Posts Tagged ‘lettura’

Mi rammarico di saper andare in bicicletta

Wednesday, March 30th, 2011

Ad Antonio Gurrado non piace leggere, mentre a me piace leggere i post di Antonio Gurrado. Non è che mi piacciano tutte le cose che Antonio Gurrado scrive nei suoi post, però mi piace come le scrive, tanto che alla fine mi rammarico di non poter essere del tutto d’accordo con cose scritte così bene. Quanto al post citato, per esempio, mi rammarico di saper andare in bicicletta e di avere la patente.

Una vertigine geometrica

Saturday, November 13th, 2010

Tullio Pericoli: Giorgio Manganelli, china su carta, 1986. Tratto da Woody, Freud e gli altri, Garzanti 1988

[Pericoli, Giorgio Manganelli, 1986, china su carta 35×28 cm, tratto da Tullio Pericoli, Woody, Freud e gli altri, Garzanti 1988]

Un libro non si legge; vi si precipita; esso sta, in ogni momento, attorno a noi. Quando siamo non già nel suo centro, ma in uno degli infiniti centri del libro, ci accorgiamo che il libro non solo è illimitato, ma è unico. Non esistono altri libri; tutti gli altri libri sono nascosti e rivelati in questo. In ogni libro stanno tutti gli altri libri; in ogni parola tutte le parole; in ogni libro, tutte le parole; in ogni parola, tutti i libri. Dunque questo «libro parallelo» non sta né accanto, né in margine, né in calce; sta «dentro», come tutti i libri, giacché non v’è libro che non sia «parallelo».
[Giorgio Manganelli, Pinocchio, un libro parallelo, Einaudi 1977, pag. 101]

[Qui termina la parte essenziale del post. Segue postilla]

Immagine vertiginosa, questa di Manganelli, ma è una vertigine non ignara di geometria, sebbene si tratti di una geometria imparentata con l’allucinazione. Immaginare una figura geometrica dotata di infiniti centri — e tale da contenere infinite figure parallele che a loro volta la contengono — è un’impresa da spaccarsi la testa. Eppure basta leggere due o tre libri per sentire verosimile questa rappresentazione della lettura, esperienza appunto vertiginosa, infinita caduta in un precipizio (un libro non si legge; vi si precipita), ma non priva di una sua geometrica esattezza.

Il precipizio è immobile. Il libro, infatti, sta, e come il libro stanno le parole, mentre il lettore è (quando siamo non già nel suo centro…). Il sistema universale che contiene tutti i suoi simili è immobile, ma predisposto per accogliere il moto del lettore in caduta. Si noti infine che il contenuto del libro comprende il lettore che vi precipita dentro. Durante la caduta il lettore occupa di volta in volta uno degli infiniti centri del libro — centri che supponiamo essere parole, spazi tra parola e parola e tra riga e riga, segni di interpunzione, pagine e margini — e da ognuna di queste posizioni provvisoriamente centrali il lettore ha accesso non solo al libro intero, ma a «tutti gli altri libri», cioè a quella parola che di questi tempi è pericolosissimo pronunciare: letteratura.

Abbiamo dunque un universo immobile e infinitocentrico, quindi infinitamente periferico, poiché ogni centro implica una periferia. Il libro, infatti, «sta, in ogni momento, attorno a noi». Il libro è costantemente periferia del lettore precipitante. La periferia è un luogo inafferrabile; «sta attorno», e una volta raggiunta non è più periferia, ma centro. Abitare in periferia è un paradosso, perché la periferia è irraggiungibile, quindi inabitabile. Il lettore non può abitare nel libro, ma solo essere costantemente e infinitamente al suo centro. E in questo essere si annida il mistero della lettura.

