Che cos’è la letteratura? Domanda scema, dice Genette:
Se temessi meno il ridicolo avrei potuto gratificare questo saggio di un titolo ch’è stato già grossolanamente usato: «Che cos’è la letteratura?» – Il testo illustre che ha posto tale domanda a sua titolazione in verità non vi ha risposto; il che tutto sommato è molto saggio: a domanda sciocca, nessuna risposta; ragione per cui la vera saggezza consisterebbe nel non porre neppure l’interrogativo. (Gérard Genette, Finzione e dizione, Pratiche editrice 1994, pag. 11).
E chi sono io per dar torto a Gérard Genette? Genette è un tale che una volta, nell’inverno del 1969, si trovò bloccato in casa da una tempesta di neve. Per ammazzare il tempo si mise a ragionare un po’ sul discorso narrativo e – com’è come non è, ragiona che ti ragiona – sfornò Figure III, uno dei testi fondamentali della narratologia contemporanea. Dar torto a Genette proprio non si può, quindi si accolga come postulato incontestabile che chiedersi cos’è la letteratura è esercizio vacuo, inutile e sintomatico di una non vaga inclinazione alla demenza.
Tuttavia, si consideri per un attimo la fonte di codesta verità, vale a dire il Genette medesimo. Immaginiamo un uomo sulla quarantina, già dedito all’insegnamento e allo studio di cose letterarie, chiuso nella sua casetta circondata dalla neve, tagliato fuori dal mondo.
In casa ha un’edizione della Récherche di Proust, una macchina da scrivere e carta a volontà. Potrebbe approfittarne per scrivere un’appassionata lettera d’addio all’amata oppure una vibrata protesta alle autorità municipali per la pessima manutenzione delle strade; potrebbe stendere le sue memorie oppure, dopo aver valutato la consistenza delle scorte alimentari, redigere un dignitoso testamento. Invece che fa? Si mette d’impegno a meditare sulla struttura narrativa della Récherche, riempiendo pagine e pagine di sagaci osservazioni sul tempo del racconto, la velocità, la frequenza, il modo, la voce.
Comportamento decisamente irragionevole, tanto da rendere non peregrino il sospetto che già all’epoca nella mente del povero Gérard Genette si fosse insinuato un germe di follia. Certo, può darsi benissimo che in seguito sia rinsavito, e tuttavia non mi sembra fuori luogo chiedersi se non sia avventato prendere per oro colato le affermazioni di un individuo soggetto a simili deviazioni dalla normalità. Dovremmo forse dar credito a tutti i pazzi che si presentano sulla scena del mondo proclamando le loro verità universali?
Sì, ne sono consapevole: confutare un’asserzione tentando di screditarne l’autore è un trucchetto eristico di bassa lega, ma invoco a mia parziale discolpa la sproporzione delle forze in campo: un mostro sacro della teoria letteraria, una sorta di Aristotele dei nostri tempi, contro un minimissimo e periferico lettore di provincia. Tocca difendersi come si può.
L’oggetto della contesa è naturalmente la fatidica domanda Che cos’è la letteratura?, domanda che mi pongo abbastanza spesso da non poter accettare la sentenza genettiana senza combattere: mica posso farmi dare dello scemo così, che diamine, ho anch’io una mia dignità! E poi, scusa sai Genette, Sartre ci ha pure intitolato un libro con quella domanda: scemo pure lui? No, dice Genette, scemo no, ma saggio a non aver dato la risposta perché, appunto, a domanda scema è saggio non rispondere onde evitare risposte sceme.
