli alleati del Capo non possono avere torto, i suoi nemici non possono avere ragione. Per un bravo servitore del Capo, rendere antipatici al pubblico i suoi avversari del giorno val bene una traduzione a cazzo di cane.

Peraltro Sallusti è uno che di inversione di torti e ragioni se ne intende. In una recente intervista al Fatto ha dichiarato: «Scoprii solo da studente, su un libro scolastico della Laterza, che mio nonno, Biagio, tenente colonnello sulla piazza di Como, finito a Salò senza essere stato fascista, era stato fucilato dai partigiani. (…) Scoprivo che dopo quattro vigliacchi rifiuti dei suoi superiori di grado, perché la Repubblica di Salò era ormai alla fine e i partigiani alle porte, mio nonno aveva accettato di dirigere il tribunale che doveva giudicare Aldo Pucher, partigiano accusato per l’omicidio del federale Aldo Resega».

Meno male che in rete c’è la nipote di Giancarlo Puecher*, pronta a scorciare le già corte gambette delle panzane sallustiane. Già, perché Giancarlo Puecher** non fu condannato a morte quando «la Repubblica di Salò era ormai alla fine», ma il 23 dicembre 1943, cioè all’alba dei nefasti repubblichini. Giancarlo Puecher fu condannato a morte per rappresaglia, non per omicidio. Giancarlo Puecher fu condannato a morte da un tribunale speciale fascista, non da un generico tribunale, e solo un fascista poteva dirigere un tribunale speciale fascista, dunque il nonno di Alessandro Sallusti non poteva non essere fascista.

Tre balle in sei righe, e anche queste mirate al medesimo effetto: scambiare torti e ragioni, vittime e carnefici. Lascio al lettore il non arduo compito di stabilire chi è la vajassa in questo caso.

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* Articolo che merita una lettura integrale.
** Alessandro Sallusti è anche dev’essere uno che si diverte a storpiare i nomi di chi non gli va a genio, un po’ come i bambini dell’asilo.

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7 Responses to “Vajassa”

  1. CalMa says:

    L’etimo indica la “donna che vive nei bassi”, ove per “bassi”, meglio ancora “vasci”, da cui appunto il termine vajassa o vasciaiola, debbano intendersi le pittoresche abitazioni che a Napoli abbondano nei quartieri spagnoli e non solo. Monolocali a livello stradale, spesso gravidi di sorprese e figliolanze. Vajassa o Vasciaiola dice l’origine povera, una grezzaggine di modi, reattività sanguigna e un lessico puntuto e pire assai. Ciao Luca

  2. letturalenta says:

    Mo guarda te chi ti stano con la vajassa. Grazie del passaggio e della bella spiega napoletana.

  3. Cesare says:

    non ho simpatia per il tipo di giornalismo incarnato da Sallusti, pero’ vorrei dire due cose.

    Trovo ingenerosa la tua nota per cui Sallusti storpierebbe il nome di Puecher per una sorta di divertimento. Il testo riporta un’intervista, e mi sembra ragionevole che un intervistato possa sbagliare a ricordare un nome proprio. Altrettanto per il cognome storpiato: visto il contesto (intervista), e’ evidente che quello e’ un errore di Telese, che si e’ limitato a riportare foneticamente il cognome pronunciato da Sallusti. Sarebbe spettato al giornalista de Il Fatto andare a controllare quel dato. Dunque mi sembra che qui la responsabilita’ sia piu’ di Telese che di Sallusti. (detto da abbonato de Il Fatto)

    Su un punto piu’ di sostanza: io comprendo umanamente pure l’inversione dei torti di Sallusti, che ebbe un nonno che pago’ duramente per quella collaborazione colla repubblica sociale, e fini’ fucilato dai partigiani: piu’ di quanto si possa dire di molti fascisti. Io posso capire che certe storie lascino dei solchi profondi nelle famiglie e generino distorsioni storiche quali quelle di Sallusti. Non e’ giustificabile per un giornalista, ma e’ comprensibile umanamente.

  4. letturalenta says:

    Che Giancarlo diventi Aldo solo per un errore di trascrizione mi sembra improbabile, mentre è vero che Pucher potrebbe essere un errore del giornalista. Fatto sta che nel riportare l’episodio Sallusti mostra una certa qual trascuratezza onomastica verso la vittima. Che questa trascuratezza sia intenzionale è una mia supposizione e come tale avrei dovuto riportarla. Correggo la nota.

    Sul punto di sostanza: non pretendo che Sallusti non sia addolorato per la fucilazione del nonno, ma solo che non dia dell’omicida a un partigiano condannato a morte per rappresaglia. Afferma di aver appreso la notizia quando era studente, quindi ha avuto molto tempo per approfondire l’episodio, studiare bene le date e le circostanze, capire dove e in che misura stavano torto e ragione. A giudicare dai risultati sembra che non l’abbia fatto.

  5. Isa says:

    CalMa! Calma, Zani, calma. (Baci a Luca, pomodori avvelenati a Sallusti.)

  6. CalMa says:

    errata corrige: “pira assai”. orrenda, quella pira. of course era “pure assai”.

    Ti leggo sempre, Luca.
    Sempre.

    Abbraccio forte la Zani, forte.

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