La visione di Manganelli è un rovesciamento totale del modo in cui la lettura viene comunemente intesa. Quante volte, lettore, ti sarà capitato di sentirti dire che un libro va capito, che un testo va compreso? Comprendere e capire sono verbi che suggeriscono un’azione di contenimento. Secondo questa lezione diffusa e, ahimè, completamente irragionevole, il lettore dovrebbe contenere il libro, esserne margine e periferia, fornirlo di confini. Ma il libro, avverte Manganelli, è «illimitato» e non tollera contenitore diverso da «tutti gli altri libri». Non si può capire un libro ma solo essere capiti dal libro. Non si può comprendere un testo, o una parola, ma solo esserne compresi. Non si può leggere, ma solo essere letti. In questo senso il mistero della lettura è tutto in quell’essere nel libro.

In realtà ci sarebbe un modo per capire i libri, per comprenderli: diventare libro, rinunciare alla cara figura antropomorfica che tanto amiamo contemplare allo specchio e trasmutarci in volumi rilegati o brossure o rotoli ricoperti di scrittura. Solo un ipotetico lettore-libro può contenere tutti i libri, capirli e comprenderli. Il lettore disposto ad affrontare questa metamorfosi è destinato a riempire di sé medesimo gli scaffali di molte librerie.

Breve meditazione sulla solitudine di una rosa

Thursday, November 4th, 2010

A volte capiterà anche a te, lettore periferico e saltuario, di chiederti se la lettura serve a qualcosa o se non sia piuttosto una forma mascherata di vagabondaggio, un desiderio inconfessabile di nulla, di vuoto, di assenza, assenza di fatica e di dolore, in primo luogo.

A me talvolta succede. Non tanto spesso, per carità, altrimenti va a finire che comincio a raffigurare me stesso in una di quelle orrende pose da aspirante intellettuale, come uno che si fa fotografare con la mano chiusa a sostenere il fardello di una pesantissima intelligenza, lo sguardo intensamente perduto in meditazioni così profonde da condurre il soggetto all’annegamento mentale.

Però a volte succede, specialmente dopo aver speso una manciata di mezzore a leggere un romanzuccio tristanzuolo e pretenzioso, sebbene da molti laudato un po’ a paperella, l’uno via l’altro, quasi per contagio epidemico di idee ricevute.

Quando arriva la fatidica domanda — serve a qualcosa leggere? — il rischio maggiore che si corre è tentare di darsi una risposta. Le risposte a domande del genere sono una forma di consolazione simile a quella di cui chiunque si sarà gratificato almeno una volta nella vita, trovandosi in un precipizio di estremo bisogno o pericolo, quando la mente comincia a ripetere ossessiva «no, non succederà nulla di male; ora l’abisso si ritira e io rimetto i piedi a terra; verrà l’angelo a farmi da paracadute; dopo lo schianto mi rialzerò come se niente fosse stato».

Poi, nel bel mezzo di questo stato allusivamente depressivo che solo la rilettura integrale di Guerra e pace potrebbe risolvere, capita che il feed di un blog ti restituisca questa frase:

morte e vita sono una rosa sola

Un frammento poetico incastonato in una prosa diaristica, un verso isolato e segnato dall’ipotesi, non so quanto fondata, di dovere l’esistenza a un refuso, a quel rosa che il senso comune esigerebbe essere cosa.

La lettura serve a qualcosa? Serve, serve, a patto di non vanificare la riposta positiva con una teoria di inutili perché e percome.

Patrie lettere

Thursday, September 23rd, 2010

P.S. Per quel che riguarda la Mondadori e le decisioni di tipo commerciale io non ho commenti particolari da fare e posso solo dirti che non mi stupisco affatto. L’editoria contemporanea funziona in questo modo: al primo posto il mercato e all’ultimo gli autori. La cosa folle è che senza gli autori non ci sarebbe neppure il mercato.

Così scriveva Antonio Porta a Niva Lorenzini l’1 febbraio 1988. Verrebbe da pensare che ventidue anni sono trascorsi invano, quanto a funzionamento dell’editoria contemporanea, ma una lettura meno frettolosa aiuta a capire che molto è cambiato da allora: oggi, infatti, immaginare un mercato editoriale senza autori non è poi così folle.