Vecchia volpe d’un Genette! Vedi cosa t’inventa pur di non dare dello scemo a Sartre? E però poi, nella foga del discorso, Genette inciampa proprio in una risposta, Genette risponde! Che scemo! E risponde citando un altro signore, tale John Searle, evidentemente scemo pure lui:
È il lettore a decidere se un testo è o non è letteratura. (ibidem, pag. 53)
Eh, sembra scemo Genette, ma in realtà quella risposta è un capolavoro di furbizia. Intanto è una citazione. Posto di fronte al tribunale della storia con l’accusa di essere scemo per aver risposto a una domanda scema, Genette si discolperebbe dicendo Scemo io? Ma scemo ci sarà Searle, casomai. Ma questo è niente. A ben considerare quella frase non è una risposta alla domanda Che cos’è la letteratura?, ma un abile passaggio di cerino acceso nelle mani del lettore: son mica scemo a rispondere a una domanda scema, dice Genette, chiedetelo un po’ al lettore cos’è la letteratura, vedrete che sarà scemo abbastanza da rispondere.
Insomma, non se ne esce: il lettore è scemo. D’altronde basterebbe confrontare la sua attività con quella di Genette per rendersene conto: Genette scrive come un matto sulla letteratura senza mai dire cosa sia l’oggetto dei suoi profondissimi studi, e questo gli vale cattedre universitarie, lauree honoris causa, fama mondiale e pubblicazioni a palate. Il lettore legge come un matto senza sapere se quel che legge sia letteratura oppure no e quando s’azzarda a chiederlo si becca pure dello scemo, senza contare che nel frattempo ha cacciato quattrini per leggere quella cosa indefinita e ne ha cacciati altri nelle tasche di Genette per vedere se almeno lui era in grado di dirgli se quella roba è letteratura oppure no.
E per soprammercato al lettore scemo rimarrà perpetuamente in testa la domanda scema che, essendo lui irredimibilmente scemo, non riesce a non porsi: Che cos’è la letteratura? Qualcuno gli risponda, povero lettore.
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una domanda simile me l’ha fatta mia figlia che ha sei anni: voleva sapere che cos’è il sesso.
Il cerino, mi pare, è passato nelle mani del lettore, il quale non deve domandare, ma rispondere. Ossia, caro Luca, tocca a te:-) Mettici pure tutto il tempo che vuoi, prendi la cosa con la dovuta necessaria lentezza; noi restiamo qui in attesa, finché morte non ci separi:-)
Buona giornata, brillante scrittura, come sempre.
Bart
La letteratura, disse Madame Bovary, c’est moi!
la letteratura è una cosa che si mangia
melpunk
ps
saluti
mauro, a domanda identica posta dal maggiore dei miei risposi così: è l’uso del proprio corpo a fini ricreativi e procreativi. Il pupo non ha mai più posto la domanda.
Bart, la risposta è in me, sì, solo che è sbagliata.
Lucio, quella madama lì può permettersi di dire ciò che vuole. Tanto – come direbbe il callido Genette – ella non esiste.
Mel, grazie. Sei stato l’unico a rispondere direttamente, con giusto disprezzo del giudizio di Genette. Come premio ti dedicherò una citazione letterario-mangereccia di Miguel De Unamuno, ammesso che la ritrovi e che mi ricordi di postarla.
letturalenta: di nulla. poi, col nome che mi porto
Non sarà senz’altro letteratura Luca, ma m’hanno sacripantizzato quel racconto che ti dicevo. E siccome c’è di mezzo l’iciellismo magari ci potresti dare un’occhiata no?
http://www.calma.splinder.com/post/6555913
Calma, ho letto il tuo racconto su sacripante! fresco di stampa (stampa?), e oggi ho letto il disvelamento del legame iciellico, che, manco a dirlo, non avevo minimamente individuato. Mi spiace solo di non poterti dire se è letteratura oppure no: non vorrei passare per scemo!
Non lo è, dai retta a uno scemo (oh, in quel 3d d’antan linkato c’è un bel ciuffo di gente eh?)
Non dire che non lo è! è una risposta anche quella! se Genette lurka ti segna nel colonnino degli scemi! (e, sì, una bella adunata di vecchie conoscenze niusgruppiche, quel thread).
