Questo è un racconto DADIsta, costruito in base alle regole seguenti:
1. Estrarre da un generatore di numeri casuali, tipo questo, un elenco di interi positivi compresi fra 1 e 129878. In questo esempio sono stati estratti venti numeri.
2. Aprire il Dizionario della lingua italiana De Mauro Paravia.
3. Digitare URL del tipo http://www.demauroparavia.it/n, dove n è ciascuno dei numeri estratti.
4. Trascrivere su un supporto a piacere (file, bloc notes, lavagna, tavoletta di cera, ecc.) l’elenco delle parole corrispondenti ai numeri.
5. Affisare a lungo il mini-dizionario casuale così ottenuto, fino a convincersi che quella sequenza di parole compare ordinatamente in un racconto ben preciso (questa è la parte più difficile).
6. Una volta individuato il racconto, trascriverlo sul supporto di cui al punto 4, o altro supporto a piacere.
Nota: il meccanismo può funzionare anche con altri dizionari online, purché consentano di individuare un lemma in base alla sua posizione.
Il mini-dizionario casuale di questo racconto è il seguente:
73337 nefrotossico
117186 sura
41410 eufemisticamente
96647 rinòmo
122526 trasricchito
41501 euroconvertitore
71120 monarcato
64008 liquidarsi
108887 sismografo
101902 sbrancicato
26411 consorziare
83245 pirazolone
128676 vorticare
13493 bestemmia
117865 tacco
73570 neomaltusianismo
118724 Tazza
64434 lodo
88066 pròteo
72542 muro
[Orazione funebre pronunciata dal dott. Domenico Faglietti davanti al Comitato per la Redistribuzione della Ricchezza Nazionale]
Uomo onesto e incorrotto, abile oratore, fine conoscitore d’ogni codice, giurisprudenza e pandetta, l’avvocato Arturo Baldacci era il civilista più stimato qui in città.
Non molto alto, robusto, occhi piccoli e ravvicinati, fronte alta e naso adunco, ricordava di profilo un aquilotto, di fronte un cinghialetto. Completava la sua fisionomia un diffuso gonfiore, come se un agente nefrotossico impedisse in lui un salutare ricambio dei liquidi. Non era certo un adone, insomma, ma nemmeno un uomo d’aspetto sgradevole. La pelle tesa e liscia come un panno di sura, i capelli appena increspati e graziosamente brizzolati, le mani affusolate, la gran cura nell’abbigliamento facevano di lui un signore distinto e tutto sommato piacevole a vedersi.
Abitava in collina, in una vasta magione che lui chiamava eufemisticamente Il Villino, ma che non aveva nulla da invidiare ad antichi e onusti palazzi. La lunga carriera forense aveva infatti posto sulle spalle di Baldacci un gravoso carico di prestigio sociale e di rinòmo, reso forse più leggero da entrate bastevoli a conferirlgli la nomea di trasricchito e il capzioso nomignolo di Euroconvertitore.
In molti sensi Baldacci era re, ma re d’un monarcato non tirannico e non privo d’umana pietà. Carattere forte e sanguigno, sì, ma pronto a liquidarsi appo l’umana sventura e così sensibile da saper registrare come un sismografo sentimentale i battiti d’ogni cuore gravato d’angoscia o di timore. Il cliente non era per lui un’arida sorgente di lucrose parcelle, ma un compagno di strada, un amico, un fratello da soccorrere nel momento del bisogno. E come dimenticare la sua ferma mitezza in pubblico, specialmente all’uscita dalle udienze più delicate, quando pressato, strattonato, sbrancicato da orde di curiosi e giornalisti, si spendeva per tutti calmare, tutti invitare alla cortesia, tutti consorziare sotto il vessillo di un superiore senso del decoro e della civiltà.
E quando io – suo umile e devoto medico curante – cercavo di convincerlo a risparmiarsi, a prendersi cura di sé, a non spendere ogni residuo di energia al servizio della giustizia e della libertà, quest’uomo integro, onesto e prostrato dal suo stesso senso del dovere mi sorrideva debolmente, e amichevolmente mi scherniva: vedrà – diceva – che quel suo miracoloso analgesico a base di pirazolone mi terrà in piedi anche questa volta. E si rituffava con rinnovato vigore nel vorticare delle sue incombenze, senza che non dico una bestemmia, ma nemmeno un’imprecazione, un’invocazione dolorosa o una parola men che dignitosa uscisse dalle sua labbra.
A fronte di cotanto onore, che dire ai vigliacchi che l’hanno schiacciato sotto il tacco di un’invidiosa arroganza, che l’hanno sacrificato sull’altare di un perverso neomaltusianismo del censo e della virtù, che gli hanno servito la tazza di cicuta? Ah, quale vendetta divina, quale giusta ira, quale superiore condanna non meritano! Hanno iniettato nel suo buon cuore il germe del dubbio, l’hanno circuito. Lui! Baldacci! Il principe del foro, il re buono, l’araldo della giustizia! L’hanno amareggiato, tormentato, torturato fino a stroncare la sua nobile tempra. A costoro io dico vili! sicofanti! assassini!