Il carteggio Porta — Lorenzini è uno dei nove corpi epistolari pubblicati dall’Archivio italiano della tradizione epistolare in rete (AITER), un progetto curato da cinque università italiane. Obiettivo del progetto è “dare testimonianza del ruolo sociale che la lettera ha rivestito nella cultura italiana, problematizzando in chiave diacronica e diastratica il rapporto dei corrispondenti italiani con la lingua scritta”.

Per il lettore lento e tendenzialmente improduttivo, invece, l’obiettivo è quello di perdersi in centinaia di testi variabilissimi quanto a provenienza, scopo e qualità della scrittura. Un viaggio privo di fini dichiarati ma ricco di esiti imprevisti, come peraltro lo è ogni lettura affrontata dal succitato.

Passare da una cerimoniosa epistola del Castiglione a Ippolito d’Este (“in ogni cosa ov’io sapia la voluntà de V. S. R.ma inclinare, sono per mettergli ogni opera e faticha”) alla schietta invettiva indirizzata da un’anonima madre al re d’Italia (“Sono ormai tre anni che la bella Italia si trova in lutto e nel dolore, e tutto per causa vostra e degli assassini vostri seguaci”), per esempio, è un’esperienza notevole.

(La notizia dell’esistenza in vita dell’AITER arriva da qui).

La locanda

Monday, August 7th, 2006

Henri Regnault, Interno di Taverna, tratto da www.museodevigo.orgMi trovo in una locanda buia e fumosa. Che sia una locanda, a dire il vero, è solo una mia supposizione. Cosa sia veramente questo luogo, se di luogo si tratta, non saprei dirlo con esattezza. Più che fumosa, poi, dovrei dirla nebbiosa o indistinta o vaga: attorno a me vedo soltanto i contorni sfumati di oggetti presumibili, ma di esistenza assai incerta. Vedo tracce labili di tavoli potenziali; odo frammenti di suoni che alludono a voci; fiuto uste deboli e confuse di qualcosa che assomiglia al vino, o forse all’idea del vino, o a un suo lontano ricordo. Quanto all’oscurità, sarebbe più corretto definirla penombra, o meglio ancora citazione di una penombra traslucida, lattiginosa, opalescente.
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Il Progetto

Tuesday, July 11th, 2006

Copista, tratto da www.monasteriodeyuso.orgSono un copista, un riproduttore di parole altrui, un uomo addetto a passare allo scanner quel che altri uomini hanno creduto opportuno fissare sulla carta. Sono uno dei mille e mille copisti che stanno lavorando a un progetto semplice, ma formidabile. Qui, nella sede segreta che ci ospita da anni e in cui concluderemo le nostre oscure esistenze di copisti, lo chiamiamo semplicemente Il Progetto. Il Progetto è articolato in quattro fasi.

Fase 1, Biblioteca Universale: trascrivere tutti i libri del mondo in un database replicato su migliaia di macchine interconnesse, dislocate parte a terra e parte su satelliti orbitanti. Il database sarà interrogabile via Internet da qualunque punto del globo, in qualsiasi momento. Si potranno cercare singole parole, frasi, autori e opere; confrontare edizioni diverse della stessa opera e individuare le varianti sarà questione di attimi; in pochi decimi di secondo si potranno individuare tutti i libri in cui un aforisma o una sentenza sono citati.
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Il testamento del lettore

Thursday, April 6th, 2006

Testamento. Tratto da www.sahara.itSono un lettore e in questo momento mi trovo presso il notaio che mi aiuterà a redigere il mio testamento. Il notaio mi sta spiegando che l’incipit rituale di queste pratiche mortuarie è una frase del tipo «Io sottoscritto Tal dei Tali (seguono dati anagrafici), nel pieno possesso delle mie facoltà mentali…».