(leggo: esisto pagando; sono scema. sì, c’è del brivido nel cerino tra le dita, anche nel facile autoannientamento non comprando… che debba scegliere uno sport meno pericoloso?)
daldivano
Che ne diresti di un osservatorio permanente degli spogliatoi maschili? Io potrei occuparmi della fornitura delle saponette.
hahahahahaha! non è una cattiva idea, le saponette sono un bene facilmente deperibile e difficilmente reperibile :-)
(ho anche un centro studi, un osservatorio sull’arte e un comitato promotore, sempre lì, in quel posto lì… sschhh!)
daldivano
A work of literature is, first of all, an organised, purposeful sequence of words. – René Wellek
Qua c’è caso però che anche Wellek sia fatto passar per scemo. En tout cas, d’accordo con Miku.
Signori – se a qualcuno interessa – qui si è svolto un dialogo tangente: http://www.achyra.org/cruscate/viewtopic.php?p=1291#1291
Grazie per la doppia segnalazione, Miku. La definizione di Wellek mi ricorda il celebre aforisma di Manganelli, “la letteratura si fa con le parole, non con i sentimenti” (o giù di lì).
silvio, mi sembra che Wellek si salvi per un pelo dal titolo di scemo, mercé l’inciso “first of all”. Certo, se in seguito continua a rispondere alla fatidica domanda, allora se la cerca proprio, il Wellek.
Gentilissimo, Manganelli da te citato cita a sua volta Mallarmé, che chi sa chi altro citava. La letteratura non esiste se non nella testa di chi la vuole a ogni costo scovare. Quando l’indiavolata gioca a nascondino / difficile acciuffarla per il toupet, diceva più o meno Montale – e non parlava della letteratura, ma forse anche di sì e in ogni caso non ho voglia di controllare la citazione adesso.
E che dire di Busi che cita Manganelli che cita Mallarmé? o forse Busi cita direttamente Mallarmé? o magari non cita alcun di questi, ma scrive di suo, intimamente educato dalla sua propria esperienza? E la letteratura, non è forse essa medesima una gigantesca silloge di citazioni più o meno volontarie? (Ma anche no, ci mancherebbe).
Visto che si cita il Manga, perché non letteratura come menzogna?! ;-)
Citiamolo, Miku, citiamolo senza ritegno. Manganelli andrebbe citato 3-4 volte die, prima, durante e dopo i pasti.
Ma nemmeno per sogno, amico mio e nostro e non della ventura. Su Manganelli e altri irregolari troppo vulgati (Savinio, Delfini, Barilli, De Pisis etc.) vige da tempo un veto sovranazionale. Non li si può citare se non si dimostra presso la Corte di Giustizia dell’Aja di aver letto per intera la loro bibliografia primaria e di conoscere in profondo la letteratura secondaria che li concerne. Mancando i presupposti in causa, citazione vietata o devoluta ad autori di minor momento: in ordine alfabetico, da Arbasino fino a Zena (nel senso di Remigio, e con tutta la simpatia)
Io ce l’ho, caro Silvio, la bibliografia primaria, le carte sono in regola! – Ehm, non proprio tutto, no: ma dove non posso arrivare ictu oculi c’è sempre l’indice di Graziella Pulce, nei Quaderni di Culture del Testo, editore uscito dalla penna di un Leporeo: Titivillus.
Quanto a quella secondaria, ahimè…
P.s
A conti fatti vedo che sarei stato rinviato a giudizio, pazienza, ma non per questo
cesso contr’esso ordir satirico
Leporeambo, strambo e metaforico
[…] In tempi non sospetti avevo rivelato che il lettore è scemo. Forte di questa primogenitura, oggi posso dichiarare con giustificato orgoglio che il lettore – quanto meno il lettore che alberga in me – è non solo scemo ma anche coglione. Dichiara infatti il nostro (minuscolo) presidente del consiglio: […]
[…] la ricerca della stupidità al campo delle idee e delle opinioni (o anche delle domande, le famose domande sceme), ma magari lo faccio un’altra volta. Per ora mi basta ribadire che la stupidità non è una […]