E per cosa l’hanno ucciso, per cosa l’hanno indotto a dubitare dell’autenticità delle perizie accuratamente preparate per lui da questo Comitato? Un lodo! un piccolo insignificante lodo arbitrale sulla cessione del pacchetto di maggioranza di un’azienda di stato. Che sarà mai un loduccio appena appena aggiustato di fronte ai furti, agli omicidi, agli stupri che quotidianamente erodono i margini di civile convivenza di questa nostra società malata? Cos’è mai un lodo, per di più abbellito da un grazioso tocco d’arguzia in favore degli amici, in questo tempo pròteo e prono alla violenza omicida?
Posso assicurarvi che non ha sofferto. Si fidava di me, e nemmeno per un attimo ha dubitato che la polvere disciolta nel bicchiere non fosse pirazolone. Si è addormentato e non si è più risvegliato, tutto qui. Si fidava anche di voi, dei gerenti, del Comitato tutto, e sono sicuro che con un po’ più di tempo a disposizione sareste riusciti a farlo recedere dall’assurda decisione di impugnare il lodo. Ma il tempo, si sa, è tiranno e le imminenti scadenze fiscali non consentivano di temporeggiare.
L’intonaco del muro eretto all’imboccatura del loculo di Baldacci sta asciugando. Domani poseranno la lapide dove io stesso ho fatto incidere la frase La parte migliore di te resterà sempre con noi. E quella parte, la firma di Arturo Baldacci sul dispositivo del lodo, resterà per sempre depositata nella cancelleria della Camera Arbitrale. Tanto vi dovevo, signori. Sarà mia cura inviarvi al più presto la parcella relativa a questa consulenza medica.
Tags: Arturo Baldacci, dadismo, scrittura
anche lei al comitato centrale stamane, nevvero? è stata dura anche per me… accetti la prima pigiama standing ovation della sua carriera pubblica.
mi piacerebbe mostrarti il devoto oli in cd-rom, di cui curai l’edizione… fu il primo completo dizionario della lingua italiana elettronico e se ne potrebbero derivare delle belle! grazie del contributo! come al solito mi inchino e commuovo. zop
Mauro, sono uscito giusto adesso dal CC. Una noia che non ti dico: banche, cooperative, mazzette, qualche leggina di fine legislatura… le solite cose, insomma. Sono anni che non si delibera un bel suicidio, un avvelenamento fatto bene, un incidente aereo come dio comanda…
zop, quel dizionario era un progetto ultra-pionieristico, un po’ come il DADIsmo: fra dieci o dodici anni il mondo intero sarà DADIsta, e nessuno si ricorderà più dei precursori!
le regole, i vincoli..ma che bello!
p.s. l’avevi letto questo “http://www.blogrodeo.org/archivio/000113.html” con estensione qui “http://patarodeo.splinder.com/archive/2004-12” ?
hahahaha! è bello e il gioco sembra divertente.
grazie, come sempre, per i link puntuali e utili. :-)
daldivano
Confermo: il gioco è divertente. Provare per credere!
gabryella, ho visto solo adesso che il tuo commento era in moderazione (per decisione unilaterale di WordPress, non mia).
Grazie per i link e per l’apprezzamento dei vincoli: a me piacciono molto i vincoli e le regole compositive, specialmente se posso fabbricarle da me!
Scherzi a parte, per secoli e secoli è stata fatta ottima letteratura entro schemi ben definiti, e se nessuno avesse enunciato le regole del sonetto forse non ci sarebbero i sonetti di Shakespeare.
Fatte le debite proporzioni, mi piacerebbe che funzionasse così anche per queste cose dadiste: dichiarare le regole per dare ad altri la possibilità di fare la stessa cosa, magari con risultati migliori.
a dire il vero, ultimamente il fenomeno d’essere messa al palo dai moderatori è fin troppo frequente per non sospettare qualche mio (inconsapevole) dolo..
In questo caso il “dolo” è stato quello di inserire più di un URL nel testo del messaggio. Orbene, dato che ‘sta trappola è scattata due volte in tutto, ed entrambe le volte a casaccio, provvederò a cassarla quanto prima.
il gioco è magnifico, la statura di Baldacci indiscutibile, il mondo sarà dadista, anzi la terra abbandonerà la sua assurda forma di geoide e diverrà un dado: è solo questione di tempo.
Luca, io non ci capisco una mazza:-) Sai che sono piuttosto anzianotto e primitivo. Fammi uno dei tuoi pezzi distensivi, a letturalenta, insomma.
Bart
No, assolutamente no! Complica il più possibile! ;-)
Bart, cosa non hai capito? Il meccanismo o il racconto? La prima cosa mi dispiacerebbe, ma la seconda posso capirla: non ci ho capito un tubo neanch’io!
Anche il meccanismo, a me fa girare la testa. Ma c’ho una scusa: ho sofferto di vertigini:-)
Poi sono quasi un matusa…
Bart