Cominciamo male, vorrei dire al notaio, ma in realtà non apro bocca. Vorrei dirgli che questo incipit un poco mi spaura, perché temo che adottandolo così com’è io corra più d’un rischio di dire il falso. Innanzitutto c’è la questione dei dati anagrafici, che il notaio sembra dare per scontata, ma che per me è alquanto problematica: dove sono nato come lettore, e quando? Dovrei dichiarare il giorno il mese e l’anno in cui aprii il mio primo libro e il luogo in cui mi trovavo, ma proprio non riesco a ricordarlo. D’altronde, siamo seri, chi mai a questo mondo ha ricordi precisi e chiari sul momento della sua nascita? E poi non sono sicuro che sia corretto far corrispondere il parto lettoriale con la lettura del primo libro: prima dei libri ci sarà pur stato un abbecedario e cartelli stradali e insegne di negozi decifrate a fatica.
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Letture ambigue

Wednesday, March 29th, 2006

PaperoconiglioIl pregiudizio che il testo nasca da un atto di scrittura è duro a morire, forse perché la concezione autoriale della letteratura è uno strumento di marketing molto potente: i testi non vendono, gli autori sì. Basti pensare che un libro intitolato Napoli siamo noi scritto da un signore di Cuneo può vendere migliaia di copie, se quel signore si chiama Giorgio Bocca. L’avesse scritto il brigadiere Cafiero Pasquale, che sta a Poggio Reale dal cinquantatrè, non se lo fumerebbe nessuno.

Dicono i dotti: ogni testo presuppone un lettore. Mica vero. È vero piuttosto il contrario: ogni lettore presuppone un testo. Ogni lettore ha in mente un testo che non è mai stato scritto, e se lo va a cercare in quelli che qualcuno s’è preso la briga di scrivere. Se ci fai caso, lettore, tu non stai leggendo queste ciarle mie perché loro hanno in mente te, ma perché tu hai in mente qualcosa che si accorda in modo ragionevole con le mie ciarle, le quali possono continuare a loro piacimento, ma se di quel che dicono non te ne fregasse niente avresti già cambiato canale.
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Dialogo di un libro col suo lettore

Thursday, March 16th, 2006

Trialogo, tratto da www.infed.org– Salve lettore.
– Tu parli?
– Certo che parlo, perché ti stupisci? Mi stupisco fors’io del tuo parlare?
– Che un essere umano parli, invero, non fa meraviglia. Se si escludono i muti, gli afasici e i dementi, gli uomini si differenziano dagli altri animali per la capacità di parlare.
– Ti sembro forse un animale?
– No, in verità.
– E di che ti stupisci, allora? Se la capacità di riprodurre l’effabile con suoni articolati distingue l’uomo dagli altri animali, ciò non esclude che altri enti, non uomini e non animali, godano di analoga proprietà, ne convieni?
– Ne convengo.
– E dunque non dovrebbe farti meraviglia che un libro – che con tutta evidenza non è uomo e non è animale – parli.
– Dunque tu parli…
– Devo dire che non ti trovo particolarmente versato nell’arte di conversare, lettore: che io parli è un fatto, e non mi sembra argomento di particolare interesse.
– Noto una punta di sarcasmo nelle tue parole.
– Non mi dire…
– Cerca di capire, invece di prenderti gioco di me: ho avuto molti libri per le mani in vita mia, e mai hanno proferito parola o intavolato discussioni. Non posso dire che tacciano, questo no, ma non emettono suoni. I loro discorsi sono silenziosi e arrivano alla mente passando per gli occhi, non per le orecchie.
– Eppure io parlo.
– Questo è vero.
– Già…
– …
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Scrittura e lettura

Tuesday, March 14th, 2006

Vermeer, Lady writing a letter with her maid, tratto da www.ibiblio.orgLettura e scrittura, come dicevo un paio di post fa, sono vizi confratelli. A riprova di questo, dalla blogosfera italica nascono con sospetta simultaneità due iniziative – l’una scrittoria, l’altra lettoria – separate quanto a comitato organizzatore, ma strettamente legate da eversivi lacciuoli sotterranei.

Sul fronte della scrittura, fervono i preparativi per le Scritture di strada, animate da volontari che metteranno carta e penna a disposizione di passanti desiderosi di lasciare una labile traccia scritta del loro passaggio terreno. Recita il bando: Domenica 7 Maggio andremo nelle vie e nelle piazze, ci fermeremo nelle perifierie o nei centri distratti, fermeremo la gente per strada, e daremo consapevolezza a chi forse diversamente non l’avrebbe, o l’ha smarrita e barattata, di avere cose da dire e da scrivere, e della necessità di farlo subito, con urgenza perfetta, proprio in quel luogo tra asfalto e cielo.

Lato lettura, invece, spunta dal tronco di Vibrisse un nuovo ramo intitolato per l’appunto Bottega di lettura, dove altri volontari – non paghi d’aver sottratto all’incremento del PIL ore preziose per dedicarle ai libri – doneranno alla congrega dei leggenti altro tempo speso a compilare accurate recensioni ricche di commenti mercuriali, irriverenti note a margine, chiose scaltre e glosse capziose. La bottega di lettura s’avvia a diventare silloge, epitome, centone e regesto nazionale del vizio di leggere.

Entrambe le iniziative sono aperte a nuove adesioni. Gli aspiranti estorsori di scritture e contrabbandieri di letture possono rivolgersi ai siti sopra linkati per informazioni.

La lettura come menzogna

Tuesday, February 14th, 2006

Manuel Frattini in Pinocchio, tratto da www.ilrossetti.comEssendo la verità inconoscibile per via di ragione, è facile intuire quanto sia difficile dimostrare l’inclinazione alla menzogna di chicchessia. Anche lasciando in pace il solito cretese che afferma che tutti i cretesi mentono, concludere al di là di ogni ragionevole dubbio che una frase, un’azione, un’intenzione, un pensiero o financo un desiderio siano fallaci e menzogneri è impresa inaccessibile alla mente umana. Ma l’uomo, per sua fortuna, non è solo ragione.

Prendiamo il lettore. Non è da oggi, lettore, che vado mostrando le dubbie qualità morali di questo individuo asociale, dissoluto e ìnfero. Già nel suo sguardo obliquo, nei suoi gesti eccessivamente cauti, nella sua voce sottile e sibilante, nel suo passo costantemente incline alla circolarità, è possibile percepire una natura sospettosa, misantropa, amante dell’oscurità e del nascondimento. Tutto il contrario dell’uomo onesto, sincero e produttivo. Il laborioso operaio, il paziente maestro, l’intraprendente industriale, l’imparziale giornalista, il giudice giusto e il politico illuminato: tutti costoro agiscono alla luce del sole, mostrando apertamente le loro opere e sottoponendole con lealtà al giudizio del popolo e della storia.
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Quando i lettori fanno ‘oh’

Saturday, January 21st, 2006

Gioachino Chiesa, Davanti al Terzo Millennio, tratto da /www.uffizi.itLo stupore è quell’atteggiamento verso le cose che l’uomo maturo, istruito e produttivo si ritrova suo malgrado a condividere con i bambini. Situato a metà strada fra l’onesta ingenuità dell’infante e l’irrevocabile tensione alla demenza del geronte, lo stupore è la capacità di considerare nuove tutte le cose, da una gita domenicale sulla luna alla fermata del tram.

Nella vicenda esistenziale del lettore, come è noto, non ha luogo un rapporto diretto con le cose. Il lettore infatti non vive: egli legge. I viventi acquistano conoscenza e saggezza mediante l’esperienza delle cose del mondo: essi nascono, lavorano, viaggiano, pensano, amano, soffrono, muoiono. Qualsivoglia conoscenza del lettore – ammesso che il lettore possa conoscere alcunché – passa invece attraverso il filtro della parola scritta. La nascita del lettore è un incipit; il suo lavoro è un racconto verista; i suoi viaggi sono grand tour settecenteschi; egli pensa i pensieri dei filosofi, ama d’amor romantico o libertino o cortese, soffre le pene degli eroi epici, e la sua morte è prevedibilmente un explicit.

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La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva [2]

Tuesday, January 10th, 2006

[questo articolo del prof. Letturalenta, qui pubblicato in due puntate, è apparso su Reader’s Disorders, semestrale della Facoltà di Letturopatia dell’Università di Kazan, vol. XV, fasc. 2, luglio-dicembre 2003]

The Mad Reader, tratto da gdl.cdlr.strath.ac.uk4. I rimedi
La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva comporta una progressiva incapacità di distinguere realtà e immaginazione, vita e letteratura, azione e finzione, fino a identificare la letteratura come unica realtà possibile. I rimedi dovranno pertanto mirare a indebolire la dose di letterarietà assunta dal lettore mediante la lettura. Abolire completamente i libri può provocare gravissimi danni collaterali, come dimostrato da un esperimento condotto nel 1997 in Russia: a un gruppo di otto lettori fu negata la possibilità di leggere per trenta giorni. Già al dodicesimo giorno i casi in cui la sindrome era più avanzata manifestavano gravi disturbi della personalità, inclusa una forte propensione al cannibalismo.

Per combattere questa malattia socialmente molto pericolosa, occorre pertanto agire sul contenuto dei libri in circolazione, più che sulla loro accessibilità. Pur non esistendo ancora una classificazione completa dei princìpi testuali che possono favorire una regressione della patologia, è già possibile elencare alcune linee guida a cui gli editori dovrebbero attenersi per contribuire a debellarla:

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La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva [1]

Monday, January 9th, 2006

[questo articolo del prof. Letturalenta, qui pubblicato in due puntate, è apparso su Reader’s Disorders, semestrale della Facoltà di Letturopatia dell’Università di Kazan, vol. XV, fasc. 2, luglio-dicembre 2003]

The Mad Reader, tratto da gdl.cdlr.strath.ac.uk1. Il contesto sociale
Come tutti sanno, il lettore è un individuo socialmente inutile, uno che spreca fra le pagine dei libri il tempo che i laboriosi cittadini son soliti dedicare ad attività favorevoli al prodotto interno lordo. Lucidi e acuti sociologi hanno rilevato più di un’analogia tra il comportamento del lettore e quello dei delinquenti comuni, per i quali è difficile stabilire se delinquere sia un’attitudine acquisita per imitazione di comportamenti devianti o per reazione ai meccanismi di emarginazione che la società degli onesti mette in atto contro di loro.

L’ipotesi attualmente più accreditata è che il lettore inizi a leggere per un generico desiderio di trasgressione e che in seguito, quando la società degl’illettori lo relega ai margini, perseveri nel vizio come forma di autodifesa: tagliato fuori dalla logica competitiva dell’economia, respinto da una società votata al dinamismo e alla produttività, snobbato dagli onesti lavoratori, il lettore cerca consolazione e rimedio alla solitudine nell’unico luogo che sembra offrirgli accoglienza e ospitalità – il libro – senza rendersi conto di aggravare così la sua posizione.

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Prendere i critici a calci in culo

Saturday, January 7th, 2006

Calcio, tratto da www.smegalot.comIn un’intervista recente Philip Roth ha lanciato contro la critica letteraria una delle sue tipiche invettive al vetriolo. L’intervistatore dice "forse non dovremmo parlare affatto di letteratura", e Roth prende la palla al balzo:

Ha, ha. Questo è parlare! Starei a meraviglia se ci fosse una moratoria di cento anni sulle chiacchiere letterarie, se si chiudessero tutti i dipartimenti di letteratura e le riviste di libri, e si bandissero i critici. I lettori sarebbero soli coi libri, e chi osasse dire alcunché sui libri sarebbe arrestato o fucilato sul posto. Sì, fucilato. Una moratoria di cento anni sull’insopportabile chiacchiera letteraria. La gente dovrebbe essere lasciata sola a combattere con in libri e riscoprire cosa sono e cosa non sono. Tutto il resto sono chiacchiere. Chiacchiere senza senso. Quando si fanno generalizzazioni si entra in un mondo completamente diverso da quello della letteratura, e non ci sono ponti fra i due.

Sembra quasi che il racconto che mi ha dettato il post Critici simoniaci falsari abbia fatto due chiacchiere anche con Philip Roth. E forse anche con George Steiner, che in Vere presenze – saggio pubblicato nel 1989 – scriveva